Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade |
Versodove, il nuovo
testo poetico di Annalisa Rodeghiero
Annalisa Rodeghiero
ha recentemente pubblicato Versodove
(Blu di Prussia Editore, 2017), con prefazione di Nazario Pardini. Si compone
di due tempi, la raccolta - Di volo in
volo e Incerte stagioni e inconfutati
cieli - dove prende vita un canto che ha il grande pregio di aleggiare
restando ancorato al suolo. Un canto di grande profondità, che direi sospeso tra
un senso molto acuto e dolorante, ma mai tragico, dei limiti esistenziali e un
senso di fiducioso abbandono al mistero universale, dove ogni parte è tassello
di un Tutto e dove nessuno, dell'intero mosaico, ha coscienza piena. Una poesia
intensamente meditativa, pertanto, dove relativo e assoluto sono funzionali
l'uno all'altro e finito ed infinito si compenetrano vicendevolmente in un
fuoco d'amore che tutto pervade e avvampa senza ustionare.
Può sembrare un
discorso filosofico, ma non lo è. Siamo in presenza di un pensiero poetico e immaginifico
che parla appunto d'amore e che riesce a farlo con emozioni pure, prive di quel
flaccido sentimentalismo che fagocita il cuore
facendolo schiavo di persone o cose e annegandolo nelle spire delle passioni. Qui
si vive dentro una fiamma, un'onda, un soffio vitale, "un respiro di vento
/ che ondivago s'alza e poi scende". E' l'emozione del sentirsi parte di
un tutto: una liberazione dunque e non un soffocamento tachicardico. La poetessa,
consapevole dell'inganno, sa distinguere il tempo dell'amore edenico, pieno ed
innocente, dal tempo della degenerazione e della detrazione d'amore:
"Sembrava così facile allora / abbracciare l'alba, / sentirla sbocciare
dentro i nidi / ... / Cosa interviene dunque, dopo, / a frammentare il cielo, a
incenerirlo, / forse a nessuno è dato di sapere".
Ed è la morte
dell'Eden, la separazione dell'Essere
dal Non-essere, l'arbitrario ridursi a una sola dimensione, misconoscendo la
naturale biforcazione dell'Essere che
vuole contraddirsi nel Non-essere senza rinnegarsi in quanto tale. Un modo insomma
di vivere la pienezza stando nella parte, nella complementarità. Ed ecco
l'amore, a volte materno, altre volte
filiale ed altre semplicemente muliebre, sempre e comunque amore per la
vita, tensione verso un tu che svela
un desiderio di completezza, di ritrovamento del sé: "Intermittente pulsa / non lontano dallo sguardo che ti
muore, un faro. / Qualcosa di te hai perso - questo lo so - / ma molto di più è
quello che hai salvato. / Tornerà intera la vita / perché sei tu a desiderarla
tanto, / tu, a me così vicino nelle stanze". Amore dell'intero, pertanto,
di un Tutto che ben conosce la mancanza, l'amputazione, lo smembramento. Un Tutto inteso anzitutto come Tutto di Sé.
La vita umana purtroppo
è cosparsa di fratture, di privazioni, di perdite: "Nasce un uomo / e
mentre la madre / sceglie il nome, / il destino / già segna la distanza". Forse
sarebbe bastato restare semplici e innocenti: "restare in superficie era
il segreto, / leggeri planare sulla vita / come aquiloni rossi al vento. / Ora
il cielo pretende le risposte, / mentre a maggio fioriscono le rose". Come
dire che la verità è con noi, ci scorre accanto, ma noi non ce ne accorgiamo. Così
ci allontaniamo dalla condizione edenica e dobbiamo guadagnarci il pane con il sudore della fronte. Vogliamo per i figli
migliori condizioni di vita e dimentichiamo che loro ci chiedono soltanto
vicinanza, carezze, amore: "E ora eccoli in fila quei bambini del mondo /
che guardano i padri a consolarne il pianto. / Perché quel che conta per loro è
la presa, / essere ancora mano nella mano".
Dov'è finita quella
felice e saggia età dell'oro? "Hai, ho, abbiamo reciso / il cordone che
sapeva di pienezza, / passaggio necessario come un cambio di stagione". E
tuttavia è possibile uscire dall'oblio: "se puoi ricorda / quand'eri fiordaliso
tra le spighe". Ecco la speranza. Una poetica, pertanto, si, dell'assenza,
ma anche della tensione verso l'oltre, verso il superamento di ogni confine. La
rinascita è ancora e sempre possibile, così come possibile è il ritorno
dell'aurora: "E' nella certezza dell'alba, / nel suo periodico ritorno il
senso. / Il senso unico dell'essere diversa / eppure sempre uguale". E che
dire dell'alternarsi prodigioso delle stagioni? "Ma dall'epidermide
trasudano ancora / verdi aromi di sottobosco e resina / e dagli occhi una
moltitudine di cieli / quasi a ricordare all'anima che d'incanti si può vivere
a distanza / fino all'ora di nuova fioritura".
