Autunno
I tuoi
colori macerano
al suolo
come le foglie
Sparuto
e tra i papaveri
il sole
del mattino
si affaccia
oltre gli alberi
È
tutto precario
e nell’assurdo
mio vagare
affiora
l’ombra imperfetta
dei
miei angeli
Un
segno attendo
nell’infinito
silenzio
dove
echeggia il fischio
del
treno
verso
mete ignote
Umidore
ferrigno
che il
sole non scalda
e
raggi in caduta
Anna
Vincitorio
Ho avuto il piacere di recensire il libro da cui è stata tratta questa bella lirica di Anna Vincitorio.
RispondiEliminaSono contento, ora, di trovarla pubblicata sul blog ed invito - chi lo volesse - a leggere "Il dopo Estoril": un testo di autentica poesia!
Sandro Angelucci
Autunno è stagione di un languido morire, dove i colori e i richiami della vita si fanno particolarmente intensi e struggenti. Tutto il creato frana dentro se stesso per prepararsi a nuove esplosioni di vita, e sprofondando regala maestose fiammate d'amore. La poetessa, in tanta precarietà, avverte l'ombra dei suoi angeli e attende il fischio di un treno per un viaggio "verso mete ignote". Una poesia legata alla terra ("Umidore ferrigno / che il sole non scalda"), ma nello stesso tempo dotata di slanci e orizzonti metafisici.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Anch'io ricordo e amo il libro dal quale è stata tratta questa splendida lirica di Anna. I versi, che evocano vagamente Cardarelli, sono limpidi e sanguigni, come l'Autrice. Il treno interrompe il flusso dei ricordi, la nostalgia degli Amori perduti. Rappresenta, forse, nel languido autunno, allegoria della tarda stagione dell'esistenza, il senso dell'andare, del continuare a credere in mete sconosciute. Un andare che il sole sembra quasi ignorare... L'autunno e il treno sono antiteci e poderosi: la stagione è triste presagio; il treno cerca di continuare il percorso, nonostante 'l'umidore ferrigno' che 'il sole non scalda'. Anna è una poetessa che ha lasciato il segno in tutti noi romani con "Il dopo Estoril" e, come l'amico Sandro, invito i lettori del blog a leggere questa silloge.
RispondiEliminaUn abbraccio a lei, a Nazario e ai miei compagni di viaggio.
Maria Rizzi