Giuseppe Viviani - Stralunati amorosi gemellaggi.
“Non sapevo che avessero tanti nascondigli le parole…”
Aprile
2017: a Pisa, città di cultura, nella splendida sala delle Baleari del Comune,
si è celebrato il premio Astrolabio
condotto dalla prof. Valeria Serofilli, presidente anche degli incontri culturali
del caffè dell’Ussero; presente
l'Editrice Ibiskos Ulivieri, il direttore editoriale Alessandra
Ulivieri, lo staff dell'Ussero, Astrolabio Cultura, il Lions Club Pisa Host, l'Accademia dei Disuniti, l'Associazione la
Rosa d'oro dell' arte di Firenze, giurati e … scrittori.
Tra le
poesie premiate una – ed è la mia- dedicata al pittore Giuseppe Viviani,
artista, incisore, di Marina di Pisa, Boccadarno, terra di pescatori e di venditori ambulanti, dove
il pittore andava a caccia col suo
immancabile fucile e i suoi amati cani, solitario e autodidatta, negli
anni Cinquanta del secolo ormai scorso. ..
G.
Viviani era apparentemente un gigante, alto quasi un metro e novanta, sembrava
sicuro di sé, forte e altero, invece era fragile, problematico, inquieto: si
sentiva “scucito, sbranato da cima a riva come un maiale appeso al gancio…”:
una vita in trincea, contro un nemico sempre in agguato, più interiore che
esteriore. “Povero triste gigante da una lira…”.
Sono
varesina, ed amo Pisa, -e non ci si meravigli- : esiste un gemellaggio ideale
tra Pisa e Varese, realizzato dal romanziere
Piero Chiara, amico di Viviani; Chiara, con allora scarso bagaglio
narrativo al seguito, perché il suo folgorante Il piatto piange, così come La
spartizione, romanzi emblematici che lo consacrarono al successo, furono scritti solo nel ’62 e nel ’64, l’aveva incitato a
raggiungere Varese, suo ospite, dove, grazie alla vicinanza di Milano avrebbe
potuto incontrare finalmente un editore raffinato come Giovanni Scheiwiller, che apprezzava l'
incisore pisano fin dalla fine degli anni Venti. Anche quella con Scheiwiller e poi con il figlio Vanni, fu
infatti una amicizia corrisposta, ricambiata con un ritratto, un disegno colorato: Giovanni Scheiwiller in bicicletta. La
bicicletta è un oggetto familiare nei quadri di Viviani, così come il fucile e
i cani, che dicono i gusti e le predilezioni del grande incisore. Onnipresenti,
con quegli occhi grandi umili e miti,
così simili a quelli umani!
GIUSEPPE VIVIANI |
P. Chiara e G.Viviani
si sono frequentati, e anche scritti scambievolmente in modo confidente per
lungo tempo, tra gli anni 1950 e 1964. Una lunga amicizia.
I cani
sono i protagonisti dei lavori di Viviani. “Se fissi gli occhi dei cani- che
chiamerei < fiori dell’anima> perché occhi si chiamano anche quelli degli
uomini- è come fissare le stelle; ti senti più buono, ma anche mortificato; una
infinita, serena dolcezza piena di mistero t’invade, ti stacca dalla terra…..
scriverà nel ’59. Conosceva l’uso
spiazzante degli oggetti che rivelano
l’imprevisto, la poeticità nascosta che l’occhio dell’artista sa vedere.
Varese,
città borghese per eccellenza, e forse la satira implicita nei racconti
dell’amico Chiara, lo aveva giocosamente
ispirato. Il reale perdeva la sua crudeltà e diventava immagine
visionaria, evasiva, fantastica ed onirica, ma anche conoscitiva, a suo modo
serena, pacificante nella solitudine psicologica
Alla
sua terra, oltre gli incantati dipinti e le incisioni, le acqueforti, le
litografie, i disegni aveva dedicato anche frammenti lirici, dimostrando di
possedere, tra le tante capacità artistiche, anche quella della parola poetica:
“Là
dove placido trascorre il Serchio,/acque remote, brividi e luci, dell’Universo!
luoghi
che ancora restano al mondo,/perché tristezza, almeno un angolo, abbia
giocondo!
…acqua
del Serchio, pallido umor delle Apuane,/ vento di terra, porta odor di pane e
strame!”
Viviani
possedeva istintivamente l’arte del racconto e della scrittura. Ce ne offre più
prove, con racconti di grande eleganza come
La casa a ciminiera, La macchina
da scrivere, Il premio letterario a Viareggio, …racconti che accompagnano
le cartelle delle sue incisioni, così come saprà utilizzare la parola poetica
nelle Poesie di Maria Malagrazia e riflettere sulla loro forza comunicativa:
“ Non
sapevo che avessero tanti nascondigli le parole. Parole che devi pigliare quelle che si nascondono di
più, nel fondo, come i pesci che tiri su dagli abissi del mare. … ti
folleggiano davanti, le vorresti prendere tutte e non ne afferri una. Quando
sei pronto con la penna, sono sparite….
