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martedì 23 gennaio 2018

N. PARDINI: "PICCIONI"

Piccioni


Bianchi, bigi, rossi, sopra il tetto
si assiepano, la testa fra le piume,
a tu per tu col vento. Sono liberi.
Appena il sole sbuca da levante
scuotono il manto e volano decisi
sui campi a  becchicchiare qualche seme.
Svolano sulle foglie delle viti,
sugli stecchi crocifissi delle piante,
su tutto ciò che è avanzo dell’autunno.     
Hanno solo l’istinto. Il loro volo
rompe i raggi lucenti e stampa in basso
ombre vaganti; e con gli schiocchi 
batte dell’ali il tempo della vita.
Se getti le granaglie sul cortile
accorrono in picchiata; e via nell’aria
o sul suolo a tubare calorosi
in cerca dell’amore. Libertà,
spazi aperti, profumo di granturco,
rapina di micragne; anche la pioggia
per loro è acquasanta; li battezza,
scivolando sul dosso come l’aria.
Sono lì, li vedi di pedina,
vivi, trepidanti, nell’attesa
di nuove corse da donare al cielo.

E poi la morte. Dove andranno a morire
quando la sorte tocca?
Non ce n’è traccia. Sarà forse il destino
a riservare loro un angolino?

21/1/2018





16 commenti:

  1. E' una lirica spiccatamente pardiniana: stile e timbro individuabili fra mille.
    Il senso panico è sempre un segno distintivo della sua scrittura poetica, e qui i "piccioni" ne sono, al contempo, rappresentazione e vita.
    Già, perché di vita bisogna parlare, di un arco esistenziale che, come il volo di questi alati, ha solo l'istinto (parafrasando il poeta) per bussola: seguendo le indicazioni di quel particolare ago si viene lanciati in aria "a tubare calorosi in cerca dell'amore". E si trova l'amore, perché è lì, è sempre stato lì: negli "spazi aperti", nel "profumo di granturco",
    nella "pioggia" che "per loro è acquasanta" e "li battezza".
    "E poi la morte", a concludere e riaprire il loro ciclo vitale; certo a riaprire, ché non muore chi ha sempre "nuove corse da donare al cielo".

    Sandro Angelucci

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  2. Grande commento!!! Vitale e viva interpretazione poetica che solo un vero poeta, un amante indiscusso e indiscutibile del canto può partorire. Lì c'è anima e cuore; lì c'è l'abbrivo, la vertigine, il volo di chi dalla terra sa elevarsi alla azzurrità del cielo. Grazie, Sandro!
    Nazario

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  3. Quante sciocchezze sono state dette sulla schiavitù della natura, sulla dipendenza del suo popolo dai condizionamenti e sullo stato di necessità che opprime gli esseri del creato! Questi piccioni sono la prova vivente del contrario. Essi "sono liberi" in quanto "hanno solo l'istinto", quell'istinto che li fa essere se stessi, padroni di se stessi, sempre in bilico tra il bene ed il male. E non hanno paura della morte, perché sono loro la vita e la morte, loro l'equilibrio e la consapevolezza di ciò che si deve prendere e ciò che si deve lasciare.
    Franco Campegiani

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  4. Potessero davvero gli uomini come i piccioni “assiepa(rsi) la testa tra le piume, a tu per tu col vento”, potesse ”il loro volo batte(re) dell’ali il tempo della vita”, avessero sempre “nuove corse da donare al cielo”!
    Ancor più dei piccioni potrebbero gioire dei voli e allo stesso tempo considerare la pioggia “acquasanta” se non fossero troppo impegnati a fare i conti con la ragione, che -se despota- tarpa loro le ali.
    Basterebbe riuscissero a trovare il giusto equilibrio provando così ad essere se stessi fino in fondo, “a tubare calorosi in cerca dell’amore” a morire “quando la sorte tocca”, con la consapevolezza della successiva rinascita.

    Quanta verità e quanta musica in questi splendidi versi caro Nazario!

