“Pensando a te” di Franco Campegiani è più d’un
canto d’amore (come se ciò non bastasse a commuoverci) è anche un florilegio
filosofico, nel senso più ampio e profondo del termine “filosofico”, di
esemplare originalità e complessità interpretativa. Il componimento, finora
inedito, - pubblicato in questo autorevole spazio artistico-letterario, fondato
e attentamente curato dal Prof. Nazario Pardini -, impone, a mio avviso, una
esegesi multilivello per compendiarne la molteplicità dei contenuti e
evidenziarne i relativi sottotesti magistralmente fusi. Consapevole che
occorrono penne ben più dotate di quella del sottoscritto (non sono mancate e
non mancheranno) per approfondire e diffondere i numerosi concetti, o piani di
lettura, contenuti in questo capolavoro, mi concentrerò unicamente su
quello che maggiormente ha colpito la mia immaginazione, con il vantaggio,
però, della ultraventennale frequentazione e collaborazione artistica e,
infine, dell’amicizia che mi lega all’autore. Filtra dalle pieghe dei versi, un
raro distillato del pensiero più illuminato dalle stagioni passate e presenti
dell’Umanità. E’ un nèttare dolce-amaro spontaneamente sedimentatosi in
Campegiani, per giungere a noi dopo anni di rigoroso affinamento: s’avvertono
le note terrigne, austere e tragiche dei classici greco-latini; vi si riconosce
l’odore della cera, del sangue e del pane della filosofia occidentale; la
fragranza ipnotica dell’incenso e del masala di quella orientale; spiccano, con
voci soprane, gli acuti floreali, vitalistici, riconducibili alle culture dei
popoli nativi - quelli più lontani dalle contaminazioni della cosiddetta
civiltà – ed infine, ma chissà quante altre essenze/letture si possono
individuare, infine, dicevo, si percepisce una base musicale, vibrante e
discreta, che tutto avvolge e sostiene, è l’aroma resinoso, affascinante delle
neuroscienze, della meccanica quantistica, le più recenti frontiere della
conoscenza che ci aiutano a superare i limiti della materia, per condurci nel
campo delle pure energie, avvolti dalle balsamiche manifestazioni psico-spirituali
della più genuina parapsicologia. Ma questo meraviglioso concerto di aromi e
suoni è permeato da quella particolare fragranza, da quel timbro vocale unico e
irripetibile che appartiene all’Autore e a lui soltanto; quella sonorità che
distingue Franco Campegiani da ogni altro poeta, o scrittore, è il proprio
codice genetico impresso in ogni parola; è come un singolare goût maison che caratterizza un
vino raro e pregiato. Il primo
contenuto che s’impone, almeno alla mia attenzione, è quello religioso-sacrale.
Questo canto senza tempo, che si leva dalla terra con stupore e gratitudine, è
anche una preghiera, è un’esplosione di gioia, una meteora, un bolide di lava
che semina scintille di fuoco tra le galassie, per proseguire verso un
inesplorato altrove ( il mito di Ulisse); lo accompagna una danza
selvaggia “la danza dell’amore”, fatta di passi e figurazioni in
una liturgica coreografia, ed anche se non c’è un esplicito riferimento al
divino, purtuttavia trovo questa lirica, tra le più alte e religiosamente
ispirate che io conosca, una autentica celebrazione della Vita. E in “Baci di
fuoco / sull’arenile arrossato”/, l’acclamazione tocca il punto più alto, più
misterioso, qui l’amore è al culmine di un orgasmo che potremmo definire
cosmico, è l’attimo in cui il corpo, raggiunta la massima attività sensoriale,
di colpo si annulla; la mente è messa fuori gioco, e irrompe, seppure per un
breve istante, la consapevolezza di essere uno e tutto allo
stesso tempo: questo è il momento del contatto con il divino, - almeno così io
credo - e “Dopo un sonno
di pietra / ci sorprenderà l'aurora”. Il sonno di pietra prima del nuovo
giorno è forse quel sonno senza sogni, così profondo da somigliare alla
morte? Ma proprio questo buio profondo è necessario alla luce che soltanto così
può irrompere attraverso una fessura, un varco, come una ferita, una
lacerazione che mette in contatto il finito con l’infinito, in un tempo senza
tempo dove giorno e notte si rincorrono in albe e tramonti sempre diversi,
sempre nuovi e sublimi, nel perenne ciclo delle morti e delle rinascite, e che
fa esclamare al Poeta: “Già prima d’incontrarci, / da qualche parte eravamo
insieme. / Ci conoscevamo…” (Pio
Ciuffarella).
