Maria Grazia Ferraris, collaboratrice di Lèucade |
Un mondo
turbato, sofferente, angosciato quello che ci presenta Emanuele
Aloisi, in cui natura, animo umano e storia si fondono e confondono in un
unico dolore. Un chiasmo iniziale potente per la forza dell’incrocio che
moltiplica il suono – il sibilo che sale fino all’urlo- viene scelto per
personificare quel mare siculo calabrese così “famelico” che
assiste “sordo” alla tragedia umana: una realtà esplosiva che si impone, senza
nome. I Suoni contrapposti, ossimorici, traducano
dolori, vane speranze, lacrime altrettanto inutili. Espressionismo
suggerito dal dolore, dalla storia che non riesce a consolare, dalla
violenza che esplode e si confonde con la guerra: offesa, sofferenza, brividi,
pianto. Umanità dolente senza consolazione. Difficile è far
comprendere a coloro che verranno ciò che giustifica oggi la nostra vita.
Maria Grazia Ferraris
Il sibilo di un urlo
E ancora sibila
famelico
l’urlo del mare tra Cariddi e Scilla
e non esplode, come un ordigno
né miete valorosi marinai
se non anonime le spighe rosse
cucite sulle vele di innocenti.
Forse è diversa l’eco
o la sorgente che l’emana
vana, sopra gli scogli di orizzonti
sordi, dove le vene delle orecchie
e le speranze delle madri
hanno le stesse lacrime.
famelico
l’urlo del mare tra Cariddi e Scilla
e non esplode, come un ordigno
né miete valorosi marinai
se non anonime le spighe rosse
cucite sulle vele di innocenti.
Forse è diversa l’eco
o la sorgente che l’emana
vana, sopra gli scogli di orizzonti
sordi, dove le vene delle orecchie
e le speranze delle madri
hanno le stesse lacrime.
Em@nuele Aloisi
(diritti riservati)
(diritti riservati)
grazie a M.Grzia Ferraris e al prof. Pardini.
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