Pietro Rainero (collaboratore di Lèucade) e famiglia |
Il
brutto anatroccolo
Il
piccolo anatroccolo, quindi, stanco dei maltrattamenti e delle beffe delle
anatre e dei polli, decise di
fuggire. Dopo un coraggioso volo oltre la siepe, giunse nella grande palude
delle anatre selvatiche. Come dice Hans Christian Andersen, qui fu
accolto come un contadino tra gente in abito da sera, ma nessuno lo beccò. Egli cercava solo un po’ di pace e finalmente
trovò l’agognata quiete tra i giunchi dello stagno. Gli eventi che caratterizzarono
la sua sosta nella palude vengono poi raccontati dallo scrittore danese
in…..ecco qui che le conto…..sei striminzite righe.
Ora,
non per voler ad ogni costo andare a cercare il pelo nell’uovo, ma il resoconto
di Andersen trascura
indubbiamente alcuni dettagli che potrebbero, forse, persino interessarvi.
Dunque,
è ben vero che due giorni dopo giunsero alla palude anche alcuni cacciatori
che, scortati dai
fedeli cani, si appostarono tra le canne pronti a sparare. Ma è proprio il resoconto della battuta di
caccia che lascia alquanto a desiderare. Ecco come si svolsero invece i fatti.
I
cacciatori, equipaggiati in modo consono a quel luogo palustre, si appostarono
come già detto tra i
canneti, in attesa del momento propizio.
Ad un tratto, forse a causa di un rumore sospetto, lo stormo
degli anatrotti si alzò in volo. “ Pam! …Pam!” un cacciatore iniziò a sparare
nell’aria calda di quel primo pomeriggio.
“ Pim! Pum!” gli fece eco la
canna del fucile di un suo collega.
“ Pam!.......Pim!........Pam! Pam!!“ anche gli altri cacciatori ora partecipavano
a quel crudele tiro a segno. Due piccole anatre, purtroppo, conclusero il
volo appena iniziato sulla morbida, umida torba ai
lati dello stagno. I cani penetrarono tra le alte canne di bambù, perlustrando
con scrupolo anche l’angolo più remoto.
Il povero anatroccolo sentiva il cuore in gola. Nascosto tra i giunchi,
pietrificato dal terrore, attendeva la sua ultima ora tremando come una foglia. Un grosso cane gli apparve innanzi all’improvviso,
lo fiutò….e poi se ne andò. La povera, sconsolata bestia pensò tristemente che
neppure il cane lo volesse. Rimase solo ed impaurito. Il cielo si stava
caricando di scure nubi che lasciavano presagire un imminente temporale. La piccola anatra sentì qualcosa dietro a
sé. Voltatasi, vide un suo simile dal
verde piumaggio e dal bianco collare. L’intruso le disse: “ Qua, qua. Siamo
fortunati. I cani se ne sono
andati. Come ti chiami?”
L’anatrina,
non usa a cotanta gentilezza e che non riteneva di essere poi così fortunata,
rispose:
“ Qua
qua. Non lo so. Sono solo un brutto coso bigio. Sono disgraziato. Nessuno
tollera la mia bruttura!! Nessuno mi accetta” “ Qua qua. Non sei poi così terribile. Sì,
sei un po’ troppo grosso …..e un po’ troppo grigio. Sì, certo non sei una gran
bellezza, ma…”
“ Qua
qua.Vedi, non piaccio neanche a te. Sono brutto ! Credo che scapperò
anche dalla palude e me ne
andrò in giro per il mondo” “ Qua qua. E
tu vacci!”
In
quel momento il sipario di canne di fronte a loro si aprì. Ne uscirono due uomini, uno dei quali aveva
tra le braccia uno strano fucile. Gli
uomini li guardarono. Un cenno di
compiacimento passò
nei loro occhi. L’uomo vestito di verde
imbracciò il fucile. Era un’arma
veramente inusuale:
alla
fine della canna da sparo, dalla parte dell’impugnatura, era collocato una
specie di cilindro, proprio
nella zona sovrastante il grilletto. Sopra a quel primo cilindro, oltre la
canna, era posto un secondo
cilindro, di diametro maggiore, con l’asse centrale ortogonale a quello del
primo.
Il
nuovo compagno del brutto anatroccolo riuscì a malapena a dire:
“ Qua
qua. Non abbiamo scampo, è un fucile mitragliatore”
Il
nostro anatrotto, ormai rassegnato, ricambiò lo sguardo dell’uomo che con
evidente soddisfazione
lo stava puntando. Da quando era
venuto al mondo non aveva mai goduto di un attimo
di felicità, la sua era stata un’esistenza fatta di colpi di becco e sgarbi,
trascorsa nell’avvilimento
più totale, ripudiato da tutti. A cosa
sarebbe servito vivere ancora?