    Annalisa Rodeghiero

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  5. Superba lirica dal messaggio ironico, a mio modesto avviso. "Piccioni a becchicchiare qualche seme" Una simbiotica armonia di suoni onomatopeici,immagini e parole, a raccontarci il tutto: "granaglie...rapina di micragne"...il granturco è nel profumo, e non nell'accozzaglia di frumenti. I piccioni sono liberi...di volare in picchiata, stampando in basso le ombre, anche di tubare...ma alla ricerca dell'amore. I piccioni sono assiepati, a tu per tu col vento. Visione leopardiana d'Infinito...ma un'altra cosa è il cielo, come la pioggia non è acquasanta, lo è per loro, forse un battesimo di libertà...anelito agli spazi aperti, al volo "a rompere raggi lucenti". Saranno gli uomini i piccioni, forse i poeti? Capaci di "svolare sulle foglie delle viti e sugli stecchi crocifissi delle piante, e sull'avanzo dell'autunno". Hanno l'"istinto" della poesia, e delle corse da donare al cielo....dove rimanga un angolino, sarà il destino! Emanuele Aloisi

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  6. Ringrazio Franco e Annalisa per i loro sentiti e approfonditi commenti al mio testo:dei veri ritratti analitico-formali. Vi abbraccio, carissimi amici di viaggio...
    Nazario

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  7. Sono “bianchi, bigi, rossi” i piccioni, come a indicarne l’eterogeneità , di quanti “si assiepano” sopra il tetto, con la testa tra le piume, e a tu per tu col vento. Profumo leopardiano di Infinito, di ciò che almeno è sopra il tetto, ed al di là di siepi, nel sole e tra i lucenti raggi. Immagini e suoni onomatopeici a indicarne, da una parte, la piccolezza, necessità di piccolezza “sui campi a becchicchiare qualche seme”, dall’altra parte l’onore: svolare “sulle foglie delle viti, sugli stecchi crocifissi delle piante”, e la fortuna “su tutto ciò che è avanzo dell’autunno”. Perché l’avanzo è ciò che vola all’ombra, o chi è volato ed ha lasciato l’ombra. Le piume permettono di volare, in cielo come in terra, sul suolo e nei cortili. La libertà è l’istinto, la consapevolezza delle ali, e di poter volare. Ritorna, immagine, a indicarne piccolezza, nel battito fugace, e suono, nelle granaglie e la rapina di micragne. Come ritorna l’onore, il privilegio, nell’acqua della pioggia del Giordano. La libertà è l’istinto, la consapevolezza di potere, e di dovere amare, di ricercare amore, anche il profumo di granturco. Perché la vita è trepidante attesa, di nuove corse e nuovi voli, di cui non resta traccia, se non l’avanzo dell’autunno, le ombre in basso delle piume. Deciderà il destino.
    Meravigliosa lirica per simbolismo e grandezza del messaggio. Emanuele Aloisi

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  8. Caro Nazario,
    sono felice che tu abbia dedicato una lirica a questi piccoli piccioni molto sapienti. Attraverso il loro modo di essere, la loro istintività, sei riuscito a ripercorrere un arco di vita ponendoti in simbiosi con loro, a immaginare e a regalarci quello che è il sogno di noi tutti , vivere la stagione della vita liberi da qualsiasi costrizione o tedi che ci tormentano. Ci hai donato un bellissimo volo ad ali spiegate nell'azzurro del cielo che cerca di allontanare dalla nostra mente il pensiero della morte. Grazie Nazario per la tua saggezza.

    Emma Mazzuca

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  9. Sono “bianchi, bigi, rossi” i piccioni, come a indicarne l’eterogeneità, di quanti “si assiepano” sopra il tetto, con la testa tra le piume, e a tu per tu col vento. Profumo leopardiano di Infinito, di ciò che almeno è sopra il tetto, ed al di là di siepi, nel sole e tra i lucenti raggi. Immagini e suoni onomatopeici a indicarne, da una parte, la piccolezza, necessità di piccolezza “sui campi a becchicchiare qualche seme”, dall’altra parte l’onore: svolare “sulle foglie delle viti, sugli stecchi crocifissi delle piante”, e la fortuna “su tutto ciò che è avanzo dell’autunno”. Perché l’avanzo è ciò che vola all’ombra, o chi è volato ed ha lasciato l’ombra. Le piume permettono di volare, in cielo come in terra, sul suolo e nei cortili. La libertà è l’istinto, la consapevolezza delle ali, e di poter volare. Ritorna, immagine, a indicarne piccolezza, nel battito fugace, e suono, nelle granaglie e la rapina di micragne. Come ritorna l’onore, il privilegio, nell’acqua della pioggia del Giordano. La libertà è l’istinto, la consapevolezza di potere, e di dovere amare, di ricercare amore, anche il profumo di granturco. Perché la vita è trepidante attesa, di nuove corse e nuovi voli, di cui non resta traccia, se non l’avanzo dell’autunno, le ombre in basso delle piume. Deciderà il destino.

