Una incerta beatitudine
Ho pubblicato il mio primo libro nel 1990,
avevo 37 anni; una stravagante raccolta di
poesie, con qualche verso irriverente, dallo
strano titolo: Enciclopatia.
Il libro era introdotto da questa specie di
indovinello: “Una poesia nel cassetto è un
pezzo di cassetto. Cosa sarà una
poesia fuori del cassetto?”. A distanza di
tanti anni non lo so ancora, anzi le idee
gradualmente mi si confondono.
E poi invecchiando non conviene interrogarsi
e arrovellarsi troppo, altrimenti si rischia
di fare la fine di quel millepiedi che, dopo
essersi insistentemente chiesto come si
muovessero simultaneamente le sue tante
zampette, non riuscì più a camminare.
C’è stato però un periodo, verso i
cinquant’anni, in cui mi sono fatto diverse
domande e mi sono dato alcune risposte
riguardo questa mia passione per la scrittura
e per la poesia. Perché di passione, intensa
e vera, si tratta. Come ogni scrittore sa,
avendolo provato sulla propria pelle, la
passione per la scrittura presenta un volto
bifronte e doppio, da una parte è gioia,
piacere ed entusiasmo, dall’altra è fatica,
amarezza e tensione; da una parte dà e
dall’altra toglie. Ma nel complesso le
soddisfazioni prevalgono nettamente
sulle delusioni. Ho intitolato un mio
volumetto di riflessioni letterarie
Una incerta beatitudine. E’ proprio questo
lo stato d’animo che provo scrivendo:
una incerta beatitudine, a volte instabile
e precaria ma sempre beatitudine.
C’è una frase di Thomas Mann che
mi colpisce per la sua sintetica perfezione
e che si riferisce alla creazione artistica:
“conoscere in profondità e rappresentare
in bellezza”.
Cos’altro si può aggiungere? Conoscenza e
bellezza, connubio ideale e contemporaneamente
quasi irrealizzabile. In letteratura sono molto
attratto anche dalla leggerezza, è lei che mi ha
spinto a scrivere tanti versi sugli uccelli, su
queste creature alate messaggere fra cielo e
terra; poesie raccolte definitivamente nella
recente ristampa, ampliata e illustrata, de
I merli del giardino di san Paolo e altri uccelli.
Osservando gli uccelli, si viene catturati
dalla gamma dei colori delle loro piume,
dalla varietà dei canti e dei comportamenti.
Ora saltellano su un prato con tale levità da
sfiorare la terra, ora si nascondono nel folto
di un cespuglio, ora ci guardano dall’alto di
un ramo e subito volano più distante e chissà
dove. Da loro ho imparato a moltiplicare punti
di vista, prospettive, angolazioni, sguardi.
Confesso che tendo facilmente a dimenticare,
per ogni ricordo che entra un altro abbandona
l’archivio della mia
memoria; un archivio-magazzino stipato e poco
capiente.
I libri che scrivo e le fotografie che scatto mi
aiutano a ricordare. I libri trattengono e fissano
sulla pagine pensieri, sentimenti e riflessioni,
le fotografie (fotografare è meno di una passione
ma più di un passatempo) custodiscono immagini,
soprattutto di luoghi, che altrimenti sbiadirebbero.
Nei miei versi non gradisco parlare in modo
esplicito di me. La mia vita è poco interessante,
la mia memoria abbastanza lacunosa. Preferisco
parlare di altre persone e personaggi, stabilire con
loro un contatto, una relazione e uno scambio,
raccontare storie e vicende che li riguardano,
mimetizzarmi e mettermi nei loro panni, guardare
il mondo attraverso i loro occhi e farli esprimere
direttamente.
Possono essere viaggiatori ed esploratori
(una mia raccolta s’intitola Le anime di Marco Polo),
eroi del mito (in primis Ulisse), scienziati
(soprattutto Darwin), una serie di pittori
(da Masaccio a Basquiat), singole persone comuni,
come la protagonista di questi versi alle prese
con il rito quotidiano del caffè:
Si affaccia alla finestra
sorseggia un caffè beata
come se davanti avesse
non il viale con mille auto
ma un golfo pieno di vele.
Giancarlo Baroni
DA:
"Socio del mese dell'Associazione Culturale
Cooperativa Letteraria che cura il progetto
della rivista Fuori Asse".
Quanto è ispirato, poliedrico e autentico questo Artista, che non ho la gioia e l'onore di conoscere? Mi ha incuriosita, anzi intrigata la sua introduzione, ma la cinquina di versi è stata una fulminazione. Giancarlo Baroni esprime con musicalità pura e con qualcosa che assomiglia a un incantesimo la magia del vedere 'oltre'. Oltre la siepe leopardiana, si potrebbe dire... Oltre tutti i limiti vissuti dagli scrittori, da noi uomini, ma con la modernità che acceca, rende il poetare duro, potente, incisivo e poi, all'improvviso, meraviglioso. Vorrei sapermi svegliare, osservare il quotidiano e scorgere
RispondiElimina"non il viale con mille auto
ma un golfo pieno di vele".
Se la poesia esiste ed è mezzo di mediazione tra l'uomo e il Sogno, questi versi la incarnano. Mi sono
commossa e ringrazio l'Autore!
Maria Rizzi