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martedì 23 gennaio 2018

AURORA DE LUCA LEGGE: "LA SCALA DI JACOB" DI CORRADO CALABRO'"



Corrado CALABRÒ, La scala di Jacob, Il Croco, 1° Premio Città di Pomezia 2017.
Nota di Aurora De Luca

 
Aurora De Luca,
collaboratrice di Lèucade
Camillo Sbarbaro parlava di effervescenze, che sarebbero le cose che un poeta riesce a carpire, ma rapide a svanire quasi alla velocità della luce.
Tutto è teso verso il limite tra ciò che esiste ed un momento dopo non esiste più.
E il poeta è lì, a cercare di svelare, in quell’attimo di tempo, un accadimento di bellezza - che comprende anche il suo contrario - tra l’esserci e lo svanire.
Per quanto sia vero che le grandi questioni restano e restano grandi, esse accadono e agiscono in modi diversi, e il poeta, ancora una volta, è lì a cercare di non diminuire in nulla l’esteriore o l’interiore, altresì a rivelarlo così fortemente quasi da rompere gli schermi, o il pennino con cui scrive, o l’anima di chi legge.
Corrado Calabrò è proteso verso l’illimite, come scrive Vincenzo Guarracino, e si muove entro due realtà opposte: quella quotidiana, contemporanea, tecnologica, multiforme e quella non tangibile che diremmo appartenere all’anima. Due realtà opposte, sì, ma che non sopravvivono l’una senza l’altra.
La scala di Jacob prima di salire scende, ovvero si innalza dalla realtà terrena – e dalla realtà ondeggiante come il mare, elemento mai assente nella poesia di Calabrò - per accedere ad un ultraterreno che, prima d’essere un regno celeste, è il regno dell’anima.
La poesia può farsi sulle esperienze di vita, e da queste prende il suo verso. Lo stile di Calabrò rispecchia questo ‘stare nella vita’ e alterna bagliori lirici a passi descrittivi e prosastici. Una poesia in continua ricerca, come la vita stessa, non di approdi ma di punti di contatto tra il finito e l’infinito, tra il fuori e il dentro: punti in cui l’uomo possa comunicare con se stesso e poi con l’umanità che lo circonda.
«È una scala che non può finire», scrive l’autore, perché si accresce in ogni verso andando avanti. Ivi si concentra la vita, nelle sue mirabolanti bellezze e nelle sue terrificanti contorsioni: i drammi del contemporaneo mondo, tra compromessi e marciume, tra sacro e profano, si distillano nell’amore, nella natura, il maschile entra in contatto con il femminile, si respingono, si attraggono. Per ognuna di queste tematiche stili e rese differenti (lirico, descrittivo, onomatopeico, epigrammatico, evocativo) che però restano nell’armonia complessiva, come in un dolce amaro piatto: ecco servita la vita.

 Aurora De Luca


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