È talmente coinvolgente, appassionante questo canto d’amore da commuovere, far vibrare sentimento ed emozione fin nel profondo lacerando ogni corazza. L’emotività partecipativa potrebbe caricare la mia lettura, che pur sento di dover fare, per l’anima di un poeta che sa sconvolge cantando. Ah, grazie, grazie!, anche se il lettore sceglie, secondo il suo stato, la sua chiave rubandola al poeta.
È canto struggente, questo di Campegiani, sommuove l'anima. Poesia sospesa tra amore e perdita, figlia di Penia e di Poros, nata nel giardino di Zeus:... Poesia di conoscenza, e di ricerca. Lacerazione forte : la verità è l'amore.
L’amore si declina al passato nel misterioso momento del riconoscimento stupito (Già prima d'incontrarci,/ da qualche parte eravamo insieme./Ci conoscevamo. …) Misterioso nella sua certezza (un altro sole nel cielo,/ al di là del tramonto,/ quella sera a brillare. .)
Poi è presente della sua forza vitale palpitante (Morire in te, / nei neri laghi/ dei tuoi occhi limpidi, / come sole che muore/ nel notturno mare. ) . Il sorriso divino della felicità:è innocenza e passaporto, vertiginoso, galoppo sfrenato, a perdifiato…Eden: Adamo ed Eva nel primo mattino aurorale, quello della realizzazione umana.
Ne segue la inevitabile metamorfosi dell’incantato amante: Mi hai trovato infine/ in fondo ai silenzi./ Ero torre solitaria/ lungo i litorali deserti,/ bastione eretto a difesa del nulla,/ contro l'assalto delle onde e dei venti./ Hai spalancato ogni uscio….
Il poeta-uomo- non regge, non può reggere a tale perfezione edenica che la storia si incarica di smentire. Adamo si veste da Orfeo solo quando Eva diventa Euridice.
Pusillanime Orfeo,/ quando eri al mio fianco/ io non sentivo …../ Così svanisti, Euridice,/ perché io ero pieno di me, del mio canto,….Inevitabile parabola, anche dell’amore più entusiasta. Malinconica storia, …che pur è storia d’amore.
La distanza, il tempo che inevitabilmente passa, ci avvicinano forse alla variabile nostra soggettiva verità: e finalmente: sono Nessuno,/ indosso i panni di Ulisse/ e tu ancora sei qui, mia Penelope,/ pur essendo lontana….. Verità semplicemente struggente.
L’amore vive, continua a vivere, diventa una dimensione di vita, un programma, d’amore, rinnovato: Non ti sciuperò,/ saprò tenerti/ nel giardino senza coglierti,/ così da restarne per sempre ammaliato…(Grazia Ferraris).
Poesie di grande
tenerezza e bellezza per narrare una storia d'amore di fervida umanità e
dolcezza. Il tocco è delicato, struggente. E ancora trepida il cuore... (Pasquale Balestriere).
Non è solo una vicenda d'amore, ma molto
di più. Cosa succede nel profondo quando ci si specchia in quel lago, che può
essere d'acqua o di occhi, è comunque dentro. Fuori c'è la distanza che uccide
ogni legame. perché quando si tenta di ridurla vien meno anche la possibilità
di specchiarsi. Per questo alla fine "saprò tenerti nel giardino senza
coglierti". Il poeta lo sa, ridurre quella distanza uccide lo specchio, ed
è quello il senso dell'amore qui ritratto. Contemplare, non consumare.
