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martedì 17 ottobre 2017

PIO CIUFFARELLA: PRESENTA "RIBALTAMENTI" DI FRANCO CAMPEGIANI

<RIBALTAMENTI>

Democrazia dell’Archè e Assolutismi della dea Ragione
di Franco Campegiani
Presentazione per la Rassegna IPLAC - Enoteca Letteraria
Roma 14 ottobre 2017
Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucad
e

«Se Dio non c’è, tutto è possibile» quest’affermazione sintetizza l’atteggiamento etico nichilista, razionalista, di Ivan Karamazov, nel dialogo che egli ha col fratello Alëša, che introduce a “Il Grande Inquisitore”, dal famoso romanzo “I Fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij. “Il Grande Inquisitore” è una metafora inventata dallo stesso Ivan, ambientata nella Spagna ai tempi dell’Inquisizione, in cui si parla del ritorno di Cristo sulla terra dopo quindici secoli dalla morte. Gesù ricompare senza clamori, in incognito, ma è inspiegabilmente riconosciuto da tutti. Il popolo lo acclama di nuovo come salvatore; tuttavia, egli viene subito arrestato dal Grande Inquisitore, un attimo dopo aver resuscitato una bambina. Il Grande inquisitore si reca nelle prigioni dove è rinchiuso Cristo e gli comunica la sua condanna a morte, dichiarandolo colpevole di aver seminato disordine, ché il popolo non sa che farsene di una follia irrealizzabile come la libertà.  Il Grande Inquisitore spiega a Cristo che, per il quieto vivere, è necessaria un'autorità forte, quella appunto da lui rappresentata, capace di dare al popolo i suoi veri bisogni materiali, pretendendo obbedienza, in modo che sia realmente felice. L'Inquisitore termina il suo discorso comunicando al condannato che non lo teme, che la sua esecuzione avverrà l'indomani e che il popolo ne gioirà; attende poi una replica a quanto ha detto. Cristo rimane sempre in silenzio e, come unica risposta, si avvicina al vecchio Inquisitore e lo bacia sulle sue vecchie labbra esangui. « Il vecchio sussulta…va verso la porta, l'apre e gli dice: "Vattene e non venire più... mai più, mai più!" E lo lascia andare per le oscure vie della città ».
Questa lunga premessa, ispirata al genio letterario di Dostoevskij, è per sottolineare come in arte, oltre che in filosofia, in teologia ed in altri ambiti del pensiero, sia dibattuto e di scottante attualità il tema dell’allontanamento del sacro dalla coscienza dell’uomo. E’ la “morte di Dio”, annunciata da Nietzsche assieme alla fine delle illusioni metafisiche, che segna, di contro, la nascita del “superuomo”; ma, a mio avviso, la scomparsa del divino può essere ricondotta anche all’occultamento volontario della spiritualità che prende avvio con la rinuncia dell’individuo al dialogo interiore. L’essere umano, dietro la spinta del convenzionalismo e dell’omologazione, frutti della Rivoluzione Industriale, ha collocato la ragione su di un piedistallo di arrogante supremazia e quindi non parla più con il se stesso immateriale, non cerca più il contatto con l’irrazionale, con il proprio alter-ego, con il divino. Questo è uno dei temi focali di <Ribaltamenti>, il nuovo saggio filosofico di Franco Campegiani, che ho l’onore di presentare, insieme a Sandro Angelucci, in questa prestigiosa cornice firmata IPLAC ed Enoteca Letteraria. Proseguo con le parole dell’Autore:
<Ascoltare noi stessi significa contattare la nostra libertà, la nostra facoltà di essere quello che siamo secondo costituzione divina o cosmica. Certo, noi non potremo mai essere totalmente liberi, considerati gli ingombranti condizionamenti in cui viviamo, ma possiamo tendere verso quella libertà, superando le tentazioni del libero arbitrio che ci vuole schiavi di noi stessi. Scegliere secondo coscienza dunque. Ovvero scegliere l’essere che siamo, scegliere di non scegliere. E ciò, in fondo, accomuna l’uomo ad ogni altra creatura vivente la quale gli è inferiore perché non ha la possibilità di sperimentarsi come persona, ma gli è superiore in quanto non conosce le deviazioni della persona stessa, che spesso pensa alla libertà come affrancamento dalla propria natura>.
