OLTRE I RESPIRI DEL TEMPO
La poetica di Ines Betta Montanelli analizzata da
Marina Caracciolo (Bastogi Edizioni)
Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade |
Bastogi Edizioni ha
recentemente dato alle stampe Oltre i
respiri del tempo, saggio critico di Marina Caracciolo intorno all'universo
poetico di Ines Betta Montanelli, poetessa spezzina. L'insigne studiosa
analizza gli otto volumi finora pubblicati dalla nota poetessa originaria di
Pontremoli, a partire dagli esordi nel 1981 fino ad oggi, dando vita ad un'intelligente
ed ampia disamina, ricca di citazioni tratte dagli illustri e numerosi critici
che della sua produzione si sono interessati, quasi a dispetto della sua
personalità discreta e riservata. Marina Caracciolo elabora la sua personale ed
originale interpretazione incentrata sulla poetica del diario intimo, facendo risaltare le peculiarità di questo canto,
che sa raggiungere vette universali da un'angolazione introspettiva, senza
perdersi nelle sabbie mobili dello psicologismo e dello sfogo intimistico.
Uno dei tratti
fondamentali di questa poetica, insiste la scrittrice - in ciò confortata dall'illuminante
giudizio di Barberi Squarotti - è quello memoriale, con l'avvertenza che qui
non si parla nostalgicamente del passato. Non sono poesie, queste, che riportano
la mente indietro nel tempo, bensì magneti che attraggono il tempo nel presente
vivo dell'anima, catturandolo e conservandolo integro e vitale. Il passato nel
presente e non il presente nel passato. Non è un gioco di parole. Il seme è nel
frutto come il padre nel figlio, senza bisogno di consapevolezza alcuna. Memoria,
dunque, come bagaglio di esperienze sedimentate nell'anima e tenacemente
attuali. "Con la piena fiducia, sottolinea Squarotti, che quanto è scritto
e detto è per sempre, e così il mondo e la propria esistenza possono dimostrare
che nessuna vita è davvero disfatta, annullata, fatta vana e smarrita nel nulla
del tempo, quando la poesia sia chiamata a dire, a descrivere, a
raccontare".
A tal proposito è
interessante notare ciò che la Caracciolo dice commentando l'opera prima della
Montanelli, Dal profondo, risalente
al 1981. "Le memorie - lei dice - che... costituiscono uno dei cardini del
suo universo poetico, singolarmente sono viste qui, nella poesia dal titolo Oblio, come una gabbia che quasi opprime,
da cui si vuole fuggire per ritornare al presente e riuscire a dimenticare
felicità ormai trascorse, forse non più recuperabili". Scrive infatti la
Montanelli: "Imprigionata nei ricordi / che non vogliono svanire / attendo
ansiosa vuoti di memoria / e oblio". E' un rifiuto nettissimo di quella
memoria che colloca i ricordi indietro nel tempo, distanziandoli dall'hic et nunc, ovvero dalla vita attuale.
Una sorta di intellettualismo memoriale che il sentire vitalistico della
poetessa rifiuta.
Lei ama, al
contrario, la memoria che, depositata nell'inconscio, all'improvviso si sveglia
illuminando il presente con il suo faro. Una memoria non antiquaria, ma fresca
e zampillante dall'oblio come polla d'acqua sorgiva. Memoria,
potremmo dire, come ri-cordo (con
riferimento al cuore), e non come ra-mmentanza
(con riferimento alla mente). Una memoria non imbalsamata, ma introiettata
nella vita interiore. Come dire che il tempo trascorso deve essere dimenticato
come trascorso per poterlo cogliere
nella sua essenza più pregnante e reale. Se non si dimentica non si può
ricordare. Il vuoto mentale è la condizione indispensabile per rifare il pieno.
Lo sapevano bene gli antichi, secondo cui Mnemosyne e Lete, Memoria ed Oblio, erano
le due fonti cui era d'obbligo bere per avere accesso agli Inferi, ossia per
potersi rinnovare.
Uscire
dal tempo per poterlo meglio abbracciare. L'aldilà
ci vive accanto, è un eterno presente che non scorre, un tempo interno al panta rei, al tempo che scorre, al
divenire precipitoso e fuggitivo. Un attimo incorruttibile e sempre uguale a se
stesso, accovacciato nello scorrere del tempo, immutabile a dispetto di tutto
ciò che si corrompe e muta. Scrive Marina Caracciolo: "Pensieri posati
sulla carta come confidenze del cuore, per poter dire all'attimo fuggente,
dolce o amaro che fosse: rimani".
Le radici. E' questo che fanno le radici: rimangono.
Ed è permanendo che possono inviare
linfa sempre viva ai rami per farli nuovamente germogliare. Un inizio perenne,
un'alba sempre nuova, un'esplosiva essenza, un eden da cui parte e riparte sempre l'avventura della vita.
Tutto
ciò si consolida, nella poesia di Ines, con Sete
di stelle, del 1986. Qui fa la comparsa un verso brevissimo, come per
un'improvvisa esigenza di essenzialità, che, dice la Caracciolo, "si
riduce talora a sintagma o a una sola parola, e ci fa pensare al giapponese haiku...: poesia concisa e fragile, che
si esaurisce nella durata del soffio ispiratore che la crea". Tutto ciò in
paradossale concomitanza di versi che, al contrario, scrive Marina, sono molto
lunghi e che, "se fossero scritti
senza andare a capo, mostrerebbero immediatamente il loro vero volto di prosa
poetica". Come mai? Diastole e sistole, un'eterna e armonica pulsazione
fatta di ordine e caos, di semplicità e complessità, in una rinnovata fiducia
nel mistero dell'essere, nonostante la presenza delle negatività.
