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domenica 31 dicembre 2017

M. V. FIORELLI E A. MAGNANI: "RACCONTI E FIABE DI NATALE"



Vi presentiamo la nuova opera di Maria Vittoria Fiorelli e Alda Magnani: Racconti e fiabe di Natale. Una avventura letteraria con cui le due scrittrici ci propongono dei deliziosi quadri incastonati nei santi giorni di questo Natale: 22 fiabe, 11 di Maria e 11 di Alda: le prime 11 impreziosite da illustrazioni di Maria Chiara Mossini; le altre dalla creatività vulcanica di Alda Magnani. Tematiche che, adatte per grandi e piccoli,  ripescano valori e principi un po’ dimenticati in questo mondo convulso.
Fiabe che si sciolgono in un percorso narrativo avvincente e convincente: una chiama l’altra con personaggi di fantasia ma che tanto si avvicinano a situazioni reali. Fa veramente bene all’anima la lettura di questo libro: riposa la mente e invita a pensare, a riflettere sul rapporto tra fantasia e quotidianità. La piccola Ester, La collana di semi, Storia di un asinello eccezionale, Natale a Borobò, Nello angioletto birichino, Il Natale del miracolo, Realtà o sogno?, I piatti blu, Notte di Natale, Pranzo di Natale, sono le fiabe della Fiorelli.
Natale ieri e oggi, Dall’Antartide a Betlemme, Il mulino della Vergine, L’incredibile notte di un povero asinello, Il Natale di trenta orfanelli, La danza della salvezza, Natale in città, Il treno è arrivato, Villa benedetta, L’ultimo Natale, La pienezza dei tempi, quelle della  Magnani.

Uno stralcio della prefazione di Camillo Bacchini:

Maria Vittoria Fiorelli e Alda Magnani scrivono dunque queste pagine per grandi e piccini, e le scrivono a quattro mani, segno d’un sodalizio di scrittura che proviene da lontano.
Fiabe, eppure in questi racconti la fantasia e la fede – ma direi più la seconda che la prima – tendono a trasfigurare il genere, facendogli perdere la bussola e, per così dire, destrutturandolo.
Com’è noto, la fiaba ha un suo funzionamento intrinseco, i suoi leitmotiv e i suoi luoghi di riconoscimento. Se è facile perdersi nel bosco, difficile è perdersi, soprattutto allo stato degli studi attuali, nella struttura del racconto fiabesco, con i suoi schemi ricorrenti, i suoi percorsi carsici – e pur ben segnati e mappati dagli interpreti – attraverso e lungo le strade
delle culture popolare e letteraria: gli strumenti per orientarsi ci sono tutti e così, una fiaba, per quanto rivisitata o scritta ex novo, è facilmente riconoscibile in quanto tale. Ebbene, qui,
direi piuttosto che siamo di fronte a un tipo racconto diverso, che attinge sì ad alcune tradizioni della fiaba – come del resto attinge alla favola morale – ma che nello stesso tempo
vuol prendere un più autonomo percorso. Certo, gli animali parlano, c’è il senso del magico, ci sono esseri fantastici, come l’uccello d’oro, c’è l’allontanamento da casa, l’attraversamento di un luogo ostile metafora del possibile, e, via via, lungo un certo e assai diffuso cliché fiabesco, sino al lieto fine. C’è pure l’idea del percorso di edificazione del personaggio. Tuttavia, qualcosa non torna: il magico lascia posto al miracoloso, i personaggi e le loro storie sono riconducibili non in piccola parte alle sacre scritture, cui spesso alludono…