    Meravigliosa lirica per simbolismo e grandezza del messaggio.
    Emanuele Aloisi

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  10. Una personalissima e acuta lettura dei miei versi. Grazie Emanuele
    Nazario

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  11. Carissimo Nazario,

    mi fa un immenso piacere che tu abbia dedicato questa stupenda lirica ai tanto perspicaci piccioni, anche se maltrattati.

    Hai scandagliato momenti di vita quasi entrando in simbiosi con loro, facendo tuo il loro modo di essere,
    la loro libertà e istintività. Ci hai regalato il sogno di un volo ad ali spiegate nell’infinito blu del cielo
    per riuscire ad allontanare e rendere meno gravante l’alone della morte.

    Grazie grande uomo!
    Un abbraccio affettuoso,


    Emma

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  12. Un commento il tuo, carissima Emma, che mi arriva diretto al cuore. Sa tanto di gioia di vivere e di azzardi verso azzurrità liberatorie. La morte stessa assume valenza vitale e si fa sinfonia, completamento simbiotico di una dualità che ci è tormento e pace nella vita...
    Ti ringrazio
    Nazario

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  13. Caro Nazario, quello che ti fa giovane e rende fresca ogni tua poesia è la tua capacità di sognare e vedere il lato bello in tutte le cose. Io ho curato decine di piccioni e sono un'esperta nel campo. Sì, i piccioni si nascondono quando stanno per morire senza mai emettere un lamento.Hanno una dignità che noi neanche ce la sogniamo. Ma per il resto non sono liberi, schiavi anch'essi delle necessità quotidiane e dei loro sentimenti buoni o cattivi. I colombi sono particolarmente crudeli quando odiano un compagno: sanno spennarlo completamente in un'ora o farlo morire di fame impedendogli costantemente di avvicinarsi al cibo però, se ti amano, sono di un'affettuosità indicibile. Perché, come negli uomini, c'è quello buono e quello cattivo. Tu continua a vedere il bello e il buono in tutte le cose: io non ne sono più capace.

    Carla

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  14. Carissima Carla,
    ti ringrazio per la tua puntuale e realistica precisazione. Il fatto sta che a me piace viverli così...
    Un abbraccio
    Nazario

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  15. Questo gioiello del nostro Nazario mi ha portato l'eco di "Gabbiani", di Cardarelli, soprattutto nella chiusa:
    "Non so dove i gabbiani abbiano il nido..." e termina con il famosissimo verso "E il suo destino è vivere balenando in burrasca".
    Nazario si chiede:
    "E poi la morte. Dove andranno a morire
    quando la sorte tocca?
    Non ce n’è traccia. Sarà forse il destino
    a riservare loro un angolino?"
    E nel descrivere i giorni dei piccioni, molto più vicini a noi dei gabbiani, in quanto presenti nelle piazze, nelle strade, sui balconi - io ho avuto la gioia di veder schiudere un nido sul mio balcone -, con la sua musicalità così intensa da divenire canto incessante, si sofferma sul destino che li attende.
    Hanno i nidi, si procurano il cibo, non sono inquieti, eppure ignoriamo in quale 'angolino' andranno a morire. Con il suo quesito dolcissimo, il Poeta rende i piccioni fragili e soli. Come tanti altri uccelli. Come troppi uomini. La sua metafora finale, in levare, è un grido tenero e caldo d'amore per coloro che non hanno certezze. Quanti 'piccioni' si spengono sotto i portoni, sulle panchine, negli androni? Questa lirica, dal profumo di preghiera, mi sembra cantico d'amore per moltissime creature e... mi commuove. Un abbraccio, Nazario. I tuoi endecasillabi sono note dense di Amore.
    Maria Rizzi

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  16. Carissima Maria,
    i tuoi interventi sono dei veri esempi di illustrazioni emotive. Tu aggiungi sempre quel qualcosa che la tua sensibilità ti suggerisce. Ed è proprio quel qualcosa che fa di te un critico indispensabile, unico per la navigazione verso l'approdo dell'isola ambita. Grazie, amica, delle tue generose e autentiche parole.
    Nazario

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