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martedì 10 ottobre 2017

PAOLO BASSANI: "ENIGMI E LEGGENDE"


Paolo Bassani,
collaboratore di Lèucade

ENIGMI E LEGGENDE
La lettera di frate Ilaro



Poiché sono affettivamente legato
al Monastero di Santa Croce del Corvo
ho ritrovato con piacere questo scritto
                                                          Paolo Bassani

I frati che stavano sull'uscio del convento camaldolese di Santa Croce del Corvo, sui monti presso la foce del Magra, videro un giorno giungere un pellegrino. Pallido e severo, il viaggiatore osservava le mura del convento; un monaco gli domandò che cosa cercasse, ma dovette ripetere due volte la domanda. Infine l'uomo distolse gli occhi dalla muraglia e rispose che cercava la pace. V'era qualcosa di strano, nello sguardo del pellegrino, e frate Ilaro senti il desiderio di conoscerlo piú a fondo. Lo fece entrare nel convento, si appartò con lui in parlatorio e seppe che l'uomo era un esule fiorentino, si chiamava Dante Alighieri, era in cammino per Parigi; seppe anche che era un poeta, e che aveva scritto un poema sul mondo ultraterreno.
Proseguendo nella conversazione, il monaco si conquistò d'acchito la fiducia dell'Alighieri, il quale gli affidò il manoscritto dell'Inferno che portava con sé pregandolo di volerlo consegnare a Uguccione della Faggiola, cui era sua intenzione dedicarlo. Cosa che il monaco puntualmente fece, accompagnando il manoscritto con una lettera che, oltre a descrivere l'episodio suddetto, commenta i versi della cantica e spiega perché il poema sia stato scritto in volgare e non in latino. La lettera di frate Ilaro è giunta fino a noi, tra le pagine di un antico codice dantesco. Sennonché il documento, che manco a dirlo fu studiato e ristudiato dai critici danteschi, è chiaramente un falso. Prima di tutto, in quel periodo (1308-1309) l'Inferno non poteva essere già finito, semmai era appena incominciato. E poi, Dante non avrebbe mai consegnato la sua opera, di cui conosceva il valore, ad un monaco qualunque; d'altro canto, non si vede perché, volendo recapitare il manoscritto a Uguccione, non abbia provveduto egli stesso prima di mettersi in viaggio. E se voleva davvero dedicare la cantica al condottiero ghibellino, perché lasciar l'incombenza al frate, senza scrivervi almeno un biglietto, una dedica di suo pugno? Quanto alle chiose esplicative di fra' Ilaro, le avrebbe egli scritte su invito di Dante? E come avrebbe potuto il poeta, proprio lui cosí fiero e scontroso, fidarsi non solo della lealtà, ma anche della preparazione culturale del frate sconosciuto? Caso mai, non sarebbe stato piú logico che commentasse egli stesso il suo poema? Non solo, ma il commento è indubbiamente opera di un erudito, risente di studi, confronti e meditazioni: come avrebbe potuto il povero frate improvvisarlo di punto in bianco, per mandarlo ad Uguccione?
È assai probabile che l'impostura sia stata architettata proprio per dare maggior credito a quel commento esplicativo dell'Inferno, che un ignoto autore, forse un frate Ilaro del Convento dì Santa Croce del Corvo, mise insieme con chissà quanti anni di diligente e acuto lavoro.




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