A voi la lettura della prima fiaba del testo

La piccola Ester

Viveva in Palestina, più di duemila anni fa, un gruppo di pastori. Ogni tanto questi uomini semplici si radunavano, con famiglie e greggi, per qualche occasione speciale o importante, ora in un luogo ora in un altro.
Abdia era uno di loro. Gli fecero una grande festa quando sposò Debora e anche quando nacque Ester, la loro primogenita.
Presto la gioia per questa nascita si tramutò purtroppo in lacrime.
Passavano i giorni, i mesi e la piccola mostrava sempre più evidenti le sue numerose malformazioni. Si sarebbe detto però che le doti intellettive fossero inversamente proporzionali alle imperfezioni del corpo. Poiché, in genere, tutti sono più amanti delle apparenze che della sostanza, coloro che l’avvicinavano erano più colpiti dai suoi difetti che dalle sue doti.
All’inizio, diversi pastori avevano detto ai due giovani sposi: “Abbiate pazienza!... Il tempo riuscirà a sistemare molte cose”.
Anche le donne, mogli e madri, sciorinarono esempi a non finire, pur sapendo in cuor loro che poco o nulla sarebbe potuto cambiare nel povero corpicino di Ester.
Erano evidenti lo strabismo, l’assenza di denti nella sua bocca storta, svariate anomalie scheletriche. Le gambette, esili, arcuate e di diversa lunghezza non riuscivano a sostenere quel corpicino così ibrido. Tutte le prove compiute al momento opportuno per farle tentare i primi passi, non produssero l’effetto desiderato.
Ora Ester viveva sdraiata su un vello di pecora o accoccolata fra le braccia dell’uno o dell’altro dei suoi genitori. Spesso se la passavano a vicenda come se fosse un oggetto qualsiasi, non per mancanza di amore, ma perché ormai abituati a un certo automatismo, dal momento che in famiglia non c’era nessun altro cui affidarla.
Tutto questo avveniva perché era accaduto qualche cosa di peggio.
Come in tutti i tempi, anche duemila anni fa, prosperavano le malelingue. I segreti passavano da una bocca all’altra a velocità supersonica. Uno dei pastori aveva insinuato segretamente a un amico la probabile causa dei tanti malanni di Ester: “Chissà mai che peccati avranno fatto quei due perché Dio li abbia castigati mandando loro una figlia così brutta e ammalata!”, ma aveva dimenticato di sottolineare quanto l’intelligenza di Ester fosse più sveglia e pronta rispetto a quella di tante sue coetanee.
L’allusione fece presto il giro dei vari clan. Piano piano, con le motivazioni più disparate, si finì per isolare l’intera famiglia di Abdia e i tre rimasero praticamente soli ad affrontare ogni giorno i loro gravi problemi. Ovviamente nessuno voleva contaminarsi a contatto della loro presunta malvagità.
Quelle povere creature ne soffrirono molto. Non capivano il comportamento che gli altri tenevano nei loro confronti. Anche se soli e lontani dai loro simili, continuarono ad amarsi.
Ora Ester aveva compiuto tre anni.
Una notte in cielo non ci furono soltanto la luna e le stelle. In un batter d’occhio, la volta celeste si riempì di luce e di caotiche schiere di Angeli osannanti. Con parole, canti e musica, annunciarono a tutti i pastori, compresi Abdia e Debora, che era nato il Messia, si trovava a Betlemme e lì avrebbero dovuto recarsi per adorarlo. I due poveri sposi obbedirono subito e la pace cantata dagli Angeli riempì i loro cuori.
Abdia, che badava alle pecore, e Debora, che teneva fra le sue braccia Ester ancora addormentata, dopo un breve cammino solitario, si ritrovarono con il gruppo. Si accodarono timidamente.
Nessuno osò respingerli o fare commenti. Molti anzi pensarono che non fossero castigati da Dio, se il messaggero celeste era apparso anche a loro. Qualcuno cominciò a supporre di avere sbagliato giudicandoli male.
Nessuno tuttavia avrebbe potuto immaginare i pensieri di Debora, che, decisa a trarre vantaggio dalla nascita del Salvatore, diceva tra sé e sé:
“Prenderò fra le mie braccia il neonato Messia, gli chiederò di donare a queste mie povere braccia tanta forza per far guarire Ester. Sono certa che mi esaudirà”.
Giunsero presto alla stalla. Era piena di luce e circondata da Angeli festanti.
Debora, tutta presa dal suo progetto, fece un gesto che ormai le era abituale, affidò Ester a chi l’affiancava, certa che si trattasse di Abdia. Era invece la Madre del Messia. Maria, appena ebbe visto la piccola, fu presa da grande commozione. Lei, obbediente in tutto a Dio, seppe subito cosa avrebbe dovuto fare. Si sedette su uno sgabello di quelli usati di solito dai mungitori e mise Ester sulle sue ginocchia. Mentre pregava suo Figlio, accarezzava la piccola con tanto affetto materno.
Le sue mani scivolarono lievemente dal capo sul volto, sul collo e su tutte le parti di quel povero corpicino malformato. A quel passaggio, tutti gli organi della piccina recuperarono la loro armonia.
Ester, ormai sveglia, godeva intensamente di quelle carezze.
Sentiva che tutte le sue membra diventavano nuove e forti.
Debora intanto aveva atteso pazientemente il suo turno per potersi avvicinare alla mangiatoia in cui era adagiato Gesù.
Maria mise in terra la bambina e le prese la mano per ricondurla dai suoi genitori. Dovettero attendere un attimo.
Dall’altra parte della stalla c’era stranamente un po’ di trambusto.
Debora, sicura di aver affidato Ester al marito, era andata da lui per riprenderla. Abdia garantiva di non avere mai ricevuto la figlia fra le sue braccia e i vicini ne davano conferma.
La disperazione di Debora fu enorme, ma di breve durata.
Qualcuno le toccò una spalla e l’obbligò a voltarsi. Allo sconcerto iniziale, poiché non conosceva la donna né la bimba che teneva per mano, seguì il suo grido di gioiosa meraviglia. Ester, rinata, anche se ancora un po’ traballante sulle gambette esili, fece una breve corsa per gettarsi fra le braccia materne.
Alla gioia si unirono le lacrime di liberazione non solo della madre, ma anche di Abdia e dei presenti alla scena.
La voce forte e sicura di Abdia superò il brusio delle voci umane e del belato degli animali. Esclamò: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Gloria, gloria all’Altissimo!”
Un coro unanime rispose: “Amen!”






