Ninnj Di Stefano Busà collaboratrice di Lèucade |
di Ninnj DI Stefano Busà
E' interessante osservare come, di volta in volta, il lirismo di
Gianni Rescigno sappia pervenire alla disamina di una visione essenziale
del concetto di -poesia-
Si notano in primis in questa ennesima raccolta:
la costante di ricerca, la levità del processo linguistico che si va affinando
da una silloge all'altra fino a giungere a sintesi egregiamente risolte.
In una scrittura sempre pacificante e ben strutturata, Rescigno
riesce a realizzare il meglio del suo itinerario linguistico.
Icastici i versi che rappresentano gli esiti più costanti e
dominanti: "Non follia/ soltanto polvere/ fin troppa polvere di cielo/
mescolato a mare e terra/ la poesia.
Per certi aspetti l'iter lirico di Rescigno raggiunge il suo
"appagamento" come ben evidenzia Bàrberi Squarotti in una sorta di
avvicendamento personale al suo poiein che è sempre di grande rigore e
precisione.
La levità si evince nella poetica di Rescigno; il suo modulo
orchestrale è sempre influenzato da una elevazione stilistica cantabile molto
suggestiva e intima, fatta di piccole cose che preludono il grande momento:
<il silenzio>
affabulatore di ogni storia e di ogni memoria: "Silenzio
che arde/ senza rumore di vento/ e Scintille d'abissi."
L'umanità vi si avvicina come può, in sordina, senza rimpianti o
speculari soluzioni: il silenzio elude per così dire la morte, fa da
contraltare ad un sistema sinergico di grande ispirazione che porta l'uomo a
riflettere, memore del suo percorso terreno, pronto a interrogarsi sui suoi
momenti di attesa, di precarietà, di dolore.
L'amore vi fa capolino, perché l'amore è l'asse portante di un
camminamento che esige una spinta propulsiva verso l'alto, una necessità di
rapportarsi al cuore che fornisce l'energia per accettare anche le sofferenze:
"Era il tuo volto/ la prima parola dell'amore./ Io aggiungevo
un sorriso/ con un battito di ciglia./ Così scendeva Dio/ sulle nostre
labbra." (Cielo alla finestra).
La seconda caratterizzazione della poetica rescigniana è la
concezione religiosa: il pensiero di Dio è esplicito nei versi dell'autore, che
ontologicamente sintetizza il pensiero dell'Onnipotente con la condizione
umana, necessitata dal paradosso di una forma precaria, di un percorso
accidentato di trasformazione e di riscatto possibili: "Mi
vedrai lentamente arrivare/ per consegnarti la mia ultima/ ora di mare: /
Entrerò nel tuo giorno/perché della tua dolcezza/ che ti è amore sulle labbra/
io mi sazi."( Mi vedrai arrivare).
E ancora implicitamente è il Dio ad accostarsi alla nostra realtà
quotidiana, ai nostri fendenti di guerra, alle contraddizioni, ai tormenti
della miseria morale e del dubbio: "Siamo quelli che vorrebbero amare:/ / Noi
siamo e non siamo:/ Siamo il respiro e il sospiro: /Vita e morte in ogni
istante./ Ogni istante eternità e fine. ( Siamo e non siamo).
Implicitamente vi sono molte domande irrisolte in questa poetica,
vi sono i grandi interrogativi, gli enigmi scanditi ritmicamente in una musica
parallela a noi nota <la poesia> che sa individuare qualche lemma o
concetto, tentare di fare aleggiare qualche pneumo soffio di vita, qualche
principio di verità oltre noi, la qual cosa è poi la tensionale essenza della
bella, alta poesia, quella che si fa preghiera e sa ristorare e rendere il
silenzio più di mille parole.
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