<Ribaltamenti> non è soltanto un testo letterario ma anche, e soprattutto, un’esperienza di vita, un percorso spirituale. Quest’opera di pensiero, originale, nasce dalla necessità dell'autore di realizzare se stesso attraverso un dialogo interiore mai interrotto, ostinato direi, alla ricerca del proprio pensiero profondo, puro, non contaminato dai convenzionalismi, libero dalle sovrastrutture sociali e culturali. Un impegno non da poco. Ma comprendere quelle regole, quei principi spirituali impressi dentro se stesso e riconoscerli in ogni individuo, come in ogni essere vivente, non basta: bisogna applicarle quelle norme. Infatti, qualsiasi pensiero per quanto illuminato e persuasivo, se non è seguito da un’azione corrispondente, un comportamento coerente, resta nel migliore dei casi un puro esercizio intellettualistico, dell’ottima ginnastica mentale, utile forse a superare blocchi psicologici, smarrimenti momentanei della ragione. Non è certo il caso di Campegiani, che per essere in linea con le proprie convinzioni, ha operato nella vita scelte non facili, come per esempio, negli anni settanta – quando la maggior parte dei giovani come lui abbandonava il lavoro dei campi per quello d’ufficio – egli contravvenendo ai consigli paterni, e non soltanto a quelli, rinunciò al posto in banca per andare a fare il viticoltore. Torniamo al testo.
Dunque la prima cosa che ci può colpire di <Ribaltamenti>, intendo dell'oggetto libro, è che si presenta come un volumetto snello, esteriormente simile a tanti, ma appena se ne inizia la lettura sorprende la densità dei contenuti, il rigore argomentativo, mitigato tuttavia da una rara grazia espositiva, che spesso si avvale dell'immagine poetica, della metafora, dell'ossimoro. Sono 170 pagine dense di riflessioni e suggestioni, quasi un compendio del pensiero dell'umanità, dalla notte dei tempi ai giorni nostri. Emerge il continuo confrontarsi di Campegiani con l’evoluzione, o involuzione, del pensiero più rappresentativo. Dell’epoca, o dell'argomento filosofico preso in esame - senza pregiudizi, con uno sguardo asciutto e neutrale, secondo un metodo originale d’indagine - ci restituisce un modello filosofico “visivo”, quasi tangibile, utilizzando una forma letteraria accessibile al pubblico più vasto. Con questo non voglio dire che la lettura di <Ribaltamenti> sia paragonabile a quella di un racconto, il libro è comunque un saggio di natura filosofica, che richiede un minimo di attenzione, di concentrazione, ma non esige, a mio avviso, particolari prerequisiti, è sufficiente la curiosità letteraria e “amare la comunicazione fine a se stessa ”, come scrive l’autore nell'esergo che anticipa la prefazione al testo. Soffermandoci attentamente su alcune pagine, riusciamo a distinguere una sorta di tracciato e mentre leggiamo all’improvviso compare una filigrana, la mappatura di un territorio attraverso il quale il lettore è libero di scegliere il percorso tematico maggiormente in linea con i propri interessi, siano essi  di natura sociologica, o antropologica, piuttosto che storica o filosofica.
Propongo alcune riflessioni dell’autore.
<Con la Rivoluzione Francese, innestata alla già fiorente rivoluzione industriale, prese avvio la morte del popolo, immolato sull’altare della società di massa dei tempi attuali. Dalla distinzione dell’uomo dalle cose durata in secoli, millenni di razionalismo, si arriva al novecento, all’irrazionalismo affermatosi in ogni ambito della cultura (ivi compreso l’ambito scientifico tecnologico). Dove l’intellettualismo dei secoli passati aveva fatto dell’uomo il despota del creato, il vitalismo contemporaneo è approdato a una sorta di reciproca fagocitazione. L’uomo ottiene il dominio del mondo a patto di rinunciare a se stesso e di lasciarsene sopraffare. E’iniziato così il processo di massificazione, dell’omologazione e del totalitarismo, la storia del pensiero unico sviluppatosi dai semi del razionalismo antico, che ha trovato nell’odierna globalizzazione la sua realizzazione ottimale. Il villaggio globale mette forzatamente l’una accanto all’altra le varie culture, si vengono così a creare situazioni di attrito che spesso sfociano in azioni violente>.
Prosegue Campegiani:
<La relativizzazione dei valori cancella ogni illusione sulla possibilità di trovare punti di riferimento assoluti nel piano orizzontale della cultura. Questa consapevolezza dovrebbe spingere l’individuo verso l’analisi interiore, verticalmente tesa alla ricerca di valori assoluti dentro se stessi, anziché nell’esteriorità.
L’individuo non è una monade, in altre parole un’unità indistinta della massa umana, è un soggetto, ma anche oggetto, di esperienze, di relazioni, a partire però dalla relazione con se stesso. Se salta questo primo anello, salta tutta intera la catena relazionale e i contatti sociali si fanno inautentici>. Così dicendo l’Autore ci mette in guardia dal pericolo di noi stessi.