sabato 30 dicembre 2017

ESTER CECERE LEGGE: "CRONACA DI UN SOGGIORNO" DI N. PARDINI


Ester Cecere,
collaboratrice di Lèucade


Già il titolo di questa nuova raccolta poetica di Nazario Pardini è emblematico: “Cronaca di un soggiorno”. E cos’è questo soggiorno se non la nostra vita terrena che, come un qualunque soggiorno, è transitorio? E l’Autore individua in questo suo vivere particolari momenti e stati d’animo. Ecco che quindi compare il rimpianto, costantemente in agguato, per occasioni perdute per sempre e irrecuperabili, per una “rosa che non si è colta” nel pieno del suo rigoglio, perché, si sa, la gioventù, a volte, rende superficiali:

“Quanto breve il profumo della rosa,
il suo bocciolo strinto da regina!
Dovevi respirarlo sorridente
quando sfidava il rosso dei tramonti.”


Ma egli non vuole fermarsi allo sterile rimpianto e, guardandosi intorno, intravede e recupera i momenti “veri” della sua vita, quelli per cui vale la pena averla vissuta! E dall’alto della sua maturità, della sua pienezza di vita scrive:

“E più ti riconosci,
non ti ritrovi più oltre gli affanni;
sei ospite di terre in mezzo al mare
lontano dai rumori della vita”


perché la vita non è solo affanno, alienante quotidianità, stressanti incombenze, la vita è “ luce, è sinfonia, è fragranze”; la vita è comunione con la Natura, per colui che ha occhi per vedere la sua magnificenza, e di conseguenza, con Colui di cui la Natura è immagine.
E dopo il lungo cammino percorso durante il suo “soggiorno, l’Autore approda alla sua “isola” e vi si stabilisce. E’ una piccola terra dove egli ritrova se stesso, dove è al riparo dagli affanni e dai rumori della vita, dove può godere di:

“Spiagge lucenti,
dune di mirti, cisti e di ginepri,
carezzati da mani trasparenti,
foci di fiumi puri e cristallini
dove si aggirano uomini cólti
di nudità di spirito con donne
amanti dell’amore”


dove “vive la tanto sospirata verità”.