Il clima
congeniale a questa poetica non è certo quello delle estroversioni
avanguardistiche e dello sperimentalismo sfrenato. Molto più consono quello del
Simbolismo e del Verismo, delle introversioni decadentistico-crepuscolari. Con
un occhio attento, tuttavia, alle soluzioni aurorali, a quella rinascita dello
spirito da non identificare tout court con
la rinascita dei modelli tradizionali. "In proposito, scrive Marina
Caracciolo, può essere interessante leggere come la questione della modernità... sia stata inquadrata con
intelligente chiarezza da Maria Pina Natale, nel corso di un'intervista
rilasciata anni fa al critico e storico della letteratura Vittoriano Esposito,
in cui la poetessa sottolineava, fra l'altro, la maggiore difficoltà, oggi, di
scrivere poesia, rispetto al passato".
Questo
il brano dell'intervista citata: "... Le mode rimangono fuori dalla
poesia. Chi le vuole seguire è padronissimo di farlo. Può darsi che si sia poeti
anche seguendo questa o quella moda... Ma non si creda che aver abdicato alle
normative del passato renda più facile fare poesia. Al contrario. Per lo meno
quando bisognava osservare le regole, queste supplivano, sia pure parzialmente,
all'assenza di poesia. Ora che di regole non ce ne sono più, la poesia deve
essere solo poesia, dettata da sentimenti superiori, e che sappia levitare la
realtà sia con un linguaggio adeguato, sia con ispirazioni nobilissime e
trascendenti". E' questo il punto cruciale. Le mode sono esistite sempre,
oggi come ieri. Ciò che conta, scrivendo secondo il gusto del tempo, è di
nominare le essenze, gli archetipi, i valori eterni dello spirito umano.
L'eloquio
poetico della Montanelli si muove in questa direzione, partendo da processi
introspettivi ed autoanalitici e spingendosi verso riflessioni sempre più ampie
e universali, dove, lo "sgomento per l'ignoto e l'angoscia per il passare
troppo rapido del tempo", è associato all'intento di "estendere a
dismisura, oltre i respiri del tempo,
l'ala azzurra e leggera della giovinezza". Nel 1989, Ines dà vita a Trasparenze, quindi, nel 1993, a Radici d'acqua e terra. Il 2000 è l'anno
di Nel passaggio di tante lune,
pietra miliare del suo percorso artistico. Il Chiaro enigma è del 2002, seguito da Lo specchio ritrovato del 2004, e infine da L'assorta tenerezza della terra del 2013. Sempre più essenziale e
limpido, il discorso associa man mano, alle suggestioni naturalistiche, figure
provenienti dal mito, nell'intento di evocare una primordiale età dell'oro,
corrotta nei tempi storici, ma di cui si auspica il ritorno. Un invito alla
speranza, oltre il male di vivere di oggi e di sempre.
Franco Campegiani
...quanto è scritto e detto è per sempre, e così il mondo e la propria esistenza possono dimostrare che nessuna vita è davvero disfatta, annullata, fatta vana e smarrita nel nulla del tempo, quando la poesia sia chiamata a dire, a descrivere, a raccontare. Carissimo Franco, queste parole che hai sapientemente riportato,in questo momento mi toccano. Il male di vivere , oggi come sempre, si fa ferita che viene da fuori e da dentro.
RispondiEliminaAl di là delle forme e della scelta dei versi la poesia è forza che rispecchia i tempi e potrebbe o dovrebbe essere fonte di pensée. Una bella recensione, Franco, come sempre.
Grazie Patrizia, per le tue molto sentite parole. Il male di vivere è a questo che dovrebbe servire: a proiettarci verso il bene di vivere, rafforzando la nostra spina dorsale.
EliminaFranco Campegiani
Un passaggio analitico -nella presentazione- mi colpisce intensamente e mi induce alla riflessione: “la memoria … depositata nell'inconscio, all'improvviso si sveglia illuminando il presente con il suo faro. Una memoria non antiquaria, ma fresca e zampillante dall'oblio come polla d'acqua sorgiva. Memoria, potremmo dire, come ri-cordo (con riferimento al cuore), e non come ra-mmentanza (con riferimento alla mente). Una memoria non imbalsamata, ma introiettata nella vita interiore…”
RispondiEliminaLa Memoria: una divinità che ci induce ad essere presenti a noi stessi, senza sgomentarci, e calandoci nel passato, nel rimosso, ci induce a alzarci verso il non banale quotidiano, verso l’universale. È questa la dimensione umana.
Questa bella e profonda riflessione approfondisce e chiarisce ancor meglio il mio pensiero: la Memoria come flusso psichico vitale, operante nell'inconscio e nell'oblio molto più che nella coscienza razionale, come sterile e superficiale nozionismo. Sono molto grato alla Ferraris per averlo evidenziato, da par suo. La "dimensione umana" - come lei dice - sta qui.
EliminaFranco Campegiani
Grazie ancora, come del resto già detto a suo tempo a voce, a Franco Campegiani per il suo eccellente commento mio libro, ma soprattutto per aver magnificamente illuminato con il suo sguardo eminentemente filosofico la stoffa lirica e profondamente umana delle poesie di Ines Betta Montanelli
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