Immobile
aspettò…..aspettò il compiersi dell’inevitabile destino. “ Click! Clack!………Click, Click!!” disse lo strano fucile. L’uomo puntò poi l’arma verso il compagno dal
collare bianco.
“
Clack! Clack!….Click! ” L’uomo sorrise,
il suo compagno disse solo: “ Bene”.
Alcune
anatre, spaventate da quegli strani rumori, fuggirono nell’aria verso la
pioggia cheincominciava
impietosa a cadere sull’acquitrino. L’uomo, rapidissimo, mirò verso lo sparuto stormo
di volatili e sparò. “ Click! Clack!…Click! Click! …….Click! Click! Click! Click!!”
Una
serie ravvicinata di potenti colpi sferzò l’atmosfera nebbiosa. MA NESSUN
UCCELLO FU COLPITO. Il brutto
anatroccolo ed il suo amico rimasero increduli.
Quel signore doveva essere di certo il peggior cacciatore del mondo
intero! Come poteva riuscire a mancare
tutti i bersagli, nonostante quell’arma così moderna? “
Possiamo anche andarcene, ora, Jean Pierre”
il cacciatore si era rimesso il fucile in spalla e stava per
allontanarsi. Le due anatrine erano
semplicemente strabiliate: perché quei tipi rinunciavano a prede così facili? I
due palmipedi erano infatti immobili, impietriti dalla paura e dalla
rassegnazione. “ Sì, andiamo, Etienne
Jules. Ora hai quello che ti serve. Certo che il tuo fucile fotografico è straordinario!”
“ Già”
gli rispose il signor Etienne Jules Marey “ Spara 12 immagini al secondo.
Vedi...guarda qui!
Impressiona
lastre di vetro che consentono di fissare i vari movimenti dei volatili. Poi io, a casa, riporto
su carta la serie di fotogrammi e così posso analizzare il movimento, che è
l’atto più importante
in quanto tutte le funzioni dell’organismo vivente concorrono perché si compia”.
I due
anatroccoli si guardarono l’un l’altro al colmo dello stupore.
“ Sì,
penso che presto sostituirò le lastre di vetro con rotoli di carta. C’è un
americano, un certo signor
Kodak, che fornisce carta trattata in modo tale da poter essere impressionata
dalla luce. Nei prossimi
mesi penso di dedicarmi al perfezionamento della mia invenzione e di
fotografare anche polli,
cani, cavalli e moti ondosi” L’ultima
frase arrivò debole alle orecchie delle due anatre, perché i cacciatori ( ma
vogliamo proprio chiamarli così? ) si stavano ormai allontanando sotto il
diluviare delle gocce d’acqua. “ Qua, qua. Hai sentito? Pazzesco!”
“ Qua,
qua. Ma chi erano?” chiese il brutto anatrino, tutto bagnato ed intimorito.
“ Qua
qua. Come, non hai capito? Erano due appassionati del bird-watching. Quelli che
spiano ed osservano
gli uccelli. Ed uno dei due ci ha froto…frotrografato, credo si dica. Insomma,
è come dipingere
un quadro tutto in un secondo. Volevano solo le istantanee dei nostri
movimenti. E poi se ne
sono andati” “ Qua, qua. Che fortuna!!” “Qua, qua. Puoi dirlo forte. Una fortuna
sfacciata. Pensa, non solo siamo ancora vivi e vegeti, ma le nostre
fro…froto…frotrografie saranno probabilmente riportate sulle più note riviste
naturalistiche europee” “ Qua, qua.
Cosa??? Ma…ma è terribile !” ed il piccolo anatroccolo scoppiò in un
pianto dirotto. “Qua, qua. Ma perché, perché dici che è
terribile? Cosa c’è di tanto orribile?”
“ Qua,qua. Ma non capisci? La
mia immagine….. su quei mensili….” “ Qua
qua. Ebbene?” “ Qua qua
Ma io sono brutto…sono brutto……sono brutto !”
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NOTA
STORICA: il fisiologo Etienne Jules Marey , morto nel 1904, compie il lavoro di
tesi sulla circolazione del sangue costruendo uno strumento, bisnonno dell’odierno
sfigmomanometro, per registrare pulsazioni e battito cardiaco. Più tardi
perfeziona il miografo di un tedesco, Helmholtz, al fine di misurare le
contrazioni dei muscoli. Nel 1882 costruisce il suo fucile fotografico,
rielaborando quello dell’astronomo Janssen.
Incomincia a fotografare i movimenti di uccelli, uomini, polli, cavalli
e cani. Lo accoppia anche ad un microscopio, per registrare il muoversi di
polipi e meduse. Nel 1890 pubblica il trattato “ Il volo degli uccelli” e poi
concepisce apparecchi che possano copiare il colpo d’ala dei volatili e persino
una rudimentale galleria del vento.
Wright,
il primo aviatore della storia, affermerà: “ Se ho potuto volare è perché ho
letto il libro di Marey : Il volo degli
uccelli ”.
Pietro Rainero
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