Non è stato facile, per l’Autore, raggiungere questa “isola-verità”, ché la navigazione durante il soggiorno è per tutti ardua:

Come ci arrivai?
Sopra una barca effimera e precaria
contro venti nemici che la spinsero
su scogli crudi e aguzzi. Mi aggrappai
ad un asse scampato al naufragio:
una tavola rósa dai salmastri.”
 


Ma egli ci è giunto, alfine, e ce lo comunica con una splendida allegoria, gioiosa, che invita alla riflessione, alla speranza, a guardarci intorno e dentro, cercando quello per cui vale la pena di portare avanti il nostro “soggiorno” e giungere alla “nostra isola-verità”.
E’ un invito e un augurio al tempo stesso! E io ti ringrazio dal profondo del cuore! Quanto ancora mi insegni, non solo relativamente alla “poesia”, Nazario!

Ester Cecere



RODOLFO LETTORE: " LINKS DI POESIE"

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DONATELLA ZANELLO: "LABORATORIO DI POESIA"

Donatella Zanello, con gli Auguri di Buon Anno e di ogni bene, ha inviato i disegni e le foto dell'Istituto Comprensivo di Monzone in Lunigiana dove si è recata per un bellissimo Laboratorio di Poesia!










mercoledì 27 dicembre 2017

CARLA BARONI: "IL NUOVO PRESEPE"



Carla Baroni,
collaboratrice di Lèucade


Il nuovo Presepe






Un giorno di dicembre come gli altri
per questa nave di diseredati
che sta solcando il mare alla ricerca
della terra promessa. Ma è Natale
e un bimbo nero è nato nella stiva
con la voglia di vivere e sognare.
Non ci son stelle in cielo, non c'è un Angelo
che indichi la via, non ci son Magi
che portino dei doni al nuovo nato.
C'è l'esercito triste dei migranti
che si contende l'acqua e un po' di pane
e forse adesso non sa più pregare
quel Dio che sembra sia così lontano.
Qualcuno muore col rosario antico
delle giaculatorie dei compagni
senza avere una tomba ma il fluttuare,
quasi nemico, d'alghe e di conchiglie
e l'aguzzo scontrarsi coi coralli.
Qualcuno muore con negli occhi ancora
le pannocchie fiorite dei bambù,
la capanna a raggiera e il pellicano
sopra il tetto di casa e della fine
di questo viaggio oscuro di frontiera
nessuno che lasciò avrà riscontro
e sarà attesa, scrigno di memorie
già presto logorate dall'esistere.
Ma un bimbo nero è nato nella stiva
tra i rifiuti e l'afrore di quei corpi
che van lottando per un nuovo sole;
ed è speranza, è segno che il Signore
ha su di loro il proprio sguardo posto.





                                         

CONCORSO DI POESIA: "AMORE.PAROLE DAL CUORE"

Sono ad invitarvi, cari amici, a questo concorso, che mi onora d'aver scelto il sottoscritto, quale presidente di giuria.
Maurizio Donte

REGOLAMENTO

L'associazione Culturale Ulmeta con il patrocinio del Comune di Ormea  ( Cuneo) promuove il I Concorso di Poesia a tema imposto : 
"Amore.parole dal Cuore" .

Il Concorso è rivolto a chiunque abbia compiuto il 18° anno di età.
Le opere possono essere edite o inedite in lingua italiana ed eventualmente premiate in altri concorsi. Ogni concorrente ha la facoltà di presentare una sola poesia non superiore ai trenta versi.
L'iscrizione al Concorso non prevede versamento di somme di denaro. L'invito di partecipazione allo stesso e alla premiazione non impegna l'organizzazione a rimborsi spese e a obblighi di qualsiasi genere e natura nei confronti dei concorrenti.
Saranno assegnati tre premi alle prime tre opere. I premi consisteranno in diplomi d'onore e libri sulla cultura locale. Le prime tre opere saranno pubblicate sulla seconda edizione del volume edito dall'Associazione Culturale Ulmeta.
Saranno, inoltre, segnalate cinque poesie di altrettanti autori.
Le poesie premiate e segnalate verranno lette nel corso della manifestazione di San Valentino in programma ad Ormea dal 14 al 18 febbraio 2018.
Verrà inoltre rilasciato attestato di partecipazione alle poesie fuori concorso riservate ai ragazzi di età inferiore ai 18 anni.
La giuria sarà composta da:

