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sabato 27 maggio 2017

N. PARDINI: PREFAZIONE A "MIRAGGI DELL'ISOLA" DI E. PELLEGRINI CONTE

Prefazione
a
Edda Pellegrini Conte: Miraggi dell'isola

L'uomo è forte, si sente grande e potente, è avido, vuole tutto. E il Tempo corre con lui, sempre più veloce, più veloce, e divora tutto... fugge e divora, divora e fugge.


Ogni uomo è un’isola, da qui partirei per stilare questo mio scritto sui racconti di Edda Conte. Un libro di ampio respiro, dove la duttilità del narrare e la perspicace analisi dell’animo umano, si amalgamano in un succedersi di atti scenici, di respiri larghi, e di epigrammatiche soluzioni di trasversale intensità. Il tutto affidato alla penna adusa alla scrittura  poetico-narrativa dell’Autrice. Tanto è vero che non è raro riscontrare, in queste pagine, fluenti voli simbolici tipici della poesia della Nostra. Quindici i racconti che compongono questo romanzo. Sì, romanzo, dacché sono legati, all’unisono, da una  tale continuità ispirativo-contenutistica da farsi lavoro di convincente organicità; di oggettiva e inquieta peripezia dell’esser-ci come leitmotiv  dell’intera opera. Avevo già avuto il piacere di leggere e commentare alcuni passi di questo personale ed emblematico viaggio vitale, e, sinceramente, la cosa che più mi aveva preso era stata la spiritualità di questa narrazione. Ogni brano è un  pezzo di cuore di una totalità filosofica e ontologica; un nostos che tutti quanti affrontiamo, fra dubbi e rocambolesche avventure; tanto vale affrontarlo uniti, in pace, in armonia, con amore, visto che ognuno ha un sicuro, anche se incerto, approdo: “… E' mezzogiorno, dice lui, riprendiamo il cammino. Il viaggio è ancora lungo....Cammineremo insieme....
 Intanto presentiamoci..
- IO SONO PIACERE..
- E io SPERANZA-
Nessuno di loro si accorge che il Tempo è tornato” (Il viaggio). Il quadro che ci si presenta alla fine della lettura è quello di un’isola di paradigmatico simbolismo antropico: un pezzo di terra in mezzo al mare che simboleggia da una parte la solitudine, la riflessione, il pensamento, l’evocazione, il memoriale; un  luogo sacro e inviolabile,  alcova in cui ritrovare noi stessi nella ricerca del nostro mondo, della nostra identità, per trarre bilanci sul vissuto; dall’altra sguardi ad orizzonti di smisurata lontananza, azzardi verso mete che vadano oltre le aporie del contingente, oltre le magagne della quotidianità; cosciente la Nostra della esilità del vivere, della futilità del tempo concessole  di fronte al tutto pascaliano: “… Silenzio, parole, chiacchiere, grida... scoperte invenzioni, ricerche... guerre....
Ora sulla Terra c'è il Mare, il Sole, il Vento, la Pioggia, gli alberi, gli uccelli, gli animali... l'uomo  e il Tempo.
Ora sulla Terra è iniziata la lotta segreta tra il Nulla  e il Tutto.
Il Magnifico Tutto, entità eterna, si chiude allora nella sua eccelsa dimora, abbandona la Terra e l'uomo all'indifferenza e voracità del crudele fratello gemello, Il Tempo....” (Leggenda). Un autentico diario di bordo  dove il capitano traccia una rotta, e analizza la sua esperienza di navigazione verso un faro che schiarisca la sua sorte. Non è certamente errato definire questo nostos strettamente autobiografico: l’uomo, le irrequietezze del suo esistere,  tutta la sua complessità esistenziale, il tempus fugit.  Ed è così che Edda Conte, brano dopo brano, personaggio dopo personaggio, ambiente dopo ambiente, parola dopo parola, compone questo puzzle; questo ensemble di polivalente significanza umana; di effettiva compattezza linguistico-emotiva. D’altronde siamo un’isola! Quel pezzo estremamente piccolo di terra che bene rappresenta la nostra esilità; ma che contiene, però, una singolarità di flora e di fauna, di panorami e culture, di profumi e ricordi, da tradurre bene la polivalente struttura intellettivo-cognitiva dell’uomo; il suo sperdimento  nei confronti di un mare che l’avvolge e lo rimpiccolisce con la sua immensità. “Un milieu entre rien e tout”, appunto.  Come se la vita fosse il tempo prestato dalla morte. E tale coscienza si fa ancora più forte quando tentiamo di misurarci con la grandezza dei cieli, coi tanti perché di difficile soluzione. È da lì che deriva la convinzione della nostra insufficienza ma anche il desiderio del ritorno, dacché, la verità che abbiamo cercata invano, la si trova al ritorno nella nostra isola: “… Nell'isola si racconta che nelle notti di luna piena ogni  pescatore perduto tra le onde  torni  a visitare  la sua casa. Si dice anche  che chi passa vicino alla casupola  di Presenza, ormai nascosta tra i cespugli del cisto, può udire  un  dolce  canto che il vento  porta verso il mare”.  Come Pavese scrive nella sua “Luna e i falò”: Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”.
Solo la spiritualità, quella della Conte, può ovviare in gran parte alle sottrazioni del tempo, costruendo castelli di robuste pareti; traducendo la terrenità in una scala che approdi a vette di eccelsa contemplazione. La memoria stessa può in parte sopperire alla fugacità del tempo, riportando a galla sapori di antiche primavere atti a prolungare lo spazio ristretto di un soggiorno: si ritorna a nuova vita, noi diventiamo l’isola immensa e senza confini, nelle nostre fughe oniriche, immaginifiche. Ma c’è il rovescio della medaglia per cui non è difficile che in un raffronto tra memoriale, onirico e realtà, l’animo si faccia tristemente consapevole dello scorrere della vita in un raffronto esiziale. Il bel tempo ha dispiegato le ali verso spazi di obliosa consistenza. Tutto questo si dipana con sfumature diverse, con varietà di policroma intrusione, con l’apporto di creative intuizioni, in questa narrazione che offre visioni di una umanità ora inquieta, ora speranzosa, ora volta ad un ancoraggio di unione e fratellanza in tanto obliquo mondo, anche se pur sempre abbracciato da una natura di potenza iconico- suggestiva nell’affiancare la scrittrice: “La casupola , in mezzo alla macchia  di bassi cespugli, mirto lentischio, fiori di cisto bianco  e rosa... poco lontano dal mare... Ondeggia  il cisto  al vento di ponente... tutto intorno alla casa, come se in un abbraccio volesse proteggerla, proteggerla da tutto, dai venti  dagli spruzzi  salmastri , dagli sguardi dei curiosi. ...  anche consolarla della sua solitudine. Sembra una casa abbandonata. I cespugli si avvicinano ogni giorno di più, finiranno col soffocarla nella stretta del loro amore” (L’attesa).
Sì, ogni uomo è un’isola nella sua unicità, nella sua personalità o problematicità ma può essere un  tassello determinante per completare quella universalità a cui l’uomo stesso aspira; quella compattezza sociale, umana,   e multiculturale a cui l’uomo dovrebbe aspirare: “… Ogni uomo è  un'isola,  e come isola ha bisogno di comunicare con le altre isole, perché tutte insieme sono il mondo” (Addio all’isola).

