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domenica 10 aprile 2016

PATRIZIA STEFANELLI: "LEGGENDO FIORE DI LOTO" DI SERENELLA MENICHETTI




Patrizia Stefanelli



Leggendo “Fiore di loto” di Serenella Menichetti



E' l'inizio: la vita. La vita che inizia con un pianto. E' l'abbrivio per un discorso poetico che comincia con luce d'alba; l'inizio di un giorno che dura una vita. Dal calore protettivo del grembo materno, l'uomo nasce al mondo: è il primo mutamento. Pochi versi si aprono in musicali endecasillabi. Un discorso che riprende e amplia in Flusso

INIZIO

Dalle tiepide viscere sganciato
scivoli lentamente nell'ignoto.
sei stato del tepore defraudato:
e di protesta lanci forti grida

Non è violenza, è solo mutamento:
Il primo tuo e non avrai rimpianti
Se un caldo seno accoglierà il tuo corpo
Adesso hai l'alba in dono, fai un sorriso!
  
(…) Ampie ali      
per volare ed atterrare
oltre le tue radici,
che con cura conservi
sotto bianco piumaggio.

Passato e presente,      
non si sommano.
Il futuro:      
complessa operazione
in perpetuo mutamento.
(Flusso)

Apre così il suo Percorso, Serenella, con un inno alla vita, già insito nel titolo della raccolta "Fiore di Loto". Il fiore di loto nasce dall'acqua, rapidamente cresce e ha una bellissima proprietà: respinge gli insulti dall'esterno e poi il suo seme è eterno. La parola è un seme, forte ed eterno. Come un fiore di loto l'uomo dovrebbe crescere nel mondo donando bellezza e rifuggendo il male. Ma non può, per sua natura compie errori, sbaglia, soffre e allora deve scegliere, custodire, perdere cercare. Come Odisseo, sempre. E comincia il viaggio: quasi un flashback, dal piatto sbeccato della vita a cercare quella primavera mai colta:


PER STRADA

Arduo viaggiare nelle intasate arterie del cosmo.
Desideri lentamente rosicchiare la circonferenza
dei giorni avanzati dal piatto sbeccato della vita.
In girotondi lievi,
alla ricerca di paesi nuovi rimasti intrappolati
nei buchi della tua solitudine.

Sporca di alghe vuoi nasconderti
dietro i merli della torre del castello di sabbia
smarrito nella marea del tempo.
Vorresti sostare ai limiti del bosco selvaggio,
dove il profumo dei fiori celati dai rovi
non viene mai reciso.

Dell'albero dei vocaboli temi la stagione priva di frutti.
Per non cadere sul fondo del pozzo vuoto di suoni,
ti arrampichi come un glicine sopra un muro di parole.
Credi nell'innocenza del vento.
Attendi ancora il sogno:
residuo dei petali di una primavera mai colta.


Dal tempo del mutamento, che parte dalle proprie radici, al tempo del nutrimento in Profumo di cera d'api : Con le radici mozzate tutto secca e muore.
Giunge il connubio Vita/Morte, antico filo conduttore di ogni riflessione filosofica umana; mistero che si rende Epifania in quel profumo che rappresenta il lavoro infaticabile di un'anima, operaia dell'esperienza.


PROFUMO DI CERA D'API

E’ tempo di riannodare
fili recisi dall’ascia affilata
di un menefreghismo cosmico.

E’ tempo di nutrimento.
Con le radici mozzate
tutto secca e muore.

Senza i piani inferiori,
il grattacielo
non tocca il firmamento
si sfascia al suolo.

E il tuo castello oggi, vacilla.
Paurosamente, barcolla.
Crolla, si disgrega.
In una massa senza identità

Un profumo di cera d’api.
Fu: Epifania.


Librando si può vedere con altri occhi per cominciare una metamorfosi.


(…)Dall'alto osservi paesaggi infiniti
Con la leggerezza di una piuma.
E' seta pura il cielo.
Tessuto grezzo, la terra.
Ti svela adesso le sue trame.

La recisione dei coriacei fili che ti legano
a contaminazioni mentali.
Ti hanno ferito le dita.

Fotografi attenta ogni granello di sabbia.
E inizi la tua metamorfosi. (Mettere a fuoco)


SETTEMBRE ANCORA

E questo vento che oggi il mare increspa
domani soffierà su foglie gialle
di questi alberi forti a denudarli.

