Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade |
N. PARDINI e i
suoi "CANTI D'AMORE "
Ti
donerò del vischio…../
Si
arrampica / con tale snellezza che non ha bisogno alcuno
di tenersi per terra. Vive d’aria….
Svolazzante / su nel cielo…
Leggerezza
incantata nei versi e poesia del
quotidiano del nostro Nazario Pardini, che riconducono alla mia memoria l’ariosità sognante di Chagall con la sua poesia
pittorica, l’aerea raffinata poesia sognante di Chagall
Di
notte a luna piena
Di
notte a luna piena
le tue
magliette bianche
traspariscono
diafane
sul
filo. Sembra quasi
che
volino come anime
sopra
le cose povere
del
cortile in penombra
all’aria
di settembre.
Mi sento di commentare tra le tante bellissime
poesie d’amore, che si rincorrono a ghirlanda, luminose e alate, in questa
corbeille che ci gratifica e commuove, proprio questa: e la intitolerei le magliette bianche, quasi con volontà
di fermare, interrompere l’alto volo lirico-
poetico dell’Autore di notte a
luna piena. Gli oggetti parlano al nostro cuore, non diversamente dalle
persone che hanno fatto parte della nostra vita. Evocano con potenza…. creature
viventi, singole e autentiche, portatrici di un nome.
Sento
le obiezioni. Qualcuno si
affretterebbe a definirla poesia
minimalista, la poesia che esprime la quotidianità «con stile limpido e l’ attenzione verso la
normalità esistenziale della gente
comune». (quasi fosse un limite, un difetto che vuole arbitrariamente fare
tabula rasa della sofisticata macchinosità del pensiero estetico del Novecento),
qualcun altro parlerebbe di nuovo neorealismo, quello che Anceschi definiva in
<linea lombarda> poeti -… legati a una poetica dell’oggetto (di
ispirazione montaliana)-, che riconosce il reale caricandolo di senso e pratica
un decoro espressivo alto… Ma in questa lirica c’è lo spirito dell’Autore, la consapevolezza che non è l’oggetto ad essere
l’artefice primo del nostro vivere; a pilotarci, e a impossessarsi di noi: è
esso che invade la nostra fantasia e i nostri sentimenti, i ricordi, ci
emoziona e ci invade… è lo spirito, che inonda le cose, anche povere, quotidiane,
perché volino libere, come anime.
Mi
sembra di leggere pensieri poetici che si fondano nella pittoricità onirica e che
con un uso potente e commuovente della categoria della leggerezza di calviniana memoria esprimono in modo geniale un
macrocosmo di sensibilità poetica e gentilezza, bellezza e sogno.
Maria Grazia
Ferraris
Nazario Pardini: Alla volta di Lèucade Viareggio. 1999 |
Saffo dalla rupe di Lèucade |
Di tarda estate
Di tarda estate urlavano preghiere
i girasoli dalle teste prone
alle sere vitali e ancora vedo
la loro fronte bruna sopra i tepali
dei papaveri sghembi. Scendevamo
sopra i letti rosati delle rene
tiepide di bagliori, la cui aria
ancora mi saluta con le vele
tremolanti di un cielo biancicante
di bonaccia. Uscivamo dalla schiuma
col mare tra le braccia e salivamo
lo stretto calle aperto all’orizzonte
che chiamavamo la terrazza al mare
dei poveri irrequieti. E le giornate
trascorse alla deriva in mezzo ai colli
dei paesetti dalle torri in pietra.
In quelle bottegucce di campagna
(che più non troverei) ad assaggiare
locali sangiovesi sotto sguardi
curiosi di paesani. Inutilmente
la notte rincorreva il giorno in fuga
dai nostri desideri abbarbicati
alla vita preziosa di un settembre
che sembrava tutt’altro che mortale
per gli amori spavaldi. Rivedere
i naturali toni da Manet
chiusi in cornici degne dell’autore
equivarrà ad udire quelle grida
smemorate dall’ansia di un eterno
forse troppo lontano. Ed io memoria
mi donerò ai tuoi gessi color rame
per ritrarre un’alcova. Guarderò
ritornare un viale proprio eguale
a quello di un settembre. Già si adorna
di sguardi spersi in seno agli scolori.
