Marisa Cossu, collaboratrice di Lèucade |
Un'immagine
della copertina del nuovo libro di Marisa Cossu "Attraverso pareti di
pietra", presentato il 11/11/2017 all' "Auditorium
Tarentum" di Taranto nell'ambito della Rassegna "Tarentum
Legge", organizzata dal Prof. Corrado Rossano dell'Università LUMSA
di Taranto. Partecipano alla Rassegna i Licei Aristosseno, Archita e Ferraris.
Due composizioni in cui l'ordine metrico dà sostanza e incisività agli
abbrivi esistenziali
Due
poesie che, salde e ben costruite, evidenziano la competenza metrica della
Cossu: la prima composizione in cinque strofe, ciascuna di tre endecasillabi ed un quinario
in rima alternata; e la seconda, un sonetto di stampo classicheggiante, della
più netta tradizione letteraria nostrana. Si confrontano spesso i critici
sull’uso della metrica nel canto, affermando, la maggioranza, che il sottostare
a regole ben definite danneggia la poesia, dacché quest’ultima necessita per
prima cosa di libertà e di immaginazione. Il fatto sta che la Nostra spesso ci
ha proposto poesie di tale genere letterario, dimostrando non solo arguzia e
conoscenza prosodica ma anche, e soprattutto, una generosa rielaborazione della
condizione umana, scavando nei reconditi dell’essere col porsi questioni che
riguardano l’inquietudine di esistere e il persistere del malum vitae nella
storia dell’uomo: un vagare senza mete precise in un mare senza confini,
condannato, egli, alle ristrettezze del fatto di esistere e alla solitudine,
cosciente della brevità della vita:
E
vuole l’uomo di uscire dalla forra,
ma
si solleva solo per vedere
come
solinga a sé la vita scorra,
per
poi cadere.
Tanti i motivi ispiratori che fanno del
canto un’alcova di affetti e di pensamenti: il tempo che fugge, la memoria, l’ambire a
mete liberatorie, la saudade, il rapporto uomo infinito, la morte, la sorte, il
futuro…
Mentre
parliamo già si è consumato
il breve arco di luce a noi concesso
Tutte note che danno forza e incisività
alla sua poetica, facendosi così oggettiva, dacché in essa ognuno di noi trova gran
parte dei suoi interrogativi esistenziali:
Nazario Pardini
In
fin dei conti
In fin dei conti, traccia di graffito,
l’uomo vive nel tempo e inciso resta
nell’attesa di un provvido infinito;
ma già si appresta,
domato ed insicuro, alla futura sorte
il grumo di speranza e di timore
che nell’animo alberga fino a morte,
ed è il dolore:
l’inganno si rivela quando il cielo,
divenuto coscienza, ora spalanca
lo squarcio in cui passare dentro il
velo
di ciò che manca.
E vuole l’uomo di uscire dalla forra,
ma si solleva solo per vedere
come solinga a sé la vita scorra,
per poi cadere.
Mentre
parliamo
Mentre parliamo già si è consumato
il breve arco di luce a noi concesso
dove godemmo il bene superato
e fuggitivo resta quel riflesso
che parla da un ricordo ormai lasciato
nelle trame del Tempo, quel dismesso
profumo di una rosa, ora stampato
sul foglio di un bel libro. Vi fu impresso
come fosse parola, un nome muto,
indice ed atto, nume delle cose
che amammo sol per gioco e che ci toglie
il fato ora che il fiore inscrive
foglie
tra mille vuote sillabe e le rose
rassomigliano ai segni del vissuto.
Marisa Cossu
la ringrazio, professore, per la generosa accoglienza e per la bella nota critica con la quale ha presentato le mie poesie. A presto sentirci su Leucade. Auguro a lei e alla sua famiglia un santo e sereno Natale. Con tanta stima
RispondiEliminaMarisa Cossu
Molto brava, Marisa, a riprodurre la strofe saffica con tre endecasillabi e un quinario e bello il contenuto che ci consegna consapevoli alla nostra finitezza, come rosa che conserva il vissuto.
RispondiEliminaGrazie. La metrica è una mia passione;ma amo anche l'espressione in versi liberi e sciolti. Seguo di volta in volta la forma poetica che mi sembra più appropriata. Sei davvero gentile.
RispondiEliminaCertamente, questo è un pensiero che ho espresso più volte. Ogni poesia reclama la sua forma poetica. La forma non è un contenitore che tutto trattiene.
Elimina