Nazario Pardini


3 commenti:

  1. e così...grazie alle belle parole del caro amico Nazario il mio "Miraggi dell'isola" va incontro alla presentazione ufficiale con ottimi auspici.
    Edda.

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  2. Ho seguito la nascita e l’elaborazione dei racconti di Edda Conti fin da-Il gioco delle perle di vetro- che lei mi inviò col desiderio di sentire le mie reazioni: una “favola” colta, altamente poetica, polisemica, di plurale lettura, lirica, che ci riconduce a un famoso importante romanzo filosofico-fantastico Il gioco delle perle di vetro del Nobel H. Hesse… La libertà può confondere, ma è comunque vita, pericolo, speranza di futuro: sul fiume miriadi di perline vanno alla deriva...sembrano tanti gusci d'uovo .. Come, perché hanno tanto osato?
    La dimensione onirica e surreale, coadiuvata dal linguaggio musicale, offre la carica attrattiva e meditativa del racconto originale e riuscito.
    Poi IL BAMBINO DAI CAPELLI BLU. Un bambino di eccezionale bellezza , per i capelli blu, morbidi e lisci come seta, per le fattezze del viso, per l'armonia del corpo ...e soprattutto per gli occhi, grandi immensi nel viso minuto, di un azzurro mutevole, indefinibili nel colore e nell'espressione... una storia intrigante, in alcuni aspetti misteriosa: forse un’intuizione inquietante trasformata in racconto. In realtà è una tesi. Il silenzio come ulteriore modalità di conoscenza invece che di isolamento. Uno spunto stimolante di riflessione.La moltiplicazione dei punti di vista, originale, reso da una scrittura al solito fluida ed accattivante
    In IL VENTO, MONO e L'ISOLA FELICE belle le costruzioni architettoniche, sicure nella composizione del racconto-favola: la natura che diventa protagonista, conduce all’interiorità, all’introspezione. Edda coltiva un antropomorfismo di cose che mantiene tutta la forza evocativa di un mondo indefinito, vago, sospeso, che sconfina nel poema surreale. Alcune novelle- Calura e quiete- e L’isola e le fantasie di Maia- ci conducono a un luogo privilegiato, amato dalla scrittrice, un luogo fantastico, l’isola, dove Edda Conte può liberare ed ascoltare voci ed immagini che nascono dentro di lei, spinte in superficie dalla sua sensibile vibratile fantasia immaginativa: terrazze, tra colori che si smorzano sfarinandosi e voci di uccelli che si quietano, mentre si accendono lampioni d’antan tra i carruggi che hanno una vita propria, misteriosa, come se conservassero il mistero della storia passata, storia di altre genti….
    Ben ha fatto a pubblicarle in un unico volume che saremo lieti di leggere.

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  3. Una gran bella sorpresa,per me, carissima Maria Grazia Ferraris,questo tuo pezzo di critica davvero esaltante...Vero è che tu hai seguito passo passo questo mio percorso isolano che tante emozioni mi ha dato e tanto mi ha invitato alla creazione fantastica e non. Vero è che da molto provo stima e simpatia nei tuoi confronti, fiducia e ammirazione, e pertanto ti ho considerato un po' un mio mentore.
    I tuoi commenti mi sono stati sempre utili e graditi...e oggi , con questo resoconto finale ,mi fai dono di una approvazione critica che apprezzo infinitamente . Ti sono sinceramente grata.
    Grazie!. Edda Conte.

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