SUMUS POETAE!
"Lei, nel duemila, scrive ancora in metrica?"
Fa la ex bella ragazza acculturata
e troppo in carne. Si è certo formata
su qualche vasta antologia poetica
della pro-loco, ed io
proprio in quel loco la vorrei mandare
ma è l’occasione, ahimé, che lo impedisce:
la signora è dell’organizzazione.
Quindi praticherò l'educazione
d'esser falso e cortese. Ora arrossisce,
forse ha colto lo sguardo incuriosito
alle tette asimmetriche, magagne
certo del wonderbrà. Oh no, non tema,
ché il peccar mi è precluso! Lo proibisce
la troppa età – la sua
ma anche la mia, lo ammetto! –
Con fare leziosetto
alza il flute e
bevicchia un breve sorso
del vino del buffet
post-premiazione.
Fo un cenno di saluto. Non
lo accetta,
passa all’azione, mi
afferra ad un gomito
sorride astuta e riattacca
il discorso.
“La metrica blablàbla è
superata,
lo sanno tutti blàbla la
poesia
è un prodotto dell’animo poetico
perciò, comunque sia,
ogni regola e limite la uccide.”
Manca solo che affermi, a conclusione:
“augh, ho detto!”
Poi ricomincia e ripete il concetto
per altre dieci volte od altre cento
sempre allo stesso modo,
senza un solo argomento. Di sicuro
chi gliel’ha detta non gliel’ha spiegata.
Che situazione ingrata! Par di avere
una gatta aggrappata ai testimoni
- intendevo i due cosi - con gli artigli
di tutte e quattro le fiere zampette.
Potrei, messo alle strette,
abboccare alla trappola e parlare
della poesia forma espressiva acustica,
non di significati, che comunica
piuttosto con i suoni, come musica.
La comunicazione, qual che sia,
ha regole e sintassi
e ricorsività, e gerarchia
ed organizzazione strutturata
dei simboli impiegati.
Chi lo nega è un balzano
che picchia a caso sui tasti di un piano
perché altro non sa
e per buona misura
per esser più sicuro
irride e sprezza la tonalità.
Potrei; ma servirebbe
citare il sacro detto:
“il risonar del dire oltre il concetto”?
Se anche capisse non mi ascolterebbe
continuerebbe a iosa
a blablablare gaia e appiccicosa
sulle cose che ignora
a raccontar beata
che anche lei scrive, è ovvio, poesie
è stata segnalata
a un concorso con tema il futurismo;
lo organizzava l’ente del turismo
di Porto Sant’Elpidio, lo conosco?
Ed un altro suo scritto
era tra i menzionati
a un altro premio, proprio a Recanati.
Validi risultati
che infine l’han convinta a pubblicare.
Certo dovrà pagare
ma rifarà le spese
vendendo il libro al chiosco del paese
e parenti ed amici
saranno ben felici di tenere
la sua opera prima
sincera, estemporanea
e libera e spontanea
senza metro né rima
sugli scaffali insieme ad un Faletti,
un Brown od un Baricco.
Concordo: chi è suo amico
quelli almeno, e non tutti, li avrà letti.
Mi volgo intorno a cercare soccorso
ricevo solo sguardi indifferenti
o sorrisi tra i denti. “Ti è toccato!”
Sembra dire un giurato, quello stesso
che ha letto prima la motivazione
del premio a me concesso. Non ho scampo,
non resta che subire.
Mi accorgerò al partire
che infine ha avuto un senso questo strazio.
Si parva licet comparare magnis
ora
capisco meglio il buon Orazio.
Mi è capitato poco tempo fa di partecipare a un premio dove fui segnalato con menzione, e come sono abituato a fare,per rispetto ed educazione, andai a ritirarla. Dopo la lettura del testo, una giurata, insegnante, si complimentò con me, e io la ringraziai. Le chiesi per curiosità, e in riservata sede, ragguagli sulla sua opinione e valutazione del testo. Finimmo a parlare di enjambement (davanti alla mia definizione): "ma lei non fa il medico? L'enjambement è l'apice della meditazione di un poeta" mi rispose. "lei mi ha appena confermato che il livello culturale di una persona esula dalla sua attività professionale" dopo averle così risposto, la salutai con una stretta di mano e me ne andai. Emanuele Aloisi.