- Donte Maurizio -  Presidente

- Mao Chris - Vicepresidente

- Acquarone Franca

- Basso Clarice

- Michelis Marco

- Pesce Gabriella

membri di comprovata competenza in materia. 
Il giudizio della giuria è inappellabile e insindacabile.
Le poesie concorrenti dovranno pervenire esclusivamente via mail in formato PDF senza nessuna indicazione riguardante l'autore, al seguente indirizzo di posta elettronica: associazione.ulmeta@gmail.com entro e non oltre il 28 gennaio 2018. 
I concorrenti devono allegare alla mail la scheda di partecipazione unitamente alla dichiarazione che l'opera è frutto del proprio ingegno e l'autorizzazione al trattamento dei dati personali. 
I Poeti premiati verranno preventivamente avvisati a cura della Segreteria
La premiazione avrà luogo 18 febbraio 2018  alle ore  16,30 presso la Sede dell'Associazione Ulmeta
Per la buona immagine del premio, i poeti classificati e segnalati sono pregati di presenziare alla cerimonia di premiazione. Non verranno effettuate spedizioni a domicilio, né consegne al di fuori della cerimonia di premiazione.
La partecipazione al Concorso implica, ovviamente,  l'accettazione di tutte le clausole del presente regolamento.

Scheda di partecipazione al Concorso “Amore.parole dal Cuore”
(da compilare in ogni sua parte ed allegare allelaborato che va inviato
a mezzo mail allindirizzo indicato sul Bando del concorso)
Io sottoscritto/a:

Cognome:..................................................................................... Nome:..........................................................
Nato il:......................................................a:.......................................................................................... Residente in via:...........................................................................n°:........Città:...............................................................................Provincia:................. CAP:..........................Codice Fiscale:.....................................................................................
Recapito telefonico................................................
Email:............................................................................................................................................................................
Partecipo al Concorso“Amore.parole dal Cuore”

Allego uno'pera di Poesia della lunghezza massima richiesta dal Regolamento del concorso
Dichiaro che l'opera è frutto della mia fantasia
Dichiaro di accettare il giudizio insindacabile della Giuria
Accetto il regolamento del Concorso di cui ho preso visione, dichiaro che l'opera presentata è frutto del mio ingegno ed autorizzo al trattamento dei miei dati personali ai sensi della legge di cui sotto

Firma  leggibile

In relazione agli artt. 13 e 23 del D.Lg n. 196/2003 recanti disposizioni a tutela delle persone ed altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, Vi informiamo che i Vs. dati anagrafici, personali ed identificativi saranno inseriti e registrati nellarchivio dellassociazione Culturale Ulmeta  ed utilizzati esclusivamente ai fini inerenti il concorso. I dati dei partecipanti non verranno comunicati o diffusi a terzi. Linteressato potrà esercitare tutti i diritti di cui allart. 7 del D.lgs 196/2003 e potrà richiederne gratuitamente la cancellazione o la modifica scrivendo al «Responsabile del trattamento dei dati personali”
Identificato con il Presidente Associazione Ulmeta.




EMANUELE MARCUCCIO: "INGÓLF ARNARSON"

Comunicato Stampa

«[Q]uesto ho voluto fare scrivendo il dramma: sognare e perdermi nella meraviglia di una storia d’amore e morte, di guerra e di pace, di luce e di tenebre, di sogno e di libertà. Una terra, in una dimensione parallela e contemporanea al periodo storico, assolutamente verosimili.»
Emanuele Marcuccio, dalla nota di Introduzione, p. 23.