Tutto muore e tutto
nasce in continuazione. Ogni fine muore nell'inizio e ogni inizio sorge dalla
fine. La realtà è ciclica, non lineare, e sta qui il mistero d'amore, il
miracolo dell'armonia: "Perché verrà, / ne siamo certi, il giorno / in cui
per noi germoglierà la terra / e oltre il sipario, / il cielo". Un canto
di fede, quello della Rodeghiero, che si sbaglierebbe a scambiare per pura e
semplice preghiera. Qui non c'è alcuna invocazione del divino. Un'evocazione si, invece, perché il divino
è già nel mondo e basta togliere le parentesi in cui lo chiudiamo per farlo
apparire. Nondimeno il senso della precarietà è molto vivo ed è proprio quello
a mantenere l'equilibrio. Anche se il timore che l'equilibrio possa infrangersi
tiene sulla tormentina: "- Vedi - le nuvole infuocate / di bellezza a
ponente / si sfiorano appena / con l'altra metà, nera, della volta. / Dimmi che
non si scontreranno / in scroscio di dolore...".
Direi, per
concludere, che la poetica della Rodeghiero è tutta aggrumata intorno ai temi
aurorali della nascita/rinascita,
dell'alba perenne della vita, connessi ovviamente con quelli crepuscolari della
fine. E cos'è la nascita se non l'atto ribelle per eccellenza, il big bang anarchico e creativo con cui
s'infrange la piatta aridità del mondo e si fa nuova la vita? "- Lo so -
ci vorrà un urlo / più forte ancora / di quello con cui ti ho messo al mondo.
/... / Ma una madre lo sa / come si partorisce / la vita dalla morte".
Quella della madre è una sfida: "la certezza d'altre stagioni a venire, /
la fine e il principio / nel susseguirsi d'ombra e luce". Nulla può
distrarla da questo mistero. Vestale della vita, lei attende "come gli abeti"
che tutto germogli e rigermogli, ma cosa sia questa nascita-rinascita, e da dove sgorghi, lei non sa dire: "Io
come loro attendo / ma non so più dire chi, né cosa". Mistero da vivere e
non da capire.
Franco
Campegiani
Un'analisi critica preziosa quella di Franco Campegiani, che scava con perizia tra i versi di Versodove, e fa brillare la vena poetica di Annalisa Rodeghiero, donando chiavi di lettura utilissimi per entrare in piena sintonia della sua poesia.
RispondiEliminaGrazie Francesco. Il gradimento di un poeta è il premio più ambito per un critico.
EliminaFranco Campegiani
Grazie Francesco per essere entrato con sensibilità nei miei versi grazie alla strada sapientemente indicata da Franco Campegiani.
EliminaAnnalisa Rodeghiero
Interessante come sempre l’analisi di F. Campegiani che sa articolare la lettura filosofica con quella poetica, cogliendo in tal modo l’intensità e l’anima profonda della poesia di A. Rodeghiero che si muove tra stupore della nascita ed intuizione della rinascita, pensiero che diventa poesia, sentimenti contraddittori e profondamente umani, e femminili: malinconia e speranza, amore edenico e fatica del vivere con le sue delusioni, verità e falsificazioni, vita e mistero, tensione e speranza, equilibrio e precarietà. Complimenti ad entrambi.
RispondiEliminaMaria Grazia Ferraris mostra come di consueto e ancora una volta di saper leggere in profondità, attraverso i testi letterari, nell'animo umano. La ringrazio anche a nome della poetessa, con la cui visione del mondo mi sono trovato in grande sintonia.
EliminaFranco Campegiani
Ringrazio Maria Grazia Ferraris per le parole riservate alla mia poesia e quindi alla mia anima e al mio “pensiero poetico”. Femminile il mio sentimento. Lieta che sia stato colto e ciò non mi stupisce perché a dirlo è una poetessa, un critico, una persona che -come ha scritto Franco- sa leggere attraverso i testi, l’animo umano.
EliminaAnnalisa Rodeghiero
"Una poesia intensamente meditativa [...] dove relativo e assoluto sono funzionali l'uno all'altro e finito ed infinito si compenetrano vicendevolmente in un fuoco d'amore che tutto pervade e avvampa senza ustionare.": così, Franco, nella sua disamina attenta e approfondita della scrittura di Annalisa.
