Pagine

lunedì 1 maggio 2017

M. GRAZIA FERRARIS PREMIATA ALL'ASTROLABIO DI PISA

Giuseppe Viviani - Stralunati amorosi gemellaggi.
“Non sapevo che avessero tanti nascondigli le parole…”

Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade,
premiata
Aprile 2017: a Pisa, città di cultura, nella splendida sala delle Baleari del Comune, si è celebrato il  premio Astrolabio condotto dalla prof. Valeria Serofilli, presidente anche degli incontri culturali del caffè dell’Ussero; presente  l'Editrice Ibiskos Ulivieri, il direttore editoriale Alessandra Ulivieri, lo staff dell'Ussero, Astrolabio Cultura, il Lions Club Pisa Host,  l'Accademia dei Disuniti, l'Associazione la Rosa d'oro dell' arte di Firenze, giurati e … scrittori.
Tra le poesie premiate una – ed è la mia- dedicata al pittore Giuseppe Viviani, artista, incisore, di Marina di Pisa, Boccadarno, terra  di pescatori e di venditori ambulanti, dove il pittore  andava a caccia col suo immancabile fucile e i suoi amati cani, solitario e autodidatta, negli anni  Cinquanta del secolo ormai scorso. ..
G. Viviani era apparentemente un gigante, alto quasi un metro e novanta, sembrava sicuro di sé, forte e altero, invece era fragile, problematico, inquieto: si sentiva “scucito, sbranato da cima a riva come un maiale appeso al gancio…”: una vita in trincea, contro un nemico sempre in agguato, più interiore che esteriore. “Povero triste gigante da una lira…”.
Sono varesina, ed amo Pisa, -e non ci si meravigli- : esiste un gemellaggio ideale tra Pisa e Varese, realizzato dal romanziere  Piero Chiara, amico di Viviani; Chiara, con allora scarso bagaglio narrativo al seguito, perché il suo folgorante Il piatto piange, così come La spartizione, romanzi emblematici che lo consacrarono al successo,  furono scritti  solo nel ’62 e nel ’64, l’aveva incitato a raggiungere Varese, suo ospite, dove, grazie alla vicinanza di Milano avrebbe potuto incontrare finalmente un editore raffinato come  Giovanni Scheiwiller, che apprezzava l' incisore pisano fin dalla fine degli anni Venti. Anche quella con  Scheiwiller e poi con il figlio Vanni, fu infatti una amicizia corrisposta, ricambiata con  un ritratto, un disegno colorato: Giovanni Scheiwiller in bicicletta. La bicicletta è un oggetto familiare nei quadri di Viviani, così come il fucile e i cani, che dicono i gusti e le predilezioni del grande incisore. Onnipresenti, con quegli occhi grandi  umili e miti, così simili a quelli umani!

GIUSEPPE VIVIANI


P. Chiara e G.Viviani si sono frequentati, e anche scritti scambievolmente in modo confidente per lungo tempo, tra gli anni 1950 e 1964. Una lunga amicizia.
I cani sono i protagonisti dei lavori di Viviani. “Se fissi gli occhi dei cani- che chiamerei < fiori dell’anima> perché occhi si chiamano anche quelli degli uomini- è come fissare le stelle; ti senti più buono, ma anche mortificato; una infinita, serena dolcezza piena di mistero t’invade, ti stacca dalla terra….. scriverà nel ’59.  Conosceva l’uso spiazzante degli oggetti che rivelano  l’imprevisto, la poeticità nascosta che l’occhio dell’artista sa vedere.
Varese, città borghese per eccellenza, e forse la satira implicita nei racconti dell’amico Chiara, lo aveva giocosamente  ispirato. Il reale  perdeva  la sua crudeltà e diventava immagine visionaria, evasiva, fantastica ed onirica, ma anche conoscitiva, a suo modo serena, pacificante nella solitudine psicologica
Alla sua terra, oltre gli incantati dipinti e le incisioni, le acqueforti, le litografie, i disegni aveva dedicato anche frammenti lirici, dimostrando di possedere, tra le tante capacità artistiche, anche quella della parola poetica:
“Là dove placido trascorre il Serchio,/acque remote, brividi e luci, dell’Universo!
luoghi che ancora restano al mondo,/perché tristezza, almeno un angolo, abbia giocondo!
…acqua del Serchio, pallido umor delle Apuane,/ vento di terra, porta odor di pane e strame!”
Viviani possedeva istintivamente l’arte del racconto e della scrittura. Ce ne offre più prove, con racconti di grande eleganza come  La casa a ciminiera, La macchina da scrivere, Il premio letterario a Viareggio, …racconti che accompagnano le cartelle delle sue incisioni, così come saprà utilizzare la parola poetica nelle Poesie di Maria Malagrazia e riflettere sulla loro forza comunicativa:
“ Non sapevo che avessero tanti nascondigli le parole. Parole  che devi pigliare quelle che si nascondono di più, nel fondo, come i pesci che tiri su dagli abissi del mare. … ti folleggiano davanti, le vorresti prendere tutte e non ne afferri una. Quando sei pronto con la penna, sono sparite….  Le parole come i colori cambiano alla luce…sfuggono e non si prendono più.”  Il reale   perde la capacità  conoscitiva, a suo modo serena, pacificante nella solitudine psicologica.