Scoprirsi vivi, non passare il tempo insieme, quindi perpetuare la scoperta,
cristallizzare la magia dell'incontro, il primo, e renderlo eterno. Quindi
scolpire, nell'antro profondo che ospita la nostra pietra, il volto del
desiderio. In questi versi vedo una scultura illuminata in quella grotta, oltre
la grotta c'è l'io, la rappresentazione di sé,per sé e per gli altri, ma è
dentro che viene scolpita la più preziosa delle opere d'arte (Claudio Fiorentini).
Questo 'Canzoniere', come lo definisce con maestria il caro Nazario, va oltre la comune accezione dell'amore. E' il canto dell'uomo che ha rinunciato. Che ha saputo perdersi in un sogno e poi lasciarlo andare per gli ignoti motivi che guidano il nostro esistere. Splendido il riferimento a Orfeo: "Pusillanime Orfeo,
quando eri al mio fianco
io non sentivo il respiro tuo ansante,
le tue carezze, i tuoi baci"
E, la catena di metafore, che regge il moto ispiratissimo dell'onda poetica, penetra nelle stanze del cuore, le illumina. Ti rende simile a un Capitano, che scende dalla coperta della nave e, si dice Ulisse, ma in realtà dà vita a 'un terzo poeta', che opera una sorta di sintesi tra il perduto e ciò che inevitabilmente resta d'ogni esperienza d'amore. La teoria autocentrica , che sempre ti accompagna, che è tuo soffio vitale e artistico, ti consente di realizzare la suddetta sintesi tra momenti antitetici e sofferti: "Legarti a me per lasciarti libera,
come io son libero quanto più a te mi sento legato"
In tanta poderosa, stupefacente espressione poetica v'è la grande rivelazione della tua arte. Che trascende l'amore ed è anche e soprattutto rapimento dell'anima tramite un gettito incontenibile di immagini. Sei sempre lontano dall'usuale e ti confermi mago della parola e artista puro, animato da vocazione, da quella vocazione che ti conferma animatore d'ogni esperienza, finanche dell'inanimato...
Un crescendo, un ruggito, un'onda d'urto che travolge e palesa quanto si possa avere una concezione delle storie di natura estatica e passionale...
Un amore immaginato, come quello del tuo Poema è sepolto nell'aspirazione d'ogni vero Artista. E' la voce del vento, la dimora selvaggia battuta dai cavalloni del desiderio, il sogno che diviene nido di allegorie per far da cornice alle vette del lirismo... Ti abbraccio tra visioni di luce abbaglianti, grata per un Opera così immensa (Maria Rizzi).
Un florilegio dedicato all'amore; l'amore vero, però, non le sue mistificazioni, i suoi surrogati. Quello in cui spiccano i simbolismi dell'universalità; quello dell'uomo e della donna "purissimi", nudi sulla spiaggia e "armati soltanto del (loro) invulnerabile cuore". Il sorriso dell'amata è un uragano che spalanca le porte, è l'innocenza "fedele alle vertigini/del primo giorno che la terra fu"; è "un ciclone di fuoco" nel quale spegnersi ed accendersi, catturare e lasciarsi catturare.
Vorrei far notare - come acutamente ha fatto Nazario - l'intreccio tra imperfetto e futuro nell'azione verbale: segno identificativo di un'eternità continuamente rinascente: "Morire in te,/nei neri laghi/dei tuoi occhi limpidi", e ancora "Di sicuro c'era, non visto/un altro sole nel cielo". E mi chiedo: può esistere fede più convincente?
La poesia di chiusura è da antologia (bene ha fatto Pardini a proporla dopo l'introduzione) e lo farei anch'io di nuovo, per esteso, perché ogni parola è una testimonianza, una scia luminosa che squarcia la notte del disamore (Sandro Angelucci).
