Roberto Benatti collaboratore di Lèucade |
Ieri sera è stata presentata l’ultima
silloge di Roberto Benatti "Tra speranza e memoria" al Pepenero di
Pietrasanta.
L’invito è
giunto da parte di Demetrio Brandi per conto di LuccAutori e Racconti
nella Rete su Rai Tre.
La presentazione è stata curata dal Prof.
Franco Pezzica di Carrara, autore anche della prefazione.
SCHEDA LIBRO: “TRA SPERANZA E MEMORIA”
Casa editrice: PrintMe s.r.l. – Taranto. Anno di
pubblicazione: 2014.
BREVI INFORMAZIONI SULL'AUTORE
Roberto Benatti è
nato a Massa (MS) il 22 Maggio 1946, dove tuttora risiede Laureato in
Ingegneria, non ha disdegnato altri approfondimenti culturali, non ultimi gli
studi teologici.
Ha lavorato in
qualità di Project Manager presso una multinazionale fino al 2003.
Ha fatto esperienza
politica partecipando all'amministrazione pubblica della città di Massa.
Svolge attività di
volontariato nella locale Chiesa Diocesana.
Ha ottenuto l’alta
Onorificenza di Cavaliere della Repubblica Italiana conferitagli il 02-06-1982
dal Presidente Francesco Cossiga Accademico di classe dell’Accademia
Internazionale dei Micenei Accademico, per meriti, dell’Accademia
Internazionale Vesuviana Accademico benemerito dell’Universum Academy
Switzerland Giornalista, scrive sul settimanale Toscana Oggi-Vita Apuana Già
Presidente del Centro Culturale Alcide de Gasperi, ora vi collabora attivamente
Amante della poesia, dal 2009 è stato sollecitato a partecipare a varie
rassegne e concorsi letterari, nazionali ed internazionali, ricevendo
riconoscimenti in molti di essi.
Ha attualmente pubblicato le raccolte di poesie “Il mare mosso della
speranza”, “La tempesta del sé”, “Vomeri d’ombre”, “Tra speranza e memoria” e
“Trilogy”, nonché il romanzo “Il piccolo universo”.
SINOSSI
Saremo sempre legati al nostro passato: una selva
intricata di rami cresciuti fuori dalle nostre radici. Alcuni pieni di fiori,
come i ricordi più belli che mai appassiranno; altri rinsecchiti come i
rimpianti, o appesantiti come i rimorsi; altri rami, ancora, cresciuti a
dismisura a confondere gli occhi, simili a una frangia d’ombra intrecciata con
tutti i propositi spuntati e poi abbandonati. Nella opaca brevità del tempo, lo
sguardo sull’oltre scuote la nostra apatia fatta di memoria, e una luce
illumina e rischiara l’ovunque che non si vede. E’ la speranza che apre
spiragli e ci parla incrinando il guscio di silenzio entro cui spesso
nascondiamo la nostra paura. E’ una voce che ordina e risuona dappertutto. È da
lì che parla, è da lì che si ascolta. Sarà sempre un sollievo allora quel
flusso ininterrotto di parole e di pensieri che annulla le distanze, fagocita
spazio e tempo. Alzare gli occhi per guardare oltre quello che riusciamo a
vedere, sarà come sentire un altro tipo di fame:
la voglia di scoprire il possibile esistente dopo la curva; l’aggricciarsi
della pelle un istante prima di essere sfiorata; il brivido dell’istante interposto
fra il prima e il dopo. Un qui adesso già consumato nell'attesa di un
ultimo. Ci illudiamo di vivere il presente ma di
fatto esso non esiste. La vita è un susseguirsi di istanti, guizzi d’acqua d’un
fiume che scorre. Vivere ogni giorno è un continuo divenire senza fine, una
sequenza di avventure fra ricordi e illusioni, fra speranze e memoria. E’ come
correre dentro un anello d’esistenza: una catena fatta di cerchi dove l’inizio
e la fine si uniscono e si confondono perché la vita non è uno spazio chiuso
fra parentesi. Una catena di tempi e ogni tempo è un tempio dove la vita
è mistero, protetta, ma consumata dai suoi enigmi. Istanti fatti di risposte
travestite di ignoto. La vita di un uomo dipende da ognuno di quegli
istanti.Può essere di agonia o di amore; dipendere da un grido o da
un’invocazione. Può essere un istante di lucidità o di supplica. Un istante di
fanciullesco, struggente riconoscimento della fragilità e della precarietà
corporale. Così si presenta la silloge dove la poesia è l’unica catarsi che
rende l’autore libero di riflettere sull’importanza di ogni dettaglio, di ogni
singolo attimo della propria esistenza. Un teatro dove va in scena la vicenda
umana, fra attimi e squarci di luce carezzevole e soffusa, ma dove basta un
solo istante per spegnere tutto e comprendere. E per abbracciare, sia pure con
le braccia spalancate della resa e della morte, il destino che viene col volto
buono della Fede, col mistero che spazza ogni buio. E’ questo l’istante che
conta di più. A questo istante si vuole far credito, si aspetta, si celebra. Il
tempo è un ladro che saccheggia e ruba. Un ladro di vita, di gioia, di fiato.
