CANTICI. THE WRITER. COSENZA. 2017 |
Carmelo Consoli, collaboratore di Lèucade |
Testimonianza su “ Cantici” di Nazario Pardini
Nel
mio
saggio
breve
su
Nazario
Pardini
del
2014 “Alla
ricerca
di
una
personale
catarsi
tra
natura
e
classicità-
opere
dal
1997
al
2013”
avevo
già
evidenziato
quanto
e come il
nostro
poeta
sapesse
cogliere
dalla
sua
terra
preziosi
e
multiformi
contenuti
vitalistici,
mescolati
a
fragranze
e
cromie,
sotto
forma
di
estatiche
visioni
rivelandosi
così cantore
di
rara
bellezza
nel
rievocare
le proprie radici, la personale storia e quella della società, dei costumi del
suo tempo e come anche fosse finissimo e stupefatto interprete delle molte
presenze faunistiche e floristiche che lo circondano in un abbraccio.
Meraviglie
portate
alla
luce
con
vigorose
pennellate
di
sapore
bucolico,
impreziosite
dalle commistioni
con la classicità antica e con straordinaria
capacità
di
calarsi
nell'erranza
onirica, nelle
profonde
pieghe
della
sua
anima.
Un
terreno
fertilissimo,
un
magico
humus la
terra
per
Pardini,
che riaffiora nelle testimonianze
che gli si affollano sempre nella mente come un richiamo misterioso e
imperioso, nei ricordi
dai
contorni colmi di
luminosità,
occasione
unica
per
far
si
che
la
vita
assurga
ad
una
sorta
di
purificata bellezza,
di armonioso orizzonte
mitico
proiettato
in
un
un
tempo
senza
fine
verso
l'eterno.
Adesso
che
Nazario
ha
aggiunto
alla
sua
già
lunghissima
produzione
letteraria
un'altra
perla
poetica
dandole
il
titolo
di
“Cantici”
come a
sottolineare
la
purezza,
il
rispetto,
la
devozione
e
l'amore
supremo
verso
l'elemento
naturale ma anche ad evidenziare come quest'ultimo
abbia la capacità di far sentire la propria presenza e singolare voce, abbiamo
la
riprova
di
quanto
affascinante sia stata
l'esistenza del poeta nell'amoroso dialogo
con
le
varie
componenti
del
suo
habitat
memoriale;
preziose
presenze per lui a tal punto da sentire il bisogno di doverle
enumerare
e illustrare una per
una
sotto
forma
di
13
dediche. Ed ecco allora che irrompono i
cantici: “ dell'aia”, “ del sole”,
“della campagna”, “dei pini”, “del mare”, “del fiume” e ancora “dell'autunno”, “della sera”,
“dell'alba” e altro
a
scandire
i
giorni,
le
stagioni,
gli
anni.
Un girovagare,
il
suo,
ebbro di commozione e stupore, senza soste
per
territori
agresti di
entusiasmi,
dolcezze,
profumi,
luminosità
e
sonorità
dalle
mille
sfumature;
un
dialogo
serrato
con
quel
tempo
e
i luoghi amati, attraverso cadenze di pascoliana memoria, la
cui
lucentezza
e
i
cui
profumi
vengono
innalzati
verso
l'infinito
e
dove
ripercorrere
giovanili
esperienze.
Un
canto
multiforme talora con
i toni dell'ode,
talora
di
una
preghiera
e
ancora
di
uno
straziante
ritorno
alle
origini,
all'utero
protettivo
di
una
natura
materna,
come
nel
“Cantico del
fiume”.
Ma
anche
l'occasione
per
interrogare
la
vita,
ripiegarsi interiormente, sostare sui
perché
di
tanta
fragilità
umana
e
di
tanta
Grazia
esistenziale.
Ed
esemplari
sono
in
questo
senso
i
cantici
: “della vita”,
“dell'amore”,
“della
barca” e
“della bellezza”,
che
chiudono
la
prima
parte
del
libro
titolata
“ La
Barca”
,
mentre
nella
seconda
: “Anatomia
della
sera” i
vigori arcadici
delle
sua
poesia
si
attenuano
per
assumere
contorni
crepuscolari
in
cui
la
tonalità e il significato più alto della
sera, regnano
sovrani
come
segno
di
un
approdo
cercato
e
raggiunto
in
cui
si
acquieta
il
bagliore
contrastato
dei
giorni
vissuti
, si smorza il dolore delle vicissitudini della vita e
dolcissima
è
la
navigazione
delle
memorie.
Ed
è proprio in quell'ora serale di resoconti e abbandoni, in cui i attenuano
tutte le animosità, che Pardini si
dedica alla ricerca della
propria
identità
di
uomo,
attua la sua meditazione sulla
vita
intera
e
innesta
delicate
venature
di
amarezza
per
tanta
bellezza,
che
pur
sempre
presente,
sfuma
inesorabilmente. Una
chiusura
del
volume
che
vuole
essere
anche
un
testamento
d'amore
,
come
traspare
dalle
ultime
cinque
liriche.
Una
silloge
dunque
impeccabile
in
cui,
come
sempre,
la
poesia
di
Nazario
Pardini
si
impone
per
finissima
tessitura
lessicale,
nella
predilezione
della
narrazione
metrica, nella
quale
si
dimostra
maestro
ineguagliato,
ma anche per grande
musicalità,
capacità
rare
di
rappresentare
poeticamente
la
natura
e
l'uomo
in
essa
inserito.
Carmelo
Consoli,
22/03/2017
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