Questa breve silloge di Franco
Campegiani è un vero "sorriso" che giunge "con passi lievi ed
alati"...dal primo giorno che la terra fu", E', nel suo insieme, un
poemetto dedicato all'amore che dall'amore nasce, che parte, con sicuro
avvio,da "Adamo ed Eva nel vagito / del primo mattino". L'Aurora, le
origini, per intenderci, dell'amore e del viaggio nella vita, attraverso tutte
le vicissitudini e le gioie possibili, dall' "abbraccio / quando il carro
del fuoco verrà / fino ad "un grido di guerra / armati soltanto dal nostro
invulnerabile cuore" , da quando "Ero torre solitaria / lungo i
litorali deserti" fino ai "voli bianconeri / delle tue ali
d'angelo". Tutto sperimenta in questa breve silloge Franco Campegiani. E
come poteva non sentirsi nei "panni di Ulisse" e non sentire Penelope
"pur essendo lontana", sempre nel lungo viaggio della vita? E come
non sentirsi Orfeo che canta amore eterno (non il "pusillanime Orfeo"
che non ha sentito "il respiro tuo ansante") e come non sentire lo
svanire di Euridice, colpevolmente sazio del proprio orgoglio e dalla propria
vanità? E' l'Orfeo che si sente tradito dal troppo amore, non l'Orfeo preso da
preoccupazioni filosofiche (come accade a Pavese nei Dialoghi con Leucò), ma
preso da sublime amore che si sente morire "come sole che muore nel
notturno mare::::come si spegne / questo ciclone di fuoco che cade / nella rete
del pescatore". Amore vero, come del mito immortale di Orfeo e delle
leggenda di Ulisse e Penelope nel più grande primo romanzo d'amore e di vita
dell'insuperabile Omero (Umberto Cerio).
E' una poesia da pathos, impareggiabile la malinconia che vi riposa dentro, e vi evidenzia i tratti più salienti di un canzoniere che in modo suggestivo e potente sa dare significati e incantamenti alla vicenda d'amore. Vi sono tratti altissimi di questa poesia che fanno tremare le vene dei polsi: E' struggente l'incanto di saper "morire in te,/ nei neri laghi/ dei tuoi occhi limpidi, / come sole che muore/ nel notturno mare." Campegiani sa reggere la verità franante del tempo e dal suo aurorale incipit, sa smentire la parabola del declino con la perfezione dell'attimo che si rinnova nell'innocenza edenica dei suoi versi. Complimenti vivissimi e sinceri a Franco per questi felici esiti poetici (Ninnj Di Stefano Busà).
Versi straordinari pieni di amore. Amore per la vita. Linfa vitale che sgorga da ogni parola e con la parola apre orizzonti sconfinati di dolcezza e di mistero. Il mistero che si fa corpo e si riavvolge su se stesso.
Leggendo queste poesie toccanti perché mosse da autentica ispirazione, mi sono rammentato dell'inizio della lettera del 30 maggio 1771 inclusa nel libro primo del WERTHER di Goethe: “ Quel che recentemente ti ho detto della pittura vale di certo anche per la poesia; basta soltanto saper riconoscere ciò che è eminente e aver l’ardire di esprimerlo; ma con ciò, senza dubbio, si è detto molto con poco…”. Un ringraziamento a Franco Campegiani per il dono offerto al lettore con il suo canto pulsante e vivo (Andrea Mariotti).
PENSANDO A TE
1
Già prima d'incontrarci,
da qualche parte eravamo insieme.
Ci conoscevamo,
non sarebbe possibile altrimenti
la complicità scoppiata
all'improvviso tra di noi,
quell'intenso guardarci nel tramonto
con occhi al di là dei nostri occhi,
per sapere chi siamo veramente,
vogliosi di totale comprensione.
Di sicuro c'era, non visto,
un altro sole nel cielo,
al di là del tramonto,
quella sera a brillare.
E noi due sulla spiaggia purissimi,
nel sorriso calmo e lucente
che invadeva sottecchi le cose.
2
Morire in
te,
nei neri laghi
dei tuoi occhi
limpidi,
come sole che muore
nel notturno
mare.
Spegnermi come si spegne
questo ciclone di fuoco che cade
nella rete del pescatore.
Così, languente,
cadere anch'io mollemente
nella rete pescatrice
dei tuoi capelli al vento
dei tuoi capelli al vento
nella dolce sera.
E come stella accendermi
nel golfo delle tue ciglia vivide,
nel palpito fremente
del grembo universale.
