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giovedì 29 gennaio 2015

ELPIDIO JENCO "POETA"

Elpidio Jenco

Nacque a Capodrise (Caserta) nel 1893 e morì a Viareggio nel 1959. La sua attività letteraria ebbe inizi precoci. Studente universitario faceva parte del gruppo della Diana  che annoverava fra i suoi collaboratori poeti come Ungaretti, Onofri, Valeri, Titta Rosa, Fiumi, e collaborò alla rivista italo-giapponese Sakurà. Il primo volume in versi Poemi della primalba, fu pubblicato a Napoli nel 1918; seguirono Acquemarine, Cenere Azzurra, Essenze. Vinse il Premio di poesia promosso dalla Città di Chianciano col volume La  vigna rossa. Studiò e tradusse liriche giapponesi. La raccolta Marsilvana fu pubblicata postuma nel 1960.
Nelle ultime composizioni, ha scritto Giulio Cogni, Jenco “ha voluto affrancarsi dalle forme classiche e dalle rime, a cui prima era fedele; concentrarsi in scorci sintetici che rasentano l‘ermetico. Ne è derivata, così, talvolta una minore musicalità e spontaneità, ma anche una maggiore immediatezza, concentrazioni visive e sensitive, veramente  magiche, istantanee, depurate da ogni allargamento caro alla poetica classica”.

Febbraio

Io son te, ciuffo pallido,
che al vento ti porgi dal ciglio del muro,
e col mio chiuso tremito aspetti
che sfiondi
come la rondine prima
la primavera del mare. 

1 commento:

  1. Leggo con interesse la poesia di Elpidio Jenco (1893-1959) Febbraio, autore di cui poco conosco, se non vagamente, come di un napoletano trapiantato in Versilia, tra i fondatori, con altri amici del Premio Viareggio ….
    Eppure la sua è una poesia che può far presa, a suo modo essenziale, pura, autonoma, espressa con uno stile limpido (scopro che ha imparato la lezione dell'haiku giapponese,che ritrovo poi con la sintesi di pensiero e d'immagine che è tipica del genere, nella poesia Maggio), lontana ma non inconsapevole da ogni forma di ermetismo. Cultura attenta e consapevole, dunque.
    MAGGIO
    Questa notte di lucciole,
    pei silenzi odorosi
    del fieno e del grano,
    sanno di fresco di luna
    le rugiade sull'erba (da "Essenze", 1933)

    Quel suo mese, Febbraio, è un poco autoritratto, Il son te, ciuffo pallido…
    giocato nell’immedesimazione con la natura, non decorativo né impressionistico.
    Sotto la traccia delle cose sorprende il lumeggiare nascosto della bellezza, la pacata attesa, il senso di libertà e dell’infinito.
    Le sue immagini sono semplici, raffinate, musicali. C’è ricerca, concentrata sul suono della parola e sul colore
    Vive la consapevolezza tutta novecentesca della fatale caducità di tutte le cose, della solitudine, della nostalgia lacerante. Trasforma la disperazione in pacata rassegnazione per il destino umano.
    Un autore da riscoprire.
    M. Grazia Ferraris

    Congedo

    Mi libero negli spazi
    da questo grumo di argilla pesa,
    e mi sento affiorare
    alla superficie dell'infinito,
    come una polla d'acqua
    che salga dalle radici
    del mare.


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