RispondiEliminaLe regole - è vero - comprimono la libertà, ma che libertà è quella che non accetta la sfida delle regole? Il fatto è che si può essere liberi solo nei condizionamenti. Una libertà dai condizionamenti è utopistica, illusoria e del tutto irreale. Il mondo odierno, in ogni suo aspetto, e non solo per ciò che concerne il fare artistico, ha ripudiato ogni regola, ogni codice imposto, e questo anelito alla libertà è indubbiamente positivo. Da tale autonomia, tuttavia, non dovrebbe discendere uno sciatto spontaneismo, ma ci si dovrebbe lecitamente attendere qualche innovazione, qualche nuovo stile, qualche nuova corrente, qualche nuova formula espressiva. Non è vero, infatti, che lo spirito creativo sia sregolato. Ribelle si, lo è, almeno il più delle volte, ma il ribelle non è privo di regole: ha regole proprie, norme dettate dal proprio universo interiore. Lo spontaneismo non è segno di libertà, come si vorrebbe far credere, perché libertà è spiritualità, mentre lo spontaneismo è superficiale ed è privo di profondità, di qualsiasi scavo interiore. Altro che libertà! Lo spontaneismo è immerso nei pregiudizi e dà la stura a qualunque sciocchezza. Venendo allo specifico, non si deve credere che abbandonare i vecchi codici possa rendere più facile, oggi, fare poesia. Al contrario, la rende estremamente più difficile, in quanto pretende dal poeta di essere totalmente se stesso, ovvero assolutamente originale, ispirato dalla propria Musa interiore.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Dimenticavo di dire - preso dal desiderio di enunciare il mio punto di vista - che la composizione poetica di Tullio Mariani, così scanzonata ed ironica, è estremamente piacevole dal punto di vista estetico. Mi congratulo vivamente con lui.
EliminaFranco Campegiani
Desidero fare i miei complimenti a Tullio Mariani per questa sua composizione ilare nell'aspetto compositivo, formale e, a pari tempo. seriosa nel contenuto imperneato sul dilemma:"poesia in rima o poesia a verso libero?". Non voglio e non posso aggiungere altro perchè Franco Campegiani,da par suo, ha detto tutto e in modo incisivo, profondo chiaro e palesemente convingente che rispecchia,per me, il modo attuale di come fare poesia vera oggi. Poesia in rima o a verso libero purchè il testo abbia la capacità di coaptare il lettore e ciò può avvenire solo attraverso la musicalità dei termini opportunanemente incastonati nel testo. Pasqualino Cinnirella.
RispondiEliminaMi fanno cominciare bene la giornata questi versi sagaci e brillanti, ironici e mordaci che dicono la presuntuosa ignoranza di un sottobosco letterario che, avendo studiato su qualche Bignami della poesia, ritiene di aver maturato e quindi possedere inconcusse competenze; e in quelle si crogiola senza neppure sospettare l'utilità di qualche salvifico dubbio. Ma, come ben sa Tullio Mariani e tutti coloro che hanno la ventura di frequentare concorsi letterari, la "signora dell'organizzazione" è solo la punta di un iceberg costituito da una folla di persone che nei premi letterari, e ancor più nella vita quotidiana, non sanno contenersi nei limiti di un sapere consapevole, ma debordano vistosamente e clamorosamente. Con tutte le conseguenze del caso. La mia cordiale partecipazione alla disavventura di Tullio Mariani, si è intensificata a mano a mano che più fitti si rivelavano i legami tra questo testo poetico e la satira I,9 del poeta latino Orazio, quella detta “del seccatore”, finissima interpretazione del tipo di persona di cui stiamo parlando.
RispondiEliminaEh, che ci vuoi fare, caro Mariani? Quando capitano queste situazioni, non resta che “demittere auriculas” e tentare opportune vie di fuga.
Pasquale Balestriere
La metrica, amico mio carissimo,
RispondiEliminane parlan tutti, pochi la conoscono.
Qualcuno la confonde con le rime,
altri invece ne contano le sillabe
ma la musica proprio non la sentono.
La tardona un poco acculturata
non avrebbe iniziato la concione
se arguito lei avesse che solo in metrica
tu scrivi testi ed anche assai ritmati.
Nell'odierna ignoranza nella quale
si confondono il Pascoli e il Carducci
- han del verde entrambi i due cognomi-
ogni verso si rompe a pezzettoni
e si unisce infine al successivo,
poi si legge con la voce ispirata
di chi esala il suo ultimo respiro
perché è convinzione generale
che la figlia di Euterpe non sia tale
se non strazia un organo vitale.
E così invece che alle stelle
lei rimane assai spesso accovacciata
in terra tra il concime naturale.
Carla