Il
profumo della rosa
Quanto
breve il profumo della rosa!
Nelle
mani del vento,
nelle
fauci del sole è di già spento
nonostante
le guazze dei ricordi.
E tu
fiore di campo stavi fuori
dai
giorni delle rose, dai giardini dei fiori.
Ora è
vano sederti sulla piazza
alla
bruma soffusa dei lampioni;
sono
vuote le sere; senza mani
sul trepido rifiuto della gonna.
Gli incontri
non avranno più le ali
con
cui volavi avida di mari:
quei
mari in cui affogavi le tue pene,
che
rapivano ghiotti i tuoi sorrisi.
Inutilmente
ritorneranno
i giochi della luce,
i
passi di penombre a stuzzicare il cuore.
Quanto
breve il profumo della rosa,
il suo
bocciolo strinto da regina!
Dovevi
respirarlo sorridente
quando
sfidava il rosso dei tramonti.
Oramai
ossimorici
abbandoni dentro te:
ritornerai
abbracciata a una presenza
con in
seno il dolore dell’assenza.
Nazario Pardini
21/05/2017
21/05/2017
Lo scorrere irreparabile del tempo, la fuga degli anni, la precarietà della bellezza, lo stingersi della rosa, di ogni rosa, in senso letterale o traslato, assumono in questa poesia toni di accorato e suadente lirismo. Qui il gioco di rimbalzi che Nazario Pardini instaura tra la rosa e la figura femminile, evocata e rimpianta, assume i colori e le formule della malinconia, di una non esibita (anzi trattenuta) tristezza, della saggia e un po’ amara consapevolezza di chi ha fatto esperienza di quanto il tempo passato, la grazia giovanile e la felicità possibile, ma sprecata, siano assolutamente irrecuperabili : ” Quanto breve il profumo della rosa, / il suo bocciolo strinto da regina! / Dovevi respirarlo sorridente / quando sfidava il rosso dei tramonti”. Perciò -conclude il poeta- “ritornerai abbracciata a una presenza /con in seno il dolore dell’assenza”.
RispondiEliminaL’aspetto metrico della lirica rivela già dal secondo verso (un settenario che spezza il ritmo generato da un primo endecasillabo forse un po’ troppo fluido e cantabile) quanto Pardini sia guardingo e avvertito nei confronti di una facile musicalità e di scontate rotondità stilistiche: sicché a determinare nuovi movimenti, cadenze, scansioni e tempi provvedono, oltre al già citato settenario, un paio di alessandrini (“dai giorni delle rose, dai giardini dei fiori / ... i passi di penombre a stuzzicare il cuore”), un quinario, un ternario e, infine, un dodecasillabo tronco (“ossimorici abbandoni dentro te”) di rara e preziosa fattura metrica per via dell’ottonario e del quaternario tronco che lo compongono. Per non dire, sotto il profilo semantico, della carica allusiva, suggestiva e sottilmente erotica di quel “bocciolo strinto da regina” e di quel “senza mani /sul trepido rifiuto della gonna”.
Davvero questa poesia profuma di rosa. Della rosa regina.
Pasquale Balestriere
Grande commento!!! Vera intelligenza critica! Sottigliezza verbale! Intrusione poetica! Abbraccio semantico! Qui il Poeta Balestriere fa sua la composizione, la metabolizza, ridandola al sintagma con tutta la sua acribia intellettivo-emotiva. Un esempio di esegesi per tutti coloro che si accingono a confrontarsi con tale tipo di letteratura. Certamente non facile. Grazie, amico
RispondiEliminaNazario
La Rosa e la brevità della sua vita e della bellezza “nelle mani del vento”. La rosa e “il suo bocciolo strinto da regina!”, evocativo rimpianto, nel ricordo: “ Dovevi respirarlo sorridente/ quando sfidava il rosso dei tramonti.”