3
Il tuo sorriso è un passaporto
per viaggiare dentro la vita
senza farsi invischiare dalla vita,
senza cadere nelle trappole del male,
nelle panie del dolore,
nelle ferite della volgarità.
Il tuo sorriso è l'innocenza
che viene dalle roride aurore
con passi lievi ed alati,
fedele alle vertigini
del primo giorno che la terra fu.
per viaggiare dentro la vita
senza farsi invischiare dalla vita,
senza cadere nelle trappole del male,
nelle panie del dolore,
nelle ferite della volgarità.
Il tuo sorriso è l'innocenza
che viene dalle roride aurore
con passi lievi ed alati,
fedele alle vertigini
del primo giorno che la terra fu.
4
Baci di fuoco
sull'arenile arrossato
sull'arenile arrossato
nell'ultimo gocciolare della sera.
Poi un chiaro di luna sul mare,
al di là dei finestrini appannati,
e nella distesa argentata
eccoci galoppare a perdifiato
eccoci galoppare a perdifiato
sui nostri cavalli alati,
occhi negli occhi
occhi negli occhi
nel sincronico respiro
fino a cadere stremati.
Dopo un sonno di pietra
ci sorprenderà l'aurora
come Adamo ed Eva nel vagito
del primo mattino.
Scioglieremo l'abbraccio
quando il carro di fuoco verrà
per la sua corsa vorticosa
nelle piste del cielo.
per la sua corsa vorticosa
nelle piste del cielo.
Vi saliremo impavidi
in un grido di guerra
armati soltanto del nostro
armati soltanto del nostro
invulnerabile cuore.
5
Mi hai trovato infine
in fondo ai silenzi.
Ero torre solitaria
lungo i litorali deserti,
bastione eretto a difesa del nulla,
contro l'assalto delle onde e dei venti.
Hai spalancato ogni uscio
entrando con l'uragano
del tuo sorriso d'argento,
delle tue mattine di spuma.
Hai riempito ogni stanza
con i voli bianconeri
delle tue ali d'angelo,
con quella tua gioia
onesta e incontenibile
che vola sul mare
nei chiari di luna e si fonde
con i sobri colori delle aurore.
6
Non vederti
mi procura sofferenza,
ma la gioia è più grande
perché so che ci sei.
Questo vuoto è colmo di te,
questo silenzio scoppia di vita.
Pusillanime Orfeo,
quando eri al mio fianco
io non sentivo il respiro tuo ansante,
le tue carezze, i tuoi baci.
Così svanisti, Euridice,
perché io ero pieno di me, del mio
canto,
non avevo altro spazio nel cuore.
Ed ora frecce nel cuore
allo spuntare del giorno...
Questo dolore fa bene, rinnova.
Ora che son vuoto di me
e finalmente sono Nessuno,
indosso i panni di Ulisse
e tu ancora sei qui, mia Penelope,
pur essendo lontana.
Tu, pensiero tenace,
tu soffio incerto di nuvole
più potente del tornado.
7
Penso a te,
al tumulto innocente
di fiori e d'albe
che il mistero mi regala.
Non ti sciuperò, saprò tenerti
nel giardino senza coglierti,
così da restarne per sempre ammaliato.
Legarti a me per lasciarti libera,
come io son libero
quanto più a te mi sento legato.
Nel sole nero dei tuoi occhi
mi specchio
e mi vivo.
Franco Campegiani
Mi soffermo sulla nota di Pio Ciuffarella, che è arrivato da ultimo e che non ho ancora ringraziato. Sono davvero toccato da questo saggio di rare qualità estetiche di cui l'amico mi fa dono. Egli giustamente rintraccia, nei miei versi d'amore, tutto ciò su cui, in un ventennio di contatti e collaborazioni, ci siamo proficuamente scambiato, in particolare sulla convergenza della ricerca scientifica più avanzata con le conoscenze spirituali di ogni tempo e luogo della terra, soprattutto con quelle dei popoli nativi. Tutto questo si riflette in modi inconsapevoli nella mia poesia, che, come lui sostiene, vuole essere soprattutto musica, afflato universale, senso sacrale della vita. Grazie.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Passato qualche giorno dalla pubblicazione di queste poesie, ed avendo acquisito un certo distacco emotivo dai primi lusinghieri commenti (per i successivi ero già preparato e sono stato più pronto), vorrei soffermarmi a ringraziarne uno ad uno gli autori, pur avendolo già fatto cumulativamente.