E grigio, come i tuoi capelli, verrà
il mare. Il cielo pure, e tutta quanta
la campagna. Mi sfugge questo tempo
tra le dita, ma il suo passaggio reca
mutamento. Per la morte passando
si rinnova la vita. Anche le foglie
che sul viale ammucchiate sono morte
rimarranno per pochi attimi ancora.
Giunto è per loro, il tempo della fine.

Perverrà pur quello che sull'albero,
novelle e verdi ancora nasceranno.
La vita resta, c'è chi viene e chi va.
Il neonato Settembre i suoi bei frutti
recherà. Perché la vita ha un cuore che
pulsa e vibra e freme, senza morire!

Gli elementi della natura, spesso soccorrono la nostra poetessa in metafore speculari in cui l'umanità, sembra cambiare aspetto e dibattersi in una frenetica lotta per non perdere la propria identità: Chi sono?/ forse una/ o tutte?/ Pensieri condivisibili che anch'io, come tanti, più o meno in questi termini, ho fatto molte volte. Versi brevi, ricchi di punti, necessari e didascalici, per voler ricominciare in ogni istante. Ricomporsi in un unicum che comprenda ogni nostra personalità. Siamo la punta di una piramide, composta dai tanti di noi. La consapevolezza è necessaria all’equilibro, attraverso la conoscenza imperfetta dei mostri che abbiamo dentro.


A VOLTE MI SMARRISCO

Quando troppe persone mi abitano
mi smarrisco.
In luoghi dei quali non conosco
strada né nome.
Luoghi silenziosi.
Luoghi statici.
Senza movimento
né memoria.
Sono luoghi vuoti.
Sono non luoghi.
Sono luoghi infiniti.
Senza luce né vento.
A farmi compagnia,
ombre senza corpo.
Chi sono?
Forse una,
o tutte?
A volte
non riesco a trovarmi.
Vorrei uno specchio,
ampio.
Dove riflettere e rintracciare
la mia immagine
e ricomporla
con tutte le donne che io sono.


E ancora: Chissà se pure l'onde/ bramino cieli calmi/

CHISSA' SE L'ONDE
 
Chissà se pure l’onde
bramino cieli calmi
dove specchiarsi
quando appena increspate
godono dell’astro. 

O quando piatte, 
in coltre di cristallo, 
si raggruppano
a celare i segreti del mare. 

Ma la tranquillità
è fuggevole attimo
che presto si dissolve 
nella spuma. 

E s’alza l’onda e s’adira
a volte con furia,
il cielo graffia
e annaspa fino a ferire
e a rimaner ferita. 

Lacera vite
ed urla
e piange
e poi, un istante
si quieta. 

Anche la vita
come l’onda urla.
E proprio come l’onda 
affonda. 

E percuote, col suo bastone.
A volte in vita lascia il corpo 
ma straccia l’anima. 

E la quiete a cui anelavi:
presto, si fa chimera. 

Sì, ameremmo vederci belli quieti, appena un po' increspati sulla scorza, tanto per gradire emozioni. Ma...ma...la tranquillità è fuggevole attimo.
Vita e poesia, poesia è vita. E' un intersecarsi di evoluzioni e momenti: fiume, pioggia, terra, azzurro...
Tutto concorre all'evoluzione dell'Essere, un Essere che anela ad esser-ci consapevole di ciò che accade a se stesso nel mondo. E si viaggia ancora e ancora a rileggere la nostra storia, senza la fretta della primavera.


Azzurrità d'improvviso mi coglie:
è pioggia d'acqua, priva, che mi ammalia. ...
Alla mia, una mano si congiunge
in un silenzio gonfio che raccoglie.
Nello spazio dell'essere, ondeggiando
raggiungo paesaggi sconosciuti.
Voli apparentemente senza meta
Dentro scenari pieni, senza copia.
È tempo strano questo, troppo cheto,
che appaga il mio appetito di sapere.
È bello questo viaggio inaspettato.
Rileggere la storia:
senza la fretta della primavera. (…
Tua Mano)

La poetessa crede, guardando ad ogni dettaglio, nell'universalità del sentimento d'amore: per il compagno, per il padre, per la madre, per la figlia ( a tutti dedica versi).
Amore non scevro dal dolore perché, come lei ci dice, anche se cuore e amore rimano, non possiamo dimenticare il dolore che rima anch'esso.