È uscito il 28 agosto 2017, Ingólf Arnarson - Dramma epico in versi liberi. Un Prologo e cinque atti, ampia opera poetica e teatrale di ambientazione islandese del palermitano Emanuele Marcuccio per i tipi della marchigiana Le Mezzelane Casa Editrice. Il libro raccoglie un vasto lavoro iniziato nel maggio 1990 e terminato nell’aprile 2016. Per un totale di 2380 versi con un lavoro di ben diciannove anni escludendo i sette complessivi di interruzione.
Il volume di 188 pagine riporta in copertina un particolare dell’opera “Oltre le apparenze” della pittrice Alberta Marchi e si apre con una nota di Introduzione a cura dell’autore, prosegue con una Prefazione a cura del critico letterario Lorenzo Spurio e termina con una Postfazione a cura del critico letterario Lucia Bonanni (“Una introduzione alla drammaturgia dell’Ingólf Arnarson”)[1]. Impreziosisce il tutto una Nota storica a cura di Marcello Meli (ordinario di Filologia germanica presso l’università di Padova) e una Quarta di copertina a cura del critico letterario Francesca Luzzio.
Scrive Marcuccio nella nota di Introduzione: «La poesia fa parte del mio essere, la prosa non è nelle mie corde (preferisco leggerla), non riuscirei mai a scrivere un racconto né un romanzo. Ho scelto quindi il teatro e un dramma in versi liberi per cercare di esprimere la mia vena narrativa e, al contempo, continuare a cercare di esprimere la poesia che il cuore mi detta, cesellando il verso, sempre alla ricerca della migliore musicalità e fluidità nel ritmo, nella cadenza e alla lettura. Versi liberi e non certo anarchici, versi di varia lunghezza, sorretti da una diversa metrica, costituita non dal numero delle sillabe o dalla rima, ma da assonanze, consonanze, figure di suono e dalle necessarie figure retoriche. Con tutto il rispetto per i grandi poeti della nostra letteratura, i quali, fino all’Ottocento hanno fatto largo uso di metrica quantitativa, al punto da comprendere che il suo impiego non era più necessario.» (p. 21)
Scrive Lorenzo Spurio nella Prefazione: «Il dramma di Marcuccio tratta con originalità e chiarezza di linguaggio molti topos dell’epica germanica: i riferimenti ai combattimenti, al cozzar di spade, all’importanza della fama e della gloria; l’impiego di prove per testare la valorosità dell’eroe; la credenza e l’invocazione del fato, spesso personificato, il tema del tesoro e il motivo del viaggio in terra straniera. Essendomi occupato di fatalismo germanico, devo riconoscere che nell’opera di Marcuccio il destino non è un semplice concetto, un’idea, ma viene caricato di un significato proprio facendo di esso quasi un personaggio. Fato, destino, sorte, fortuna sono concetti che derivano dall’antico inglese wyrd, spesso personificato dalle Norne, che si riferisce a una cultura precristiana, pagana. A tutto ciò Marcuccio aggiunge elementi che rimandano alla conversione dell’Islanda al cristianesimo: la presenza di un monastero e di monaci, l’influenza celtica, la presenza di croci che viene, quindi, a rappresentare una fase successiva di sviluppo politico-sociale-economico della vita dell’Islanda di epoca norrena.
Tuttavia ciò che Marcuccio narra non è solo un racconto epico, è molto di più. È evidente, infatti, la potenza del lirismo, soprattutto in alcuni momenti, come nella scena d’amore tra Sigurdh e Halldóra e, allo stesso tempo, di una certa vicinanza alla cultura popolare con riscontrabili cadenze e dialettismi che rendono particolarmente significativo e vivo il testo, sottolineando quanto sia importante la componente orale nella trasmissione della cultura.» (pp. 30-31)
Scrive Lucia Bonanni nella Postfazione: «[I]n un’opera teatrale quando è il momento giusto per alzare il sipario? A quale scena affidare il punto d’attacco? [...] Quello che delinea Marcuccio nel suo dramma in versi, è un valido e imponente punto d’attacco che fin dall’inizio lascia intendere che la tensione sviluppata dai personaggi è in grado di adombrare il conflitto, dato che la posta in gioco che si annuncia è un qualcosa di non confutabile, vero e vitale. [...] I personaggi scelti e descritti da Marcuccio, sono orchestrati nel loro profilo tridimensionale, commisurati al movimento e forti nell’agire, calati nella categoria di appartenenza e capaci di evolversi fino alla giusta conclusione; il protagonista possiede la medesima forza dell’antagonista e le varie personalità in conflitto giungono sempre allo scontro.» (p. 165)
Scrive Francesca Luzzio nella Quarta di copertina: «Un non so che di magico e di unico, pur nella presenza di topos epici, promana dai versi del dramma, «Ingólf Arnarson» di Emanuele Marcuccio che con abilità metamorfica, sa ricreare nel suo animo una pluralità di sentimenti e ragionamenti quali i personaggi progressivamente vivono ed esprimono; insomma, per dirla con Aristotele, indossa l’habitus e il conseguente agire dei vari personaggi con abilità davvero unica. [...] La forma drammatica rende ancora più interessante e coinvolgente l’epicità degli eventi narrati: guerra, potere, fama, amore, religione, morte sono alcune delle categorie umane che s’intrecciano e si sviluppano in un contesto incantato quale solo la nebbiosa isola d’Islanda poteva offrire. [...] Narrazione e poesia confluiscono e scorrono leggeri nella fluidità lessicale e metrica che Emanuele Marcuccio ha saputo elaborare sia che descriva la verde Islanda, sia che narri di combattimenti ed azioni o di stati d’animo eterogenei, quali solo l’uomo sa vivere e concretizzare nel suo agire.»



