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domenica 20 settembre 2015

M. GRAZIA FERRARIS SU "INEDITI" DI GRETA CIPRIANI



Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade



La silloge poetica che Greta Cipriani ci propone inizia con una poesia-manifesto Dire: in essa è possibile trovare le caratteristiche emozionali ed espressive dell’ispirazione lirica che la poetessa dipana nei testi successivi.
Dire: una esigenza prepotente che la permea, che rompe silenzi, assenze, vuoto, smarrimento, sofferenza. Dà sostanza al vivere, colora le giornate, frantuma  ogni negatività, ristabilisce l’armonia, il senso della vita, esprime l’autenticità di chi parla, permette di  “trovare un senso al pentagramma/di note smarrite nell'aria”.
E questo dire è l’evocazione della parola poetica che esce dalla banalità quotidiana, come anelito di libertà, non puro suono, ma forma pregnante, atto rinnovato di creazione .
Ogni oscurità si dipana, si illumina, e diventa Trasparenza. Nell’animo risvegliato, ogni cosa assume vibrazioni nuove, si svela e comprende “il silenzio delle canne, il mare abbacinato nel languore, il delirio d'una conchiglia / smembrata dalla risacca, veliero che avanza nell’inevitabile
coda della malinconia. ”, e tutto diventa musica, armonia, “dodecafonico volo…”
Anche l’amore di donna, l’estasi, si inserisce in questo canto: ama il delirio d'una conchiglia/ smembrata dalla risacca, …: le cose apparentemente inutili. L’amore diventa invito, messaggio: Vieni,/ sediamoci in questo equilibrio perso,/ la banda abbassa la musica
e rimane solo un percettibile schiocco di vento.
…rinasco come rinascono le rose/ sul sigillo della quiete.
È ancora la parola, il dire, la luccicante parola, che può trovare l’anello di congiunzione, il senso delle emozioni, dei sentimenti, dell’amore e “salpare come si salpa su un vascello dimenticato”:
Parlami, è l’ora,/ il tempo per magnificare/ la volta celeste con la tua bocca.”
Si uniscono allora canto poetico e musica: ” Ho detto Amor nella terra dei poeti,/ ho detto Amor al suono di cornamusa…” Tutto assume un significato nuovo: “ il tuo nome s’inabissa fra i miei versi
e io non sono più povera..”
Poesia giovane, di  grande fascino sonoro, che si esprime in metafore rutilanti, incalzanti, inebrianti che riescono a trovare, uscendo dal solipsismo, il trait-d’union ammaliante tra  immagine, suono e poesia.

Maria Grazia Ferraris



Dire

Dire è spezzare l'assenza,
trattenere il vuoto e rotolarlo
fra le gambe dell'esistenza,
trovare un senso ai rami,
all'offerta del giorno,
al distratto crepuscolo
che ci confina nel nostro intimo esilio.
Dire è giocare intorno al fuoco,
scandagliare le forme,
essere e spezzare l'arco della calma,
trovare un nodo ai capelli, 
trovare un senso al pentagramma
di note smarrite nell'aria.
Dire è essere,
nel più profondo istante,
varcare la soglia
e perdersi nell'ombra.



Trasparenza

Hai guardato la mia anima
e hai visto rami che si assottigliano,
hai scritto la mia vita su un tronco,
hai inciso dodecafonici voli,
il pensiero d'un bimbo,
una trottola che gira all'infinito,
un silenzio di canne,
il mare abbacinato nel languore,
il delirio d'una conchiglia
smembrata dalla risacca,
l'abbraccio senza vergogna,
l'armonia della casa,
il suono d'una tortora,
la levità dell'alba e del tramonto.
Hai disegnato cerchi,
hai visto la trasparenza,
manifestarsi le onde,
svelarsi lo svelato,
schiudersi il movimento delle braccia,
aprirsi il diapason dell'aria.
E siamo nati.


Gli amanti

Gli amanti sono navi che fuggono,
impressioni di tormenta,
notti di alito nell'alcol,
di paura e sbadiglio,
seggiole appiccicate alla schiena,
sigarette spezzate,
inganni e ululati,
infrangibili carezze,
flagelli lunari sulla cornice dell'anima,
fiumi lungo i capelli,
scapole di sirene,
fantasmi di mare
che si annodano alle acque.
Gli amanti sono come funi selvagge
appiccicate alla notte,
si muovono sbandando in cerca di qualcosa,
si appigliano alla tremenda memoria,
inseguendo un fischio, un veloce tormento,
albeggiando come profumi sui rami d'un albero.
Poi svaniscono,
elementari prede della notte
e si dissolvono.