RispondiEliminaOgni parola è un mistero in quanto dice un universo. Chiama in causa letture, sentimenti, emozioni, congetture, abbandoni. Sicuramente una parola simbolo così usata ed abusata come la “rosa “ è una sfida per chi scrive, ma è proprio la ricerca del senso di questa ridondanza, il tentativo di evocare il fiore, il colore, il profumo, il nome utilizzando tutti gli "strumenti" poetici a disposizione, i suoni, le figure retoriche in relazione costitutiva con tutto l’universo, la caducità, la bellezza, la vita, la morte, la malinconia, l’unicità, il sole, la forma …che rendono il tema incapace di riposo…. È un richiamo a ogni rosa già sbocciata e fissata nel suo archetipo. Basta ricordare l’esempio, celeberrimo, di Gertrude Stein: dice semplicemente “Rosa è una rosa è una rosa è una rosa”, e sembra compia uno sforzo inutile. Eppure persino il più puro nominalismo deve aggiungere : stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus (la rosa antica resta solo nel nome, non abbiamo che nudi nomi) e Caproni poteva concludere: " Buttate pure via ogni opera in versi o in prosa/ Nessuno è mai riuscito a dire/ cos’è, nella sua essenza, una rosa.” Così con potente suggestione può concludere Pardini: “ritornerai abbracciata a una presenza/ con in seno il dolore dell’assenza.”
Mi sono dimenticata la firma: M.Grazia Ferraris
EliminaSaggezza, cultura, alta letteratura, sensibilità, mellis in verbo, profumi e colori, amori e sottrazioni, ossimorici abbandoni,Dovevi respirarlo sorridente quando sfidava il rosso dei tramonti: da un cuore che palpita e detta; che scrive ricamando la vita. Questo; tutto questo è Maria Grazia Ferraris.
RispondiEliminaGrazie
Nazario
Elimina
Sono commossa: io ringrazio delle incredibili emozioni che si muovono in me. M.G.Ferraris
EliminaPer una "Rosa" CANAPA risorge
RispondiEliminama ricompare con le ossa rotte.
Perché Nazario tanta nostalgia
di quel tempo che fu, perché negare
che anche questa età ha i propri fiori
se ci si sveglia lucidi e si scrive
talmente bene come hai fatto tu?
Tu speri, ma forse lei ha altri
che colmano le assenze
altri ricordi, altri intendimenti
a far fremere
se non la gonna, almeno almeno il cuore.
I tempi delle rose son trascorsi
per tutti noi, anche per Pasquale:
ora si è fatto serio ed analizza
con puntiglioso acume ogni tuo verso:
il metro, le scansioni, le celate
metafore e infine le allusioni.
Poco egli scrive in rime, non gli pare
di essere apprezzato lì abbastanza.
E invece
la poesia è la nostra sola linfa
che si nutre
di qualche fior di campo non raccolto.
CANAPA
Grazie, Carla, ineguagliabile musa, discepola di Orfeo, fattrice di canti e di memorie, di realtà cocenti, commoventi, o rallegranti. D'altronde ogni tema è poesia, e poesia per te è la vita, il suo fuggire rapido, la tua ironia, il tuo disincantato approdo. Sei grande!!!
RispondiEliminaUn abbraccio
Nazario
A CA e NA da PA
RispondiElimina(CANAPA)
Lasciati i campi ed il verde boschivo,
un po’ di pace trovo e allora scrivo.
Se vergo, cara Carla, pochi versi
non è perché la Musa mi sia avara
di gratificazioni. Ma astenersi
da orrendi carmi sparati a lupara
(cosa che spesso accade) sui lettori
mi pare degno d’un serio poeta.
Faccio così: quieto mi siedo fuori
sulle scale di casa, e lì in dieta
aspetto al varco -se passi- la Musa.
Prima o poi passerà. O, altrimenti,
io tacerò e sfuggirò all’accusa
d’essere scribacchino per dementi.
O voi, Nazario e Carla, miei poeti,
vi stimo molto. Rimanete auleti!
Pasquale Balestriere
Una poesia che diviene soffio di leggerezza come il profumo che invade i nostri sensi, e ci rapisce nel gioco dell’amore e delle emozioni.
RispondiEliminaE’ di nuovo maggio e nonostante tutto, tornano a fiorire le rose. Sui petali di questo magnifico fiore la brevità si veste con il fascino effimero dell’assenza e il poeta canta l’istante nel sogno dei ricordi.
Lo stile pardiniano qui si eleva con una squisita freschezza, fluida e armoniosa, che affascina l’ascolto dell’anima come in una romanza in cui trionfano malinconia, bellezza e amore.
Un abbraccio al poeta
Credo di aver esaurito ogni commento/apprezzamento sulla poesia del Prof. Pardini,pertanto non mi resta che dire, con quell'appiglio di meraviglia, che la poesia è semplicemente degna dell'autore. Pasqualino Cinnirella
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