RispondiEliminaParto dalla Prof.ssa Maria Grazia Ferraris, il cui commento, il primo in assoluto, mi ha travolto come un ciclone, ponendo in evidenza la qualità di una "poesia sospesa tra amore e perdita", di una "poesia di conoscenza e di ricerca", di una poesia che fa vibrare "lacerando ogni corazza".
A ciò ha fatto immediatamente eco la Prof.ssa Ninnj Di Stefano Busà, mia mentore e guida sapiente, insistendo sulla piena credibilità di un canto aurorale e malinconico nello stesso tempo, nonché sul mistero dell'innocenza edenica.
Claudio Fiorentini, poi, ha giustamente posto l'accento sulla qualità di una poesia che cerca il senso delle cose distaccandosi dalle cose, perché ciò che conta è "perpetuare la scoperta", "cristallizzare la magia dell'incontro", "contemplare non consumare".
Sonia Giovannetti ha parlato invece di "linfa vitale", di "amore per la vita", di "mistero che si fa corpo e si riavvolge su se stesso", sorprendendomi per quella sorta di affinità elettiva che fa dire ad entrambi che la vita si scopre vivendola, altrimenti si parla in astratto della vita.
Sulla stessa lunghezza d'onda si trova l'intervento appassionato di Maria Rizzi che ha giustamente evidenziato la visione eraclitea dei miei versi, parlando di "sintesi tra momenti antitetici sofferti": si può vivere l'amore solo distaccandosene, e viceversa.
E che dire infine di Sandro Angelucci? Anche qui un esempio di affinità elettiva sconvolgente. Lui parla, a proposito dell'universalità dell'amore, di "eternità continuamente rinascente": l'amore deve morire per rinascere,e viceversa. Siamo ancora nell'armonia dei contrari.
Ringrazio ancora, come ho già fatto, sia Pasquale Balestriere, per la condivisione simpatica ed il senso di avventurosa e maschia complicità che mi esprime, sia Umberto Cerio, per i suoi riferimenti preziosi ai miti primevi, a quelli del "più grande primo romanzo d'amore e di vita dell'insuperabile Omero".
Non può mancare infine un nuovo ringraziamento per Nazario Pardini, sia per avermi dato ospitalità su questo blog letterario a dir poco prestigioso, sia per averne sottolineato, da par suo, le qualità estetiche, evidenziandone le valenze immaginifiche nell'ambito di "una natura zeppa di fremiti e di accostamenti inconsueti.
Franco Campegiani
Caro Franco, ho letto il blog che mi hai inviato tempo fa, contenente le tue 'magiche ' poesie.
RispondiEliminaHo provato a lasciare un commento e per farlo ,cliccando account google, mi sono ritrovata nei pasticci
e non solo non sono riuscita a pubblicare il mio commento ..ma ho dovuto cambiare le password di google nel tentativo di ripristinare
il tutto!
Comunque , volevo dirti, che ho 'sentito' le tue poesie ricche di significati simbolici, sublimi, eleganti, piene di pathos in alcuni tratti;
hanno un potere evocativo in grado di stimolare le immagini delle mente e le più varie associazioni; al tempo stesso mi hanno trasmesso profondità e leggerezza insieme.
Con l'occasione ti Auguro Buon Natale e Buone Feste,
Ci sentiamo presto..
Naviglia Ghera
Cara Naviglia, il tuo commento mi giunge particolarmente caro. Sono spiacente per le tue peripezie informatiche, ma considero le tue parole come una vera e propria ciliegina sulla torta. L'avallo di una persona come te. che da psicoterapeuta possiede una vasta conoscenza della psiche, è molto importante. Ti ricambio gli auguri natalizi con l'auspicio di ritrovate gioie intime.
EliminaFranco Campegiani
Dimenticavo di dire che ho inserito io il commento di Naviglia Ghera.
EliminaFranco Campegiani