Ti amo al principio delle cose,
quando tutto e nulla
sono due vortici silenziosi
in attesa dell'amore.
Ti amo quando
si rompe il rumore della creazione
e tu ti apri come una foglia al ritrovo del sole.
Ti amo quando tutto finisce,
i cappotti abbottonati a sera
le narici piene di polline,
i baci umidi sui ponti,
la ruota del crepuscolo,
il fischio di un cacciatore stanco,
le donne accucciate sui portoni,
la parabola dei canestri
che sfilano e rifilano
per cent'anni ancora,
il mercato chiuso,
l'odore di nuvole e fanghiglia
che si avvicina il mare,
il risucchio dei pesci,
i bastoni a galla,
i proclami dei vecchi
che si comprano il paradiso,
le carte sbeccate sul tavolo,
il bicchiere sgombro,
l'educazione delle ragazze semplici,
l'odore dei folli,
i legni abbattuti,
i margini disboscati,
le scarpe lustrate dalla nostalgia,
l'indirizzo dei giorni lasciato a metà.
Vieni,
sediamoci in questo equilibrio perso,
la banda abbassa la musica
e rimane solo un percettibile schiocco di vento.
È lì che voglio condensare le ore,
in quell'attimo di musica e non musica,
prima che sia troppo tardi.



Estasi

Mi pianto come una radice
su un’increspatura secolare.
Sono l’erosione dei giorni,
lo sconfinamento dei mari impetuosi,
il veliero che avanza nell’inevitabile
coda della malinconia.
Come una radice mi genufletto
all’ombra dei tuoi pensieri.
Un’antifona di sangue e lamento,
una preghiera intinta nel buon vino,
luccicanti parole  si piantano
nel sagrato del tuo corpo,
afferrando l’estasi.
Scottante come una timida donna
in una gabbia di luce.
Nostalgica come una miniera di vapori.
Mi pianto come una radice
su un’increspatura secolare
e rinasco come rinascono le rose
sul sigillo della quiete.
Parlami, è l’ora,
il tempo per magnificare
la volta celeste con la tua bocca.
Un tripudio di verde fra il sole e la luna,
si spaiano i miraggi
e io mi smarrisco
nel languido suono della densità.



Se soffiassi sulle tue orecchie

Se soffiassi sulle tue orecchie
ti soffierei tutta la tua bellezza,
come un antico vento sbuffa sulla creta
sparpagliandola nell’aria.
Potrei versare saggezza nell’otre del tuo corpo,
sfilando il collo dal petto come si stappa un buon vino.
Odorare il tuo odore,
salpare come si salpa su un vascello dimenticato,
allungare i tuoi fianchi sul mio vestito,
non sapere dove né perché stiamo viaggiando.
Potrei infilarmi nei tuoi capelli
e dire che sono i capelli migliori
che io abbia mai visto.
Potrei  lustrarti come si lustra
un vetro splendente al richiamo del sole.
Dirti che ci sono miliardi,
miliardi di storie da ascoltare.
Se soffiassi sulle tue orecchie,
ti involeresti al lampo sottovoce del mio respiro,
e io m’involerei con te.



Ho detto Amor

Ho detto Amor nella terra dei poeti,
ho detto Amor al suono di cornamusa,
mentre bacche si rannicchiavano sul palato molle della sera,
ho detto Amor e pochi mi hanno risposto,
una timida carezza ha sciolto gli spigoli della pietra,
il marmo è diventato duna mossa,
il granito ha preso la liquidità del bacio,
è diventato donna nella confusione delle acque.
Ho detto Amor e un povero buffone
ha sorriso agli acciacchi,
ha spremuto le arance della tristezza
e se n’è andato via con l’ultimo carico dell’abbondanza.
Amore che vieni e che fuggi fra sterminatori di nuvole,
abbassati annusando gli ulivi,
accarezzando le gonne delle donne tradite,
l’ oro e l’ acqua si sposano
sulle colline unte di vendemmia
il tuo nome s’inabissa fra i miei versi
e io non sono più povera,
s’infrangono spighe sui miei fazzoletti di terra,
acini caduti come gocce di pioggia
in questo paradiso infuriato,
io che mi sforzo di aprirti,
far colare il mio amore
come un semplice miracolo,
così, per averti.

Greta Cipriani 






















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