Lorena Turri collaboratrice di Lèucade |
Lorena Turri: Leggi una donna. Kairòs Edizioni.
Napoli. 2015. Pg. 142
Leggi
una donna
Leggi una donna
tra le pieghe del suo vestito,
tra i sogni del suo viso,
tra i fili bianchi dei suoi
capelli.
(…)
Leggila, sottovoce,
tutta di un fiato;
lentamente sfogliala
e spogliala
della sua solitudine.
Leggila fino all’ultima riga
e ti accorgerai
che la parola “fine”
ha lasciato il posto
a una piccola luce,
che è la sua grande ANIMA.
Iniziare
da questa citazione testuale, che si pone come momento incipitario con valore
eponimo, significa andare a fondo, fin dagli inizi, nel cuore del canto di
Lorena Turri. Poesia morbida, duttile, generosa, che sgorga, con freschezza di
dolce melanconia, o di accorata tristezza, da un sentire polisemico legato alle
ragioni e alle figure decisive dell’esistenza; e che, affidandosi ad una mano
adusa alla scrittura, fa delle ondulazioni tecnico-foniche e simbolico-allusive
un quadro interiore dalle forti tinte psicologiche. Dacché tutto collabora con energia
alla realizzazione di un’architettura ampia e verticale; abile a dribblare il
sentimentalismo ed esperire controllatissima effusività. Qui c’è tutta la
sensibilità di una scrittrice che rivela la plurivocità di un pathos arricchito
dal fatto di essere donna, amante, madre, figlia: solitudine, dolore,
incomprensione, sottrazioni, e slanci emotivi verso mondi che baciano
l’azzurro. Sta qui la grandezza e la potenzialità di un verso che presuppone un
lavoro attento e meticoloso sull’uso del verbo e dei suoi intrecci metrici;
delle figurazioni e cromie che mai sono oziose ma sempre funzionali ad una
trama di ontologica consistenza. Sta nella scioltezza e nella armonia; nel
concretizzare gli abbrivi emotivi che hanno riposato nel corso di una storia e
che ora vibrano e scalpitano per farsi vivi e consistenti; veraci e coinvolgenti,
partendo da emozioni reali, da fatti concreti per dare visività a barbagli e
folgorazioni, a delusioni, o sconforti che richiedono decise reazioni:
Io donna, con le mani
indolenzite
dentro bucati senza mai un rattoppo,
con mille doppie punte nei
capelli,
con occhi dilaniati da zampate
di galli o di galline
prepotenti
(…)
io sorrido,sebbene le mie
labbra,
dalle minestre troppo
riscaldate
siano ogni giorno sempre più
bruciate.
Però, io donna, grido – che si
sappia -:
“Da sempre con le cosce spalancate
ad un inderogabile dovere,
non so niente, più niente del
piacere” (Io donna).
Una
realtà cruda e crudele, triste e parènetica, che porta a riflettere, a pensare;
dacché ognuno di noi si sente coinvolto, chi più chi meno, in questo paradigmatico
e complesso gioco di contrapposizioni, che, lasciato alla sinfonia di un
endecasillabo ben congeniato “a maiore” o “a minore”, e perfettamente
inanellato da ripetuti enjambements, si affida al supporto di intrecci di ampia narratologia.
Ed è qui, in questo metro bello e sonoro, largo e disteso, chiaro e avvolgente che la Nostra si trova a
suo agio. E’ qui che offre il meglio di sé, la complessità del suo patema
esistenziale; la piena liricità del suo canto; quasi un ossimorico travaglio
fra melodia versificatoria e asprezza epigrammatica. E per questo si ricorre
alla natura; ad un naturismo dai colori di viole e di mimose; dai sogni che
profumano di rose; ad una natura che dona tutto il suo fascino, tutto il
suo cromismo, rendendosi complice di un
pittore che: “… del mio fiore/ farà un ritratto che nessun sa fare”. Grande la
maestria della Turri nel destreggiarsi con diverse forme poetiche; coi diversi
stili: componimenti di ampio respiro, sonetti che rispettano la tradizionale
stesura metrica, poesie brevi e apodittiche come quelle dell’ultima delle sei
sezioni (Brevitas), dove, con pennellate brevi e simboliche, riesce a fare un
lavoro di profondo scavo analitico:
Se ne vanno le ore
e non ritornano.
Sono ghiande che si staccano
e cadono
lasciando alla quercia
la solitudine del tempo (Le
ore),
cosciente,
Ella, del tempo che fugge irreparabilmente, lasciando in sospeso i tanti perché
della vita; le tante inquietudini di un amore incompreso; della sua unicità di
cui raramente ci si rende conto; e, soprattutto, della sua forza, di quanto sia
prezioso quel sentimento che, al fin fine, comanda e gioca coll’esistere:
La tua ricchezza forse non
conosci:
come l’oro non luccica e non brilla,
non è una spilla,
non si appunta sul bavero
della giacca,
non è un diadema che si porta
in testa.
(…)
il cuore di una donna
innamorata
pietra rossa e preziosa,
calda, immensa.
Allora pensa!
