Marco dei Ferrari, collaboratore di Lèucade |
Il
grande Arrigo, le speranze di Dante per il ritorno, Beatrice, la Divina
Commedia, il proposito di un grande
impero per dare ordine alle contese fra fazioni, Guelfi, Ghibellini, il 14°
secolo ricco di sostanza storico-imprenditoriale, le repubbliche marinare, il
commercio, Pisa la grande…… e neologismi, invenzioni lessicali, ritmiche,
allunghi creativi, tanti, a raffica…
Siamo
di fronte ad uno dei periodi storici di maggior rilevanza per le sorti non solo
economiche del nostro paese. Marco dei Ferrari con la sua solita densità
lessicale, col suo solito personalissimo andirivieni di luoghi e personaggi, di
tocca e fuga, di agganci e di riposi, lascia al lettore lo spazio della
riflessione e della iunctura culturale. In fin dei conti è questo lo scopo del
poièin: non dire tutto, lasciare
sospensioni, pause, anfratti in cui l’interlocutore possa ritrovarsi e
farsi personaggio fattivo lui stesso. Quello che qui accade. Non è di sicuro
facile tradurre un pezzo di storia in poesia; e farlo con tanta grinta comunicativa,
con tanta vèrve associativa, con così grande effetto verbale: una vera
grandinata di vocaboli, tutti indirizzati a concretizzare, con puntualità,
funzioni, mestieri, ruoli, occasioni di un ideale smarrito. Amare la parola, il
lemma, la cifra espressiva, il lògos; amare il tempo, il luogo, il momento, le
relazioni, le connessioni e le disconnessioni, significa azzardare nuove vie,
nuovi cammini verso una poesia diversa, unica, soggettiva, e infinitamente
moderna a cui Marco ci sta abituando.
UN
ROGO per Arrigo (il settimo)
Cavalcano
pochi bardati gualdrappi,
d’elmi speranze, usberghi e
trabucchi
coronano l’IDEA urbi et orbi
memoria
Tempio stupisce, guelfo
stordisce
ghibellino ruggisce
ventura venturo subisce;
stregano l’IDEA fiaccole
maliarde
Torino, Milano e Genova e Pisa,
fiorini e galee germogliano
feti,
sinistro Destino Vienne intrama
Valtiano a Brescia, Margherita a
Genova
chiama…
tremule fiammelle
nel ribollo dell’Urbe ruina
miasmi d’agguati
barbagli d’assalti sparpagli
d’IDEA sfiorire;
soffrire, arrancare, morire
Siena smarrire;
Cavalcano
Signori Cardinali, Marescialli
Siniscalchi,
fiamminghi mercenari
balestrieri di tedeschi pavesari
Castruccio e Uguccione…
complotto alimento
di frate convento
Bernardino, Gherardo, Banduccio
Langosco e Cangrande
calice di sangue
ostia di veleni
su corpo a rogo
d'Arrigo ideale smarrito
che Dante imperiale
serberebbe ancora…
con Pisa capitale?
Marco dei Ferrari
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RispondiEliminaCon le sue "fotografie rimbalzanti", Marco dei Ferrari ci catapulta in un pezzo di storia. In una sequela di personaggi e di luoghi, ci istiga a memorie antiche. Il suo destreggiare con lemmi ricercati dimostra padronanze lessicali di livello superiore. Con "Un rogo per l'Arrigo", Marco dei Ferrari aggiunge un'ennesima perla alla sua invidiabile collana di poesie.
RispondiEliminaIn questa composizione poetica la Storia si fa vita, riecheggia il tempo
RispondiEliminale vicende le persone i luoghi di un passato come fosse oggi. Magistrale il verso finale, un interrogativo buttato lì, in fronte all'uomo (pisano) di oggi, come una specie di messaggio subliminare che faccia riflettere, meditare.. Con il Poeta Marco dei Ferrari la Storia si fa Poesia, arriva fino a noi, ci coinvolge ci intriga tra le vicende attuali, perché la Poesia vera ha la voce dell'eterno universale, la voce dell'uomo e delle sue lotte nell'avventura della vita che si ripete, sempre diversa eppure sempre uguale a se stessa.
In questi versi il lettore avverte la grande vitalità e passione di chi scrive, legge tra le righe la profonda cultura da cui scaturisce anche un ammonimento, quello insito nel detto : Historia magistra vitae.
Un modo tutto nuovo di fare poesia, un personalissimo stile, originale, come persona originale è il Poeta Marco dei Ferrari.
Un sincero plauso al grande amico Nazario per la stupenda introduzione .
Edda Conte.
Un Arrigo VII vivente,toccante e palpitante, grande re e cavaliere , che può considerarsi il primo ad avere avuto un 'idea di Europa unita ante litteram.
RispondiEliminaEcco perché è un personaggio così amato!
