BIRKENAU
(memoria)
Maria Rizzi, collaboratrice di Lèucade |
La
plaquette di Giannicola Ceccarossi “Birkenau”, magistralmente introdotta da
Antonio Bonchino e da una
serie
di citazioni, tra cui quella di Primo Levi, suicida dopo essere sopravvissuto
al campo di sterminio, sembra voler
essere
un ‘un debito da estinguere’, come asserisce l’Autore, in realtà è molto di
più.
Con
uno stile caratterizzato da incessanti anafore, che mettono in risalto i
concetti e danno