La tua ricchezza forse non
conosci (La tua ricchezza forse non conosci).
Un’aspirazione
alla totalità, alla infinita dismisura di un eros che, sebbene ulivo robusto,
può cedere alla solitudine e alla mancanza di affetti:
(…)
ma sempre torno sola.
Sconsolata,
nella freddezza d’ogni
disamore.
Forse non sai
che anche un ulivo muore
(Quello che dell’ulivo non sai).
Parlare
di questa silloge, dello sconvolgente stato emotivo che la percorre, del suo
prezioso patrimonio umano e disumano, terreno ed ultra, significa toccare i
punti cardinali dell’essere e dell’esistere. Amore, sì!, ma anche tutto ciò che
coinvolge e tutto ciò che si porta dietro questo carico pesante. Questo
groviglio interiore che ora ci fa volare en haut, ed ora ci fa cadere nella
polvere; ora ci fa toccare il cielo, sperando, ed ora ci fa “morire”, disperando.
Ogni angolo della nostra vicissitudine non ne è escluso. Dalla visione di una
realtà ridotta ai minimi termini, alla rievocazione di un memoriale denso e di
arcadico sapore, che spesso si fa rifugio edenico, alcova rigenerante in cui
spegnere le solitudini del quotidiano:
(…)
Ed era il nostro cuore
campagnolo
un panetto di burro nella
madia,
una pannocchia cotta nello
spiedo
e spigo profumato nel corredo.
Palpitava, crescendo in
un’arcadia,
su altane di speranza e mai da
solo
(E intanto crescemmo).
C’è
la vita in “Leggi una donna”; tutta,
con le sue vicende dolorose, con i suoi smacchi, con i suoi tradimenti, che ci
portiamo dietro pesanti e inquietanti, con tutte le dicotomiche dualità che
essa ci pone davanti, forse per misurarci, o forse perché ognuno di noi è
soggetto a un destino magro e poco disponibile a capire le nostre storie. Il
fatto sta che proprio con queste la Turri costruisce un serbatoio di grande
forza evocatrice; un fardello che rumoreggia e grida dacché vuole uscire
impetuoso in sprazzi di terra e di cielo; in lembi di urgente sonorità poetica,
di generosa fertilità emotiva che ci dicono di quanto Ella ami il canto e di
quanto brami affidargli il faticoso racconto di una vita:
Dovevo pure inventarmi
qualcosa,
ché a vivere di nulla manca
l’aria.
Qualcosa come un sogno
ma più reale,
come la vita
ma più immortale,
come l’amore
ma più corale (La
poesia).
Nazario
Pardini
Lorena, una poetessa con la P maiuscola, che riesce a coniugare, in tutte le declinazioni il verbo poetico.
RispondiEliminaPer costruire versi di grande intensità dove l’ironia è il filo conduttore dei suoi canti. Un’ ironia sottile che riesce a mitigare i momenti a volte drammatici dell’esistenza femminile. I suoi testi possiedono quella freschezza e quella leggerezza che le consentono di trattare qualsiasi tema, senza annoiare il lettore.
Lorena si avvale della tecnica creativamente, senza permettere alla stessa, di ingabbiare la sua anima. Anzi attraverso un uso appropriato e personale di essa riesce a tirar fuori una poesia di grande musicalità e respiro.
Poetessa arguta, ha la capacità di donarci in pochi versi, un succo distillato e puro, dall’aroma di “Glicine.”
Grazie Lorena sei grande.
Serenella Menichetti.
Serenella, amica cara, compagna di momenti trascorsi a parlare di poesia, a giocare insieme in Fantasia con le nostre penne allegre, che dirti? Mi lusinghi e mi commuovi con le tue generose parole.
EliminaGrazie infinite. Ti abbraccio stretta, con tutto il mio affetto e la mia stima.
Lorena
Brava Lorena, conosco il tuo modo e il tuo mondo poetico, attendo il tuo libro per gustarmelo appieno, ben sapendo che Pardini ha colto nel segno.
RispondiEliminaE grazie di tutti gli insegnamenti che mi hai dato e della pazienza che hai avuto con me, cara la mia "maestra"....^_^
Carissimo Maurizio, anch'io conosco il tuo mondo poetico, le tue capacità, la tua determinatezza e il tuo bel canto, nonché le grandi fatiche che hai affrontato nella stesura del tuo Poema epico.
EliminaPoetare è sangue e sudore, amore e gioia. Lo sappiamo bene!
Grazie di tanta stima.
Lorena
Carissimo, amato Professore, sono commossa e senza parole. Dire di sentirmi onorata e gratificata è poco al confronto della gioia che ho provato leggendo le sue parole. La sua capacità di cogliere l'animo umano fin nella sua intima profondità è immensa. Ho come la sensazione che lei conosca tutto di me, della mia vita, delle mie vicissitudini e persino i miei pensieri nascosti. Che meraviglia sentirsi tanto compresi!
RispondiEliminaGrazie, grazie di cuore, per questo splendido dono. E' un caldo sole nei miei giorni nuvolosi e freddi, avvolgente e rinfrancante.
Lorena Turri