Gianni Vattimo, in accordo con altri autorevoli filosofi contemporanei, ha configurato il cosiddetto pensiero debole nel quale viviamo, in virtù dei suoi caratteri elastici, dinamici e liberi dai punti fermi del moralismo antico, in alternativa al pensiero forte e dogmatico che per secoli o millenni ha dominato nelle culture umane. In questo contesto s’inserisce la scomparsa di Dio, riallacciandomi a quanto detto in apertura. La fuoriuscita del sacro dall’umanità, è un argomento di cui è imbevuta la cultura contemporanea e sul quale Dostoevskij si è soffermato più volte, ma senza scomodare ulteriormente il grande scrittore russo, più vicino a noi troviamo Pasolini che descrisse lucidamente le cause della desacralizzazione e ne profetizzò gli effetti. L’uomo ha abbandonato il sacro, o meglio, ha spostato il proprio interesse da ciò che riteneva un tempo essere il sacro – valori come la religione, la natura, la famiglia, il rispetto dell’altro, la parola data, eccetera – dirottando questo sentimento verso il denaro, la scienza, la tecnologia. Ma il sacro non ha mai abbandonato l’umano, siamo noi che l’abbiamo ricacciato nei più profondi recessi della nostra anima, come fosse un elemento da estirpare, da rimuovere, perché ci chiede di fare cose sproporzionate alle nostre capacità, ci chiede di metterci continuamente in gioco, ci chiede di essere liberi, ci chiede di esporci anche a rischio della nostra incolumità.  Ci chiede di essere umani, ma per la maggior parte di noi questo è troppo.
<…dobbiamo iniziare da noi stessi, cercando la nostra essenza, quel pensiero che ci pensa, dal quale siamo pensati e che è, in fondo, il nostro stesso pensiero extracorporeo, sovra-razionale, al di fuori degli schemi, diverso dal pensiero che noi pensiamo e che scaturisce da noi, dalla nostra scatola cranica, eminentemente razionale, plagiata dai pregiudizi e dalle sovrastrutture culturali>.
Le ricerca scientifica contemporanea ci rivela dettagli sconcertanti della natura, spesso molto lontani dalla reale esperienza del quotidiano, che credo siano utili per capire anche fenomeni come la comunicazione tra se stessi e il proprio alter-ego, ovvero il rapportarsi del cervello materiale con la nostra natura spirituale, immateriale, pura energia. Per esempio: dalla teoria della relatività di Albert Einstein apprendiamo che tempo spazio e gravitazione non hanno un’esistenza separata, vale a dire che stanno in relazione tra di loro, quindi, il tempo, per esempio, non ha un valore assoluto. Ancora: “Gli oggetti in movimento creano increspature dello spazio-tempo, ossia onde gravitazionali.  Richard Feynman, premio Nobel nel 1965 per la Fisica dello sviluppo della teoria dell’elettrodinamica quantistica (QED), dopo numerosi esperimenti nei quali particelle subatomiche percorrevano lo spazio procedendo avanti e indietro nel tempo, dichiarò che “la meccanica quantistica descrive la natura come qualcosa di assurdo per il senso comune”.  In base alla ultime scoperte della fisica quantistica e delle neuroscienze, alcuni ricercatori sono giunti a postulare l’esistenza di un nucleo di energia, una forza originale e individualizzata, esterna alla materia cerebrale (quel pensiero che ci pensa)“…omissis… che influisce notevolmente sul mantenimento della salute e sullo svolgimento del programma di vita”…dalla quarta di copertina del saggio “La dimensione onto-psiscosomatica” di Francesco Facchini psicologo-psicoterapeuta, Armando Editore 2005.
Concludo con questo breve brano tratto fa una recente comunicazione di Mario Silvestrini, con il proprio alter-ego.L'eco è l'alter ego. Questo dovrebbe l'atomo incarnato ascoltare. Mettersi in aperta campagna, urlare e risentirsi. Questo è l'alter ego, una riflessione immediata, simultanea. Ecco che la mente si apre, si dona ai raggi del sole, alla campagna, al profumo dei fiori, al canto del gallo, al fischio dei merli. Un'esplosione di allegria, di gioia, che l'atomo in quel momento, nella sua esaltazione vera, scaglia al centro dell'Universo. Ed ecco che Madre Terra, gioiosa come mamma, si commuove nel vedere questo suo figlio ricoprirsi di lussureggiante verde mentale”.
  
Pio Ciuffarella









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