Marco unisce il passato al presente con un incredibile senso di attualità storica ed una forma espressiva vigorosa,che pare rievocare suoni antichi e far rivivere congiure ed intrighi di palazzo, come in un giallo moderno.
Arrigo sepolto nel Duomo di Pisa, accanto all 'altare di San Ranieri, ancora vivo nei ricordi dopo più di settecento anni, ancora amato per la freschezza degli ideali ,di fronte al quale anche un fiorentino come Dante non può fare a meno di inchinarsi e chiamarlo "sommo" nella sua Commedia, collocandolo in Paradiso.
Marco con un grande verso non fa decadere mai l'idea di grandezza che coinvolge tutta la lirica e ci fa porre la domanda di come sarebbe stata la storia se Arrigo fosse riuscito nella sua impresa con "Pisa capitale ".
Ma questa è un'altra faccenda e,per noi pisani,magari fosse accaduto davvero!
Sandra Lucarelli
Arrigo, Dante, Marco...Pisa, la ghibellina assopita, dovrebbe farsi bella di tanta ricchezza poetica, potrebbe imparare a ruggire di nuovo, se solo conoscesse meglio se stessa, al di fuori dei salotti dove si fanno belli di parole e vecchiaia gli eredi degli accademici, disuniti anche nell'ideale.
RispondiEliminaIl solito grande, Marco...insolito sempre
Isabella
Enrico VII, l’imperatore che scelse la terra pisana per il suo eterno riposo, è al centro di questa lirica estremamente evocativa di Marco dei Ferrari, che, attraverso il suo originalissimo stile, ci fa rivivere il pesante clima dei tempi dei profondi contrasti tra Guelfi e Ghibellini. Allora l’Alto Arrigo rappresentò per molti Ghibellini, Dante Alighieri in testa, una speranza. Lo scrittore, nell’ultimo verso, si chiede: “con Pisa capitale?”. Perchè no? E’ la risposta che potremmo dare dopo tanti secoli, vista la predilezione che l’imperatore lussemburghese aveva sempre manifestato nei confronti della città della Torre. Ma Arrigo muore a Buonconvento e la sua fine è ancora avvolta nel mistero. Lo scrittore sembra avvalorare l’ipotesi dell’avvelenamento da parte di un frate.
RispondiEliminaUn componimento, quello di Marco dei Ferrari, che sintetizza un’epoca densa di avvenimenti, di accese lotte tra le parti avverse dagli esiti mai scontati. Lo scrittore sintetizza una pagina di storia che fa ancora discutere gli studiosi di tutta Europa. E lo fa con i suoi neologismi e le sue espressioni onomatopeiche, con le sue metafore e i suoi inconsueti accostamenti linguistici, che pure risultano comprensibili per la loro indiscutibile evidenza espressiva. Maria Fantacci
Ancora una volta Marco dei Ferrari ci trasporta in un tempo glorioso, ricco di suggestioni e di contrasti. E la storia è già metafora dell’oggi, o meglio, forse, della continua, affannosa, ricerca umana di senso e di significato, della complessa vicenda terrena in cui gloria e rovina senza posa si alternano, in un tempo e uno spazio definiti, che divengono per ciò stesso simbolici. Che cos’altro poteva accadere se non questo? Forse Pisa poteva diventare capitale? Suggerisce il Poeta, manifestando l'attaccamento a una città che ancora conserva i segni di un glorioso passato. Ma la storia – lo sappiamo – non si fa con i se e con i ma. “La storia non è magistra / di niente che ci riguardi” scrive Montale: per questo forse si ripete, o almeno sembra ripetersi, ai nostri occhi.
RispondiEliminaTutto questo – rievocazione storica, riflessione esistenziale, significato simbolico – è racchiuso in un componimento poetico di forte impatto, grazie a un linguaggio evocativo che suggerisce senza mai pedissequamente descrivere, agita immagini senza fermarle definitivamente, connette e disconnette, in una sorta di “toccata e fuga” che è ben evidenziata dal magistrale commento, da par suo, di Nazario Pardini.
Potenza della poesia quando si affida alla penna di chi sa dominare la parola con maestria e passione!
E’ un Arrigo dinamico quello che ci propone Marco dei Ferrari, proposto in viste simultanee che del tutto tondo, della sua interiorità e del suo contesto, espongono ogni aspetto particolare.
RispondiEliminaAl pari di altri personaggi storici trattati dal Nostro, questo Arrigo lascia nel lettore un’immagine duratura che ha la forza e i bagliori di una post-immagine luminosa.
Possiamo contarci: Marco dei Ferrari - lui come nessun altro - ci meraviglierà sempre.
Paolo Stefanini
Vibrante interpretazione storica. Il grande Marco dei Ferrari riesce ad emozionare e a sublimare la storia.
RispondiEliminaFrancesca Simili