Il canto muto di Valeria Borsa consegna le
liriche alla vita, la vita alle liriche in un ossimoro vibrante ove il giugno che scivola in slavina si aggruma nel tempo del Giorno prima che inizi la pioggia in mossa premonitrice e vibrante
potenza redentiva mentre l'oro del
croco/scivola/esile/tra le dita.
La
poetica di Valeria si scandisce qui, nei suoi "grandi temi" ove si
addensano immagini che occupano spazi interiori e definiscono sguardi rinnovati
a percepire la melodia del mondo laddove collabiscono cattedrali di pianura ; impensata voce silenziosa eppur di voce
colma a levigare il dramma della creazione nella rabbia dei rami/stremati dal gelo.
E poi
la consonanza curvata nello stelo di
fiori "ripetuti" nello stelo-corpo di donna, incurvati alle stagioni,
nel maggio/che muore inconsolato
canto a trovare rifugio in corone
bianche/d'inverno/colonne al cielo/dove si perde il tracciato/di comete/ed
intravvedo nel fumo/l'Eterno.
Un
vocalizzo modulato nella struttura più consona a Valeria tesa all'ascolto di un
verso che passa dalla Natura all'Uomo nel rimpallo di un motivo scandito nei
giorni che scavano le ore nella dimensione dell'assenza temporale a calibrare
l'irregolabile e l'indicibile nel respiro
sonnolento del meriggio o nel
convulso cercare a metà tra tratteggi di realtà e schizzi di sogno in
raggiunte trame di autentico stupor e in orditi di cielo di forte impatto
visivo senza cedimenti che non siano quelli alla parola parola poetica ancorata
all'anima in perenne intercettazione di se stessa.
Cristina Raddavero
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