Ester Cecere: Istantanee di
vita. Kairós edizioni. Napoli. 2015. Pg. 112
Questa narrazione zeppa di un realismo
che sa tanto di nostos, nostoi, di
ritorno a luoghi e fatti trasfigurati in episodi e personaggi e che dice tanto
di vita piena, intensa, gustata e dolorosa, mi riporta al "Homo sum, nihil
humanum a me alienum puto" (Nulla che sia umano mi è
estraneo) di Terenzio. Sedici
racconti che si inerpicano, con una struttura semantica lineare e docile, su
vette espressive di resa paradigmatica e ontologica. Dacché ogni implicit
introduttivo dà il via, fin da subito, alla perlustrazione dei fatti e delle
vicende con tatto narratologico. E dacché ogni ambito naturale, ogni sprazzo
descrittivo non è mai a sé stante, ma in funzione di un’analisi psicologica di
ampio respiro; di stampo calviniano: “Quella mattina di primavera inoltrata
invogliava a uscire; e le persone sciamavano disordinatamente nell’area
pedonale. Guardavano le vetrine che esponevano già gli abiti estivi,
chiacchieravano ad alta voce e il loro brusio saliva nel cielo azzurrissimo
mescolandosi al garrito delle rondini”. Che naturalezza, e che quadro sapido di
primavere! di esplosione di vita in quei raddoppiamenti di consonanti in
funzione significante. Descrizioni che
si alternano a sequenze narrative, introspettive; a colloqui o soliloqui di
grande intensità paradimmatica. Il sottoscritto, che ha avuto il piacere e la
soddisfazione di leggere e recensire versi della poetessa, ci vede la medesima
humanitas, la medesima voglia di abbracciare il mondo con tutta la curiosità di
conoscerlo fino alle stanze più segrete dell’animo. E, addirittura, anche
sprazzi di un realismo lirico che contraddistinguono il mondo poetico dell’Autrice. Ogni racconto, che
è preceduto da un prodromico riferimento a massime di grandi scrittori, ci
offre la possibilità di spaziare sul panorama vasto e vario a cui si indirizza
la penna della Cecere. Un panorama a tutto tondo tramite cui veniamo a contatto
di figure e soluzioni che tanto ci parlano del modo di sentire e di pensare
della Nostra. Massime significative, in linea con il prosieguo della trama, antiporta
ad un discorso di vasto raggio analitico. La più appropriata mi sembra proprio
quella di Steinbeck, se riferita, soprattutto, alla conoscenza che ho della
Scrittrice: “Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”;
alle vicissitudini che hanno determinato
una storia variegata, complessa, ed emotivamente folta di esperienze umane; di
fatti ed incontri, di amicizie e dolori, di sottrazioni e gioie, anche; di
tutto ciò che irrobustisce e che dà la possibilità di comprendere e di sentire,
di accettare e rifiutare; ma soprattutto di osservare dall’alto, da una torre
di avorio, diciamo, l’umanità che scorre ai tuoi piedi con uno stato d’animo
ora conflittuale ed ora distaccato, ma pur sempre equilibrato. Quello di una
donna laboriosa, esperta di vita e di mare, ricercatrice, Ella stessa,
professionista attenta, che nel viaggio ha costruito quel grande patrimonio
indispensabile ad una proficua scrittura. E qui c’è l’umanità, con tutte le
realtà fatte di illusioni, delusioni, sogni, amore, sconfitte, e conquiste; sì,
quell’umanità plurale e totale che l’Autrice conosce, e sa di poter descrivere in
tutta la sua plurivocità: Saverio Rossi, Silvana, con gli interrogativi e le
inquietudini che comporta l’amore;
Giovanna e i suoi sogni, la sua supplenza e l’esperienza con un giovane
che lascerà una traccia indelebile; Viviana e il suo progetto di psicooncologia;
Vincenzo e le sue pause struggenti: “… mia figlia è morta due anni fa… Ora io
devo raggiungerla”. Insomma racconti brevi, incisivi, dolci, forti, in cui
ognuno può trovare una parte di sé; una traccia del suo percorso esistenziale non
sempre liscio, ma piuttosto problematico. Ora a voi la lettura dacché il
compito del critico è quello di introdurre, e non di rivelare.
Nazario Pardini
Ah, questa Raccolta di racconti mi é davvero molto cara! Si potrebbe dire che mentre Ester partoriva le storie, io mi inventavo ostetrica per prenderle al volo e leggerle subito. L'ho definita una scrittrice che sa attuare assoluta dicotomia con la Poetessa e, dopo tre Sillogi e una marcata vis poetica, non é facile.Attinge al laboratorio verista, dando la luce a vicende asciutte, quasi sempre autobiografiche, descrittive, nude. Eppure ricche. Della sua umanità che scorre come fiume in piena; della generosità che la contraddistingue come Donna; della sensibilità acuta e 'femminile' nel senso più spiccato del termine. E' un'Opera che vede l'Autrice allo specchio forse più delle liriche. E che dimostra quanto sappiano essere coraggiose le scelte di Ester. Lei osa. Sa mettersi in gioco. Con coraggio, con decisione, con dolcezza e con amore. Io, che invento, per
RispondiEliminanon rischiare, m'inchino di fronte a tanto ardire e la abbraccio, sicura che "Istantanee di vita" sarà un suo nuovo, grande successo!
Maria Rizzi
Carissimo Professore e carissima Maria,
Eliminacome sempre mi lasciate senza parole! Il Professore per le Sue recensioni profonde, attente, meticolose, che scandagliano gli scritti, cogliendone il più recondito significato da porre all’attenzione del lettore altresì disvelando tratti celati della personalità dell’autore.
Che dire a Maria? Sin da quando l’ho conosciuta mi è sempre stata accanto, guidandomi e consigliandomi. Come ebbi modi di dirle qualche sera fa, è la mia Stella Polare.
Con gratitudine
Ester