Scriverà Viviani a conferma dell’amicizia con Chiara: “Non esagero se ti dico che i momenti migliori della mia vita sono stati quelli di Varese….- anche se viaggiare, muoversi fuori dal suo ambiente non è proprio l’ ambizione più sentita- perché… noi altri pisani ‘un semo fatti p’andà pel mondo a strapazzassi”.  Dopo il periodo varesino Viviani  ritrovò il suo paesaggio tosco-pisano e i suoi temi amati: i suoi umanissimi e dolcissimi cani, i suoi uccelli bianchi e sereni, i gabbiani, i fiori, le mammole incantate con occhi chiaroveggenti, i suoi personaggi versiliesi: il gelataio, il cocomeraio, i venditori ambulanti, i ciclisti, il vetturale…. La sua Viareggio gli sorride familiare, nonostante il caldo tentacolare e lo scirocco che fa perdere ogni forza. E a conferma di una ritrovata vigile serenità, l’autoritratto del ’64, poco prima della morte,  litografato con toni caldi, sapientemente calibrato.
Personalità originale, estroversa pur nella sua timidezza, che cerca perfino di definirsi in un autoritratto, in un’ autoepigrafe che merita di essere riportata:
"Giuseppe Viviani / Principe di Boccadarno / Professore titolare della / Cattedra dell' incisione /
Accademia Belle Arti / di Firenze / Commendatore della Repubblica/Motu proprio / Accademico residente / della Accademia del /disegno di Firenze …. Pittore / Incisore / Litografo /Scrittore / Poeta / e cacciatore / a tempo non-perso  perenne rompimento / di scatole".

A ricordo del personaggio e del premio, ecco la mia  poesia premiata:     
                                    
                                     








Le eterne favole di G. Viviani

Cani dagli occhi miti e partecipi
rossi, gialli, bigi, improbabili
come l’umore del capitano-re
riconosciuto e amato. Volatili,
uccelli bianchi, gabbiani marini
sulla foce del Serchio pisano.
Frutta erotica: fette rosse, angurie,
fichi maturi, sfatti, autunnali
castagne occhieggianti dall’irto riccio,
fiori surreali: calle, mammole
immote dai grandi occhi piangenti…
bicicletta, fucile immancabile
-stampelle, oggetti, dettagli, macerie-:
l’altra faccia della difficile vita,
dell’inquietudine dell’esistenza.
Il Principe di Boccadarno senza
Corona, con sudditi ambulanti,
penna facile, umori bizzarri
c’invita alle sue eterne favole:
aquiloni vaganti nel cielo blu,
messaggi d’improbabile poesia.  

M. Grazia Ferraris



 













3 commenti:

  1. Premio metritatissimo se si considera la versatilità di tale scrittrice; è sufficiente seguire il suo percorso su questo interessantissimo blog: poetessa, critico letterario, saggista, narratrice, osservatrice acuta delle vicende letterarie attuali. I miei più sinceri complimenti ad una autrice sempre attesa per i suoi intensi interventi.
    Prof. Angelo Bozzi

    RispondiElimina
  2. Mi complimento con Maria Grazia Ferraris. Nella sua poesia ("- stampelle, oggetti, dettagli, macerie - / l'altra faccia della difficile vita, / dell'inquietudine dell'esistenza") trovo descritta l'umanità terrestre e stralunata di un personaggio che io non conosco, ma che sento fortemente verace nel suo attaccamento alle cose, alla vita, e contemporaneamente al suo distacco da essa.
    Franco Campegiani

    RispondiElimina
  3. Ringrazio i miei partecipi “lettori”. G. Viviani è davvero un artista fuori dal comune. E direi si conosceva bene: “I miei, più che segni provenienti da un arsenale del passato, ove tanti, troppi, anche dei maggiori, hanno attinto furbescamente con intelligente occhio attraverso buona lente, son segni venuti al di fuori del lessico incisorio, sono note di una musica della mia anima di solitario cacciatore allontanato dagli uomini…. Voglio dire che tutto è mio, e il bagaglio che altri avevano io non conoscevo nemmeno, e le fonti me le son cercate da me nell’universo come sottili vene d’oro il cercatore affannoso e solitario- esso per catalogarsi dalla miseria, ove ormai il consorzio umano e il destino lo ha relegato; io per brama e bisogno di poesia”

    RispondiElimina