Ti donerò del vischio
Ti donerò del vischio. Nel viale
del mio pineto spruzza un bel profumo
di roveto. Si arrampica con tale
snellezza che non ha bisogno alcuno
di tenersi per terra. Vive d’aria
di bosco qui da me; è verdicante
nel gambo e nelle foglie, da cui svaria
nel perleo delle bacche. Svolazzante
su nel cielo, non prende nutrimento
dal terriccio del suolo e riesce in viso
- quale candida e diafana creatura
di celtica memoria - in un concento
singolare con te che nel sorriso
ilare di speranza ti fai pura.
Di tra gli ulivi
Di tra gli ulivi un canto ed un sorriso
si sparsero nell’aria a primavera
ad ingannare gli alberi di sogni.
Sei tu ch’esisti ancora di profumo
di pelle di limone. è là che regni
ov’io mi reco a chiederti menzogne.
E primavera
piovigginando sciami di fruscii
canta il tuo nome
che porta a me profumi di viola.
Un dono
Un grande sogno vorrei fare, bello.
Che a settembre scendessero le stelle
a regalarmi un luccicante anello
con sopra incastonata una di quelle.
E magari per te la mia fortuna
mi portasse la luna di settembre
a inargentarsi sopra a un cerchio d’oro
di tenere comete luccicante.
Insomma ti vorrei donare un sogno,
mio amore, donna, madre, dolce amante,
un sogno da intonare al tuo settembre.
È qui con noi settembre
È qui con noi settembre. Chiude l’occhio
da prono girasole ad occidente
in una cattedrale immensamente
aperta e dardeggiata dai rosoni.
Si spoglia dei preziosi, li depone
nelle segrete stanze e resta qui
soltanto come un cielo che regala
lo stesso filo d’oro dopo un’ora
o una vita in cui ci siamo amati
egualmente in un angolo del mondo
che è la terra.
Non c’è da ricordare. Anche se
sembrerebbe al buiore di gennaio
tanto eguale stanotte, la memoria
è sepolta e con noi vive la vita.
Il tempo non ha tempo; si è fermata
per eterno la sfida dello scoglio
munito dello scudo contro il vento;
partorirà la fronda eternamente
le stille della ragia ed un presepio
eternamente tremulo la notte.
Di certo sperderà questo settembre
i nostri corpi in seno alle conchiglie
insensibili ai flutti. E noi saremo
profumo di scogliera sulla baia
di flebili frangenti di memoria.
Di notte a luna piena
Di notte a luna piena
le tue magliette bianche
traspariscono diafane
sul filo. Sembra quasi
che volino come anime
sopra le cose povere
del cortile in penombra
all’aria di settembre.
Canti d'amore da Leucade è un florilegio di dolcezze, come anime che si parlano al plenilunio, in una smemoratezza eternante che ne dardeggia vene e sangue. Una cultura quasi del sogno, uno scrigno di gioielli di rara bellezza e perizia, come ormai si addice alla tendenza culturale di un Pardini che raramente fuorvia dalla sua linea sognante, quasi onirica di forme aeree rivisitate da una memoria che si fa specchio dell'anima, in una fosforescenza emozionale che sfida l'eternità del tempo/spazio per protendersi all'Assoluto. Fin quasi a stillare la sua bellezza provocante, sui veroni accesi dalla giovinezza, caricandoli di profumi e fantasie. Una sensualità quasi erotica vi si distende tra i versi e, vi dimora come anima mundi, quasi a voler captare segnali lontani che hanno la perfezione di un passato nostalgico nel resuscitare emozioni e suggestioni dalle schegge pur minime di una pluralità di sentimenti avvertiti nel profondo. I miei più vivi complimenti a Pardini che sa sempre commuovere e suscitare meraviglia in chi legge.
RispondiEliminaNinnj Di Stefano Busà
Grazie Ninnj, per le tue analisi vestite di ars dicendi et inveniendi; per la tua grazia nell'adornare il canto; per il tuo essere poetessa a tutto tondo; e per iniettare il tuo sangue nelle vene degli altri perché anch'essi possano gioire del tuo immenso, dolce, alto grido di POESIA.
EliminaNazario
Poesia calda, sonora, potente. Una esegesi di grande valenza critica, in cui la scrittrice dimostra di saper usare la cultura senza appesantire. Un binomio equilibrato e significativo per quanto valga la critica in funzione del canto. Complimenti all'esegeta!!!
RispondiEliminaProf. Angelo Bozzi