Pagine

martedì 4 luglio 2017

UMBERTO CERIO: "LABIRINTI"

Carissimo Umberto,
che piacere rileggerti sull'isola con una poesia fedele al tuo stile; alle tue meditazioni filosofico-poetiche, dove il mito si fa energia simbolica per la concretizzazione delle inquietudini esistenziali. C'è tutta la questione dell'umano vivere: interrogativi senza soluzione, scorrere granuloso di una clessidra che ci vede fragili e impotenti, solitudine, saudade,  malinconia che, se controllata da un verbo capace ed espanso, fa bene al canto. Insomma il vero poièin, in tutta la sua potenza iconica, in tutta la sua euritmica soluzione sonora,con tutto il suo legame alla grande tradizione della nostra letteratura, con tutto un rinnovamento personale e creativo.


"... Non c’è solitudine al mondo
più profonda delle solitudini
vissute nella mente e nel cuore,
e nel sangue aggrumato nei deserti..."

Nazario



LABIRINTI
   ( al dio Apollo )

Umberto Cerio,
collaboratore di Lèucade



     Sei tra calanchi pietre e fiume
e non sai perché mai vivere
questa solitudine atroce
d’uomo prigioniero del futuro
e di altri destini e il dramma vivi
d’anima bianca d’innocenza
nel vento d’ombra del tramonto
tra ulivi abbandonati e querce secche
dove voce non è né risposta
né chiarità di mattini che traccia
sia del respiro della terra,
di sacrali parole di veggenti.

     Il nostro ritorno degli anni
più non è la vita dell’alba
e non gomitolo intatto del tempo.
O quando dormi il tuo sonno fatato
nel labirinto fragile dei fili
può tardare la tua tacita attesa
e perdersi tra nuovi labirinti?

     Sai tu dirmi, mio amico, o poeta,
dov’è l’infallibile magia
che nel gioioso labirinto
dell’infanzia al mattino ci riporti?
E tu, mia eterna nemica,
-mia implacabile clessidra-
che nella mente mi insegui
come pronto ragno a ghermire,
saprai aspettare paziente
che si frantumi il guscio senza fondo
al battito lento delle memorie?
  
E saprai scambiarti in anima azzurra
dove perdere il conto dei giorni
e bruciare nel vento della notte
ed ambra stillare nel mio crogiolo
dove si fonde terra e mare e cielo?

     Non c’è solitudine al mondo
più profonda delle solitudini
vissute nella mente e nel cuore,
e nel sangue aggrumato nei deserti.
O mio sapiente Apollo,
fammi del tuo oracolo sacra pianta
di sempiterno mirto
nell’inviolato tempio del silenzio.


Umberto Cerio

3 commenti:

  1. Carissimo Nazario,
    ti ringrazio per la tua densissima e sapida nota, non perché siamo e ci sentiamo amici, ma perché le tue parole, non mai superflue non casuali né superficiali, sanno sempre cogliere il senso del mio pensiero e del mio essere come nessuno e aggiungono significato e significante ai miei versi.
    Questa mia poesia, scritta anni addietro, voleva anche essere commento e risposta alla lunga e colta riflessione sulla poesia italiana del XX secolo, e sul suo destino futuro. Mi spiace, però che Marco dei Ferrari non veda futuro stabile e positivo nella poesia del secolo scorso e definitivamente anche, pare, nel XXI. Visione che si affaccia "irreversibilmente" -e inesorabilmente anche nella chiusa del suo approfondito intervento. Non salva nulla e nessuno. Veramente dobbiamo pensare che non ci sia più alcuna possibilità di creatività e dobbiamo arrenderci e sentirci "subordinati al dominio della razionalità tecnologica"? Sommessamente mi permetto di pensarla in modo diverso (è già apparso un mio articolo, su questo blog, dal titolo CREATIVITA') pur accettando l'esistenza del rischio insito nell'odierna realtà e del disinteresse per la poesia perfino di molte case editrici. Colpa anche di uno sperimentalismo d'assalto, senza regole e di "improvvisati poeti" (per usare un eufemismo!), come già notato da Carla Baroni.
    Ti ringrazio di nuovo, carissimo Nazario, anche per la tua solita e speciale ospitalità
    Umberto Cerio

    RispondiElimina
  2. Davvero molto bravo Umberto Cerio nell'intrecciare in questo componimento i molteplici e non sempre visibili fili che legano la vita alla poesia e la poesia alla vita. Sta qui, a mio vedere, la forza e la singolarità di "Labirinti", dove il titolo è -opportunamente- la parola-chiave di questo canto in cui dedalea è l’esistenza e dove il "tu" è, per ovvia conseguenza, rappresentato ora dal poeta, che si esplicita e si definisce nell'uomo d'oggi, ora dalla clessidra ( per significare il “fugit inreparabile tempus”), ora da Apollo ( per dire la sapienza della poesia): elementi -questi- che cospirano a sintetizzare un'esperienza (prima di tutto personale, poi universale) di bellezza e di dolore a cui si accede navigando i fiumi vorticosi della memoria o il più tranquillo mare del pensiero che cerca risposte forse impossibili.
    Pasquale Balestriere

    RispondiElimina
  3. Caro Umberto, leggo oggi questa meravigliosa pagina per la tua bell...ma poesia, per il tuo stesso appunto, per le due indiscudibili note del Prof. Pardini e del coamico Pasquale B. A telefono Ti dicevo tempo fa che sono innamorato della tua poesia, della poesia di Pasquale B., del Prof. Pardini, di U. Vicaretti,di pochi altri che leggo molto volentieri e con l'animo di sempre apprendere per evolvermi sempre più nel mio dire poetico. Tante volte mi sono chiesto il perchè e la risposta credo di averla avuta leggendo il Tuo commento alla mia I fOLLI VOLI del marzo scorso. Amo tale vosta poesia perchè c'è musica, passionalità, slancio emotivo,eros verbale in uno alla spontaneità del dettato poetico che in altri autori non facilmente riesco a carpire e pertanto rimango indifferente. La Tua LABIRINTI rispecchia la tua personalità di uomo di cultura, di saggezza, di uomo savio e profondo nei suoi interrogativi esistenziali, formulati con dettato poetico che è musica di parole che ti colpiscono dentro. La mia ammirazione più sincera. Pasqualino Cinnirella

    RispondiElimina