Le parole come i colori cambiano alla luce…sfuggono e non si prendono
più.” Il reale perde la
capacità conoscitiva, a suo modo serena,
pacificante nella solitudine psicologica.
Scriverà
Viviani a conferma dell’amicizia con Chiara: “Non esagero se ti dico che i
momenti migliori della mia vita sono stati quelli di Varese….- anche se
viaggiare, muoversi fuori dal suo ambiente non è proprio l’ ambizione più
sentita- perché… noi altri pisani ‘un semo fatti p’andà pel mondo a
strapazzassi”. Dopo il periodo varesino
Viviani ritrovò il suo paesaggio
tosco-pisano e i suoi temi amati: i suoi umanissimi e dolcissimi cani, i suoi
uccelli bianchi e sereni, i gabbiani, i fiori, le mammole incantate con occhi
chiaroveggenti, i suoi personaggi versiliesi: il gelataio, il cocomeraio, i
venditori ambulanti, i ciclisti, il vetturale…. La sua Viareggio gli sorride
familiare, nonostante il caldo tentacolare e lo scirocco che fa perdere ogni
forza. E a conferma di una ritrovata vigile serenità, l’autoritratto del ’64,
poco prima della morte, litografato con
toni caldi, sapientemente calibrato.
Personalità
originale, estroversa pur nella sua timidezza, che cerca perfino di definirsi in
un autoritratto, in un’ autoepigrafe che merita di essere riportata:
"Giuseppe
Viviani / Principe di Boccadarno / Professore titolare della / Cattedra dell'
incisione /
Accademia
Belle Arti / di Firenze / Commendatore della Repubblica/Motu proprio / Accademico
residente / della Accademia del /disegno di Firenze …. Pittore / Incisore /
Litografo /Scrittore / Poeta / e cacciatore / a tempo non-perso perenne rompimento / di scatole".
A ricordo del
personaggio e del premio, ecco la mia
poesia premiata:
Le eterne favole di G. Viviani
Cani
dagli occhi miti e partecipi
rossi,
gialli, bigi, improbabili
come
l’umore del capitano-re
riconosciuto
e amato. Volatili,
uccelli
bianchi, gabbiani marini
sulla
foce del Serchio pisano.
Frutta
erotica: fette rosse, angurie,
fichi
maturi, sfatti, autunnali
castagne
occhieggianti dall’irto riccio,
fiori
surreali: calle, mammole
immote
dai grandi occhi piangenti…
bicicletta,
fucile immancabile
-stampelle,
oggetti, dettagli, macerie-:
l’altra
faccia della difficile vita,
dell’inquietudine
dell’esistenza.
Il
Principe di Boccadarno senza
Corona,
con sudditi ambulanti,
penna
facile, umori bizzarri
c’invita alle sue
eterne favole:
aquiloni
vaganti nel cielo blu,
messaggi
d’improbabile poesia.
M. Grazia Ferraris
M. Grazia Ferraris
Premio metritatissimo se si considera la versatilità di tale scrittrice; è sufficiente seguire il suo percorso su questo interessantissimo blog: poetessa, critico letterario, saggista, narratrice, osservatrice acuta delle vicende letterarie attuali. I miei più sinceri complimenti ad una autrice sempre attesa per i suoi intensi interventi.
RispondiEliminaProf. Angelo Bozzi
Mi complimento con Maria Grazia Ferraris. Nella sua poesia ("- stampelle, oggetti, dettagli, macerie - / l'altra faccia della difficile vita, / dell'inquietudine dell'esistenza") trovo descritta l'umanità terrestre e stralunata di un personaggio che io non conosco, ma che sento fortemente verace nel suo attaccamento alle cose, alla vita, e contemporaneamente al suo distacco da essa.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Ringrazio i miei partecipi “lettori”. G. Viviani è davvero un artista fuori dal comune. E direi si conosceva bene: “I miei, più che segni provenienti da un arsenale del passato, ove tanti, troppi, anche dei maggiori, hanno attinto furbescamente con intelligente occhio attraverso buona lente, son segni venuti al di fuori del lessico incisorio, sono note di una musica della mia anima di solitario cacciatore allontanato dagli uomini…. Voglio dire che tutto è mio, e il bagaglio che altri avevano io non conoscevo nemmeno, e le fonti me le son cercate da me nell’universo come sottili vene d’oro il cercatore affannoso e solitario- esso per catalogarsi dalla miseria, ove ormai il consorzio umano e il destino lo ha relegato; io per brama e bisogno di poesia”
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