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martedì 27 ottobre 2015

VALERIA SEROFILLI: LETTURA DI "I SEGRETI DELL'UNIVERSO" DI N. CHIAVERINI


Valeria Serofilli, critico, poeta, saggista



Nota di lettura di Valeria Serofilli al volume I segreti dell’universo (Edizioni CFR, 2014) di Nadia Chiaverini

Un universo dagli infiniti segreti il mondo della scrittura per Nadia Chiaverini, da indagare sia nella veste di lettrice che di scrittrice, perché “ogni libro è un firmamento, leggi, e a ogni parola sei contento / di far parte di quell’universo”.Con il volume I segreti dell’universo, edito per i tipi di CFR Edizioni di Piateda (SO) e qui oggi presentato nell’ambito degli Incontri dell’Ussero, prosegue e si arricchisce l’esplorazione poetica di Nadia Chiaverini sia dell’universo tout court che del suo personale microcosmo. Ricerca condotta con tenacia, sincerità ed acutezza, permettendo al lettore d’immedesimarsi a sua volta nelle dimensioni opposte sia del dolore che, sul fronte contrario, di una tenace ricerca di una dimensione più e umana. Il volume è molto efficace, tuttavia potrebbe trovare un suggerimento alternativo altrettanto suggestivo e simbolico particolarmente pregnante ai versi dell’autrice, nell’incisione di Camille Flammarion “Memorie di un astronomo”(1888) raffigurante un uomo che sporge la testa oltre il confine del firmamento verso l’Empìreo, alla scoperta della meccanica dell’universo.
Un poieo, quello di Chiaverini, che l’inchiostro lega in costellazioni di pagine, con parole che brillano come stelle.
Ma stelle cadenti, di una luce intensamente scura e primordiale, quasi a riscoprire il valore d’ungarettiana memoria della parola scavata nella vita come in una roccia. Una parola incisa in un firmamento nero d’inchiostro ben poco sereno, in cui anche il testo con questo titolo veicola parole aspre inserite in un apparato fono prosodico a dir poco aggressivo nel suo andamento allitterante (brandire, liquidambra, ibrido straniero), anche se l’autrice “aspira al sereno” (da Sereno).
Essenzialità e chiarezza connotativa e denotativa, nonché una nitida cifra espressiva, contraddistinguono infatti la poesia di Nadia Chiaverini, con uno stile asciutto, essenziale, conscio del valore del tempo e della parola come il mistero dell’esistenza.
Ma questa raccolta segna un ulteriore passo in avanti: l’autrice si fa interprete del mistero della scrittura. Anzi si fa parola ella stessa. Parola poetica contro il linguaggio manipolazione, contro il nonsenso (Frantumi) contro “i suoni jingle scaricati da internet su cellulari sempre più improbabili” (Postmodernità), contro il palinsesto TV che annulla ogni silenzio, per “dare valore a ciascun foglio, ad ogni oggetto”. In questo volume la nostra autrice è come se recuperasse la funzione simbolica del “correlativo oggettivo” soprattutto nei testi della sez. Cartastraccia, nella “sinfonia di oggetti / sparsi negli angoli più nascosti” in cui i dati sensibili della realtà costituiscono la concretizzazione materiale dell’inquietudine esistenziale e della  tensione conoscitiva della poetessa.
“Disadorne pareti
e quadri mai affissi in scatole di cartone
in attesa di una resurrezione.
(da Disadorne pareti)

“Scatole grandi per i vestiti
scatole piccole di plastica
di cartone, di vetro
scatole a fiori, a righe,
di tutti i colori… pensieri.”
(da Scatole grandi per i vestiti)
“(…)
Chiavi a mazzetti di oggetti
tanti oggetti, di plastica, di legno, di ferro
oggetti senza senso oggigiorno
oggetti senza ritorno.”
(da Dal ventre di un antico garage)
E’ così che la carta straccia, il biglietto stropicciato, una vecchia lista della spesa ricordano il montaliano rivo strozzato, l’accartocciarsi della foglia riarsa di Spesso il male di vivere ho incontrato (vv. 2-4).
La poesia eponima affronta il tema del doppio e lo specchio, i cui “frantumi” divengono simbolo dell’uomo / atomo  membro di una società in frantumi; uno specchio in cui si stempera un volto di maschera del dopo carnevale, per riprendere parte del titolo dell’accurata postfazione di Gian Mario Lucini, anche curatore della Collana Poiein di cui fa parte il volume:
<<Infinito carnevale di maschere rutilanti sorrisi e sberleffi angoscianti>> (si vedano anche i testi Frantumi, I segreti dell’universo e Cassandra) l’io lirico interroga lo specchio – Davvero, ma’, eri così? – per farsi Alice nel Paese delle Meraviglie e trovare,attraverso la superficie di questo, la reale individualità:
“(…)
il destino dell’uomo
riflesso nello specchio
misteriosa permanenza
nella corrente mal ferma.”
(A volte all’alba)
Ritrovo in questa raccolta immagini a me care quali il cerchio nello stagno o il segmento della coda di lucertola:
“Sono il cerchio che si allarga nell’acqua
dello stagno dopo il tonfo del sasso.”
(Nadia Chiaverini, Sono il cerchio che si allarga nell’acqua)
“A te parola chiedo i cerchi
del sasso nello stagno
che genera onde di pensiero.”
(Valeria Serofilli, Chiedo i cerchi, dall’omonima raccolta edita da puntoacapo, Novi Ligure 2008)
“Rabbia disperata
come un colpo di coda mozzata
che ancora si dimena.”
(da Rabbia disperata)
“Lucertola in segmento, la poetica
(…)
staccata coda che ricresce”
(da Segmento di lucertola)
E ancora:
“Cronaca resoconto racconto
l’immagine nello specchio si stempera
e incolla come tela di ragno
pelle di serpente che si rinnova
come un altro sguardo
colpevole mi sento quando sottolineo
un nome e non un altro
perché l’autentico è una brutta strega posseduta ossessa
d’una strana abbondanza contorta come un nodo
un punto sordo nel cuore per poter udire il non detto
(…)”
(da Cassandra)

Nelle cinque sezioni in cui si articola il libro si avvisa un crescente pessimismo nei confronti dei pericoli che minacciano gravemente la vita materiale e spirituale degli uomini, la perdita di senso anche se compaiono accenti più “elegiaci” e speranzosi nella sezione IV con testi quali Elegia per i versi dispersi  e “Una cassetta di libri, libri in cassetta, a peso” come evidenziato da Gian Mario Lucini.
E’ utile fare riferimento, in chiusura, ancora una volta, all’accorato invito dell’autrice a ricercare ciò che di autentico persiste in questo mondo post-moderno e ultra tecnologico, mantenendo come punto di riferimento imprescindibile i sentimenti più genuini. Quelli che, pur essendo molto impegnativi ed esclusivi, sono in grado di dare le sole vere sensazioni autenticamente genuine e poetiche.

Valeria Serofilli


Caffè dell’Ussero di Pisa, 23 Ottobre 2015



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