Ma è anche sequenza di momenti esaltanti e commoventi. Come quando gli uccelli
notturni vanno a dormire e, per un attimo, l'aria si posa su foglie di
silenzio. La vita riprende nel sole che sorge sulle attese del mondo. Ogni
giorno, ogni avventura porta il suo dolce bagaglio di festa, forse di dolore,
forse di sconfitta. Ma è vita da vivere, un dono ineguagliabile. Questa silloge
è una sequenza di versi dai ritmi sommessi, carichi di significati che
inseguono la vita e il suo senso. Un dialogo dell’autore col figlio, e con se
stesso, attraverso gli elementi metaforici del linguaggio, con la parte più intima
di sé. Un luogo di tempo, utile per sedimentare pensieri e gesti, memorizzare e
vedersi. Dove ci si sente carne, muscoli, ossa e nervi. Dove raccontando si è raccontati
quale infinitesima particella nutrita di memoria e di oblio. Silenzi, tracce di
canto, orme di danza, vestigia d'ombre scandiscono righe nello spazio:
prossimo, vicino, lontano, altrove; nel fluire del tempo: inizio, svolgimento,
termine. Un canto, a volte sofferto, fino ad accettarsi senza vergogna né
paura, né risentimento per un cielo avverso, sia pur nella consapevolezza,
tuttavia, che l’affetto e l’amore possono salvare dal deserto del passato e
dall’oscurità del futuro. La silloge è un abbandono alla suggestione di un
orizzonte limite ed epifania della fragilità che scandaglia il segreto del
vivere in un mondo fatto di sogni, gioie, desideri, fatiche e sofferenze. Nel
luogo dell’esistenza dove si tessono e si intrecciano i fili della paura, del
dubbio e della speranza.
Te ne stai chiusa in casa,
fredda e sudata,
a misurare il tempo che ti resta
con le gocce cadute
dal rubinetto che perde.
I fili dei panni, con le mollette appese,
sono per te un recinto spinato.
Il tuo avvilimento, la tua afflizione
si sono pietrificati in un silenzio da sfinge.
Ti pesa, e intorno, grave, risuona profetico
il tuo anelito al cielo
perché sei una creatura d’aria,
un essere di spirito e di essenza
impalpabile e penetrante.
Sei la sintesi d’un volo d’ali.
Stare chiusi in una stanza per te,
significa morire, perché sai
che la casa d’ogni vivente è il cielo.
C’è in te l’impulso leggero del palloncino
sfuggito dalle mani di un bimbo
che s’avventura verso l’alto
seguendo il respiro dell’anima.
Per lui, appassionato di mappe,
il mondo è immenso,
un universo pari alla sua fame infinita;
per te è prendere il treno
in un viaggio nella memoria, e provare
lo smarrimento che si rivive nel passato
con l’ingenua speranza delle strade aperte.
Spesso sono le assenze a farci compagnia.
Non si possono toccare, né sentire …
ma le portiamo dentro.
Il tuo viaggio non necessita di traversate,
segue una mèta sconosciuta,
vive di meraviglia, di sorpresa
e di quei sogni che poi muoiono
in un luogo chiamato paura.
E’ la paura a far morire i sogni …
e con essi, le speranze.
Ma tu, lo so, non hai paura;
non l’hai mai avuta!
Una poesia del libro dedicata alla suocera
(Florence) che da poco ha lasciato l’Autore
e tutti i cari
Verso la mèta
Te ne stai chiusa in casa,
fredda e sudata,
a misurare il tempo che ti resta
con le gocce cadute
dal rubinetto che perde.
I fili dei panni, con le mollette appese,
sono per te un recinto spinato.
Il tuo avvilimento, la tua afflizione
si sono pietrificati in un silenzio da sfinge.
Ti pesa, e intorno, grave, risuona profetico
il tuo anelito al cielo
perché sei una creatura d’aria,
un essere di spirito e di essenza
impalpabile e penetrante.
Sei la sintesi d’un volo d’ali.
Stare chiusi in una stanza per te,
significa morire, perché sai
che la casa d’ogni vivente è il cielo.
C’è in te l’impulso leggero del palloncino
sfuggito dalle mani di un bimbo
che s’avventura verso l’alto
seguendo il respiro dell’anima.
Per lui, appassionato di mappe,
il mondo è immenso,
un universo pari alla sua fame infinita;
per te è prendere il treno
in un viaggio nella memoria, e provare
lo smarrimento che si rivive nel passato
con l’ingenua speranza delle strade aperte.
Spesso sono le assenze a farci compagnia.
Non si possono toccare, né sentire …
ma le portiamo dentro.
Viaggiatore è chi, in armonia col mondo,
parte per partire,
un andare per il mare dell’amore,
e respirare, smettere, e riprendere
fino a quando le matasse del cervello
non sì’ingarbugliano.
parte per partire,
un andare per il mare dell’amore,
e respirare, smettere, e riprendere
fino a quando le matasse del cervello
non sì’ingarbugliano.
Il tuo viaggio non necessita di traversate,
segue una mèta sconosciuta,
vive di meraviglia, di sorpresa
e di quei sogni che poi muoiono
in un luogo chiamato paura.
E’ la paura a far morire i sogni …
e con essi, le speranze.
Ma tu, lo so, non hai paura;
non l’hai mai avuta!
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