Il cuore, pur se con amore rima,
non sempre però batte per piacere.
La rabbia invece è grande certe sere.
Prima che la tachicardia ci opprima: 

conviene ritrovarci a discussione,
chiarire con pazienza certe cose
che incrinano di brutto questa unione. (… L’elemento determinante)



IL DOLORE NASCOSTO
 
Gridano gli scarafaggi appesi
alle tue pareti.
La finestra serrata,
da pesanti inferriate protetta.
Un bicchiere di vino rosso
ed una musica assordante
celano i lamenti. 

Nelle notti senza luna
il corvo si dibatte.
Si spargono nel vento, piume nere
invisibili all’occhio assonnato
dell’universo. 

All’alba dipingi di giallo
le parole.
Indossi la maschera
del pagliaccio felice
Infili il maglione a righe.
Ed esci. 

Lungo i viali alberati
per terra, insieme alle foglie
bagnate da stille di rugiada,
ho intravisto sorrisi di plastica
caduti dalla smorfia delle tue labbra. 

Più avanti ho raccolto
minuscole stelle tra le foglie nascoste.
Puri diamanti!
Li ho appoggiati sul palmo.
Ho riconosciuto le tue lacrime.


Il libro è diviso per capitoli e l’ultimo è dedicato alla sua terra: La Toscana
E qui mi soffermo su una poesia in particolare: Indifferenza.
E’ una cascata di note in senari e novenari fonosimbolici, con fenomeni di metrica come: assonanze, semplici consonanze, onomatopee (Din don), inversioni, rime interne e a fine verso. Ad un orecchio attento, insieme al valore semantico del testo, non possono sfuggire. Elementi cosmici, umani e familiari, mi portano ad un gusto simbolista- pascoliano poiché Serenella, attraverso elementi della natura, esprime stati d'animo, resoconti, il dolore di un mondo e la speranza per una vita migliore. Tutto tornerà al creato, ad ogni voce di vento che sussurrerà ai ricordi quel che è stato e sarà.


INDIFFERENZA

“Torre Del Lago”

Dai, siedi sull'erba.
Ascolta l'immenso
che brulica intenso di suoni.
La senti la voce?
È lieve, sottile, soave.
Ha note di cielo velate,
si spegne ogni tanto e poi tace. 

Riprende, ed ancora ti sfiora  
con timbri silvestri e marini.
Tintinnii di gocce leggiadre,
din don di campane intonate
che suonano assorte nel bosco
tra rami di tigli e di pini. 

Riecheggiano in mare ed in cielo
tra flutti infiniti e nel vento:
son nenie struggenti, lamenti
di nuvole, oppure dell'onde
che danzano dentro le sponde
di cieli e mari violati. 

Sul prato bagnato di brina
che brilla di stelle e di luna
si scioglie una voce argentina.
Ascolta, la senti?
È il dolce sussurro dell'erba
che chiama con voce raccolta. 

Esorta all'ascolto:
di canti più puri!
Pregnanti di suoni ancestrali
vibranti nell'acqua, nell'aria:
di luce, di gioia e speranza. 

Avanti accorrete!
La terra inquinata e ferita
richiama con voce stremata
ogni uomo alla propria mansione. 

Messaggi ignorati da molti,
ben troppi gli uditi insensibili
sfuggenti al terrestre richiamo.
Frastornate e stordite le menti
serrate all'immenso infinito:
più non odono i suoni del vento
né del mare, neppure del cielo.



TI LASCERO' RICORDI

Il giorno dell’approdo
le mani dal timone staccherò, 
l’ancora calerò in sicuro porto.
Sulla prua lascerò afrore
di basilico e d’orto. 

Nell’ora precisa del tramonto,
sulla luce discreta della sera
m’avvierò, col sospiro di Zefiro
nell’aria. 

Sulla terra sarà primavera,
a festa risuoneranno le campane,
germoglieranno fremiti, garriti 
e grandi voli. 

Quando mi vorrai:
mi troverai, tra l’erba 
e dentro all’onde.
Mi riconoscerai nella rondine
laboriosa, che costruisce il nido.
E nella farfalla vanitosa che
di fiore in fiore nel cielo limpido
vola. 

Scorgerai tra i grappoli briosi
di mimosa,
tra foglie cupe della magnolia
ombrosa,
nelle quiete, distese acque 
di lago,
e nel tumulto dei marosi
la mia imago. 

Avrò di vento voce e canterò
col mare.
Sarò: buio e luce
e sabbia e roccia
e sole e luna. 

"Sai, la memoria è una laguna,
dove i ricordi sono organismi vivi
e coralli preziosi da evocare:
quando ti senti sola". 

Patrizia Stefanelli














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