RispondiEliminaChe l'amore sia il fulcro della poetica in questione è fuor di dubbio, ma non altrettanto scontato è saperne cogliere l'interezza:"un Tutto (l'amore appunto) che ben conosce la mancanza, l'amputazione, lo smembramento" prosegue il Critico.
Bene, ho avuto il piacere di presentare "Versodove" nella città natale della poetessa e posso assicurare che lassù, sull'altopiano di Asiago, il senso della suddetta completezza era tangibile, vivo e contagioso. Tutt'altro che ustionante, tutt'altro che intimistico; il suo canto d'amore mira - attraverso l'umana finitezza - a divenire, universalmente, quello stesso che "move il Sole e l'altre stelle".
Ottima lettura di una pregiata poesia,
Sandro Angelucci
Ringrazio Sandro Angelucci per aver creduto nella mia poesia fin dalla prima lettura, per averne colto il fulcro nell’amore, nella sua interezza che prevede –per armonia di opposti- anche la frammentazione in modo che ogni tassello possa concorrere alla realizzazione del mosaico come sottolineato da Franco nella sua nota di lettura.
EliminaEd è stato lassù, sul mio Altopiano che Sandro ha respirato la causa prima, la genesi di tale smembramento.
Un distacco necessario quello dalla terra d’origine –tanto amata- per sentirne appieno il senso d’appartenenza.
Terra, primo tassello del mosaico d’amore universale.
Annalisa Rodeghiero
Gli apprezzamenti di un critico, o meglio di un poeta-critico, del rango di Sandro Angelucci sono un vero fiore all'occhiello. Lui ha analizzato e approfondito la poetica di Annalisa molto prima di me, parlando diffusamente in pubblico di questo canto che sa cogliere l'amore universale "attraverso l'umana finitezza".
RispondiEliminaFranco Campegiani
Mi scuso per il ritardo con cui intervengo in un post che mi riguarda in prima persona ma sono tornata oggi dalla mia casa sull’Altopiano di Asiago, nascosta in un bosco di abeti, dove l’unica connessione possibile è quella con i cromatismi, i silenzi e le voci della natura.
RispondiEliminaLeggo la recensione di Franco Campegiani e il primo pensiero corre al nostro caro Nazario a cui sono immensamente grata per lo spazio di visibilità che sempre ci offre.
Ringrazio di cuore Franco per la sua attenta e profonda lettura. Un vero dono vedere la mia poesia srotolarsi agli occhi, come toccare finalmente (e mai del tutto) ciò che scrivendo avevo solo sfiorato, come capire almeno una parte del mistero e riviverlo totalmente. Ogni poesia, sappiamo, ha una sua verità che può sfuggire, poi, a chi la scrive sotto ispirazione.
Franco mettendo insieme le piccole verità, mi ha permesso di leggere l’insieme o l’intero, per usare una parola a me tanto cara.
Ha detto benissimo, ho la fortuna di riuscire a “sentirmi parte di un tutto”, conosco bene il senso di “vivere la pienezza stando nella parte, nella complementarietà”.
Solo così concepisco l’amore, un po’ me l’ha insegnato la vita ma fondamentalmente sono nata così.
“Essere liberi significa essere se stessi” è da me segnato con evidenziatore blu nel suo “Ribaltamenti” perché è il mio credo, perseguito a volte a duro prezzo nella vita. Anche ora, volo libera, certa di volere tutto questo amore che mi gira attorno, certa di volerlo dare alle persone che amo. Sì, è all'amore per la vita che attingono i miei versi, nonostante “la mancanza, l’amputazione, lo smembramento”.
A tale proposito ringrazio Franco per aver colto e messo in risalto i versi che mi vedono immersa nel ruolo di madre o meglio nel suo mistero da vivere in pienezza senza la continua pretesa di capire.
Meravigliosa recensione: Franco ha sviscerato tutto, ha ricomposto tutto. Gli sono immensamente grata, mi sembra che la mia poesia valga di più, oggi che l’ho letta con i suoi occhi.
Grazie Franco, inizia con questa nuova emozione il mio 2017, per merito tuo.
Con stima profonda.
Annalisa Rodeghiero
Il tuo testo, Annalisa, ha stazionato per mesi sulla mia scrivania, insieme ad altri di cui purtroppo non riesco a dare rapida lettura. Quando finalmente sono riuscito a dare ascolto ai suoi richiami, la mia mente e il mio cuore sono stati investiti da una brezza gentile e vivida di emozioni. Grazie a te per il generoso dono.
RispondiEliminaFranco Campegiani