SCHEDA DEL LIBRO


TITOLO: Ingólf Arnarson - Dramma epico in versi liberi
SOTTOTITOLO: Un Prologo e cinque atti
AUTORE: Emanuele Marcuccio
PREFAZIONE: Lorenzo Spurio
POSTFAZIONE: Lucia Bonanni
NOTA STORICA: Marcello Meli
NOTA DI QUARTA: Francesca Luzzio
OPERA IN COPERTINA: Alberta Marchi
EDITORE: Le Mezzelane
GENERE: Poesia/Teatro
PAGINE: 188
ISBN: 9788899964634
COSTO: € 10,90





Info:
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Emanuele Marcuccio (Palermo, 1974) è autore di quattro sillogi: tre di poesia, Visione (2016); Anima di Poesia (2014); Per una strada (2009) e una di aforismi, Pensieri Minimi e Massime (2012). È curatore per le rubriche di Poesia “Il respiro della parola” e di Aforismi “La parola essenziale” della rivista di letteratura, Euterpe. Ha curato prefazioni a sillogi poetiche e varie interviste ad autori esordienti ed emergenti. È stato ed è membro di giuria in concorsi letterari nazionali e internazionali. È presente in L’evoluzione delle forme poetiche. La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio (1990 - 2012) (2013). È ideatore e curatore del progetto poetico, “Dipthycha”, di dittici “a due voci”, del quale sono editi tre volumi antologici (2013; 2015; 2016) a scopo benefico. Nel 2016 ha completato un dramma epico in versi liberi pubblicato nel 2017 per i tipi della marchigiana Le Mezzelane, di argomento storico-fantastico, ambientato in Islanda (IX sec. d.C.). Ha in lavorazione un quarto volume del progetto “Dipthycha”.






[1] Pubblicato come postfazione al dramma epico di Emanuele Marcuccio, costituisce il penultimo capitolo del saggio monografico inedito di Lucia Bonanni sullo stesso dramma, che sarà pubblicato prossimamente da Le Mezzelane.

martedì 26 dicembre 2017

GIUSY FRISINA: "MARE DI DICEMBRE"

MARE DI DICEMBRE

Traspare dagli alberi secchi
Dal treno che sfonda le crepe dell'aria di brina
La vivida macchia di sole
Mi abbaglia improvvisa
E accade che un 'onda di luce trasfonda
Un senso di vago splendore
Di stella che inoltra
Di oro e d'azzurro profondo
S'inventa un Natale da mitica spiaggia
E un bimbo che nasce da grotte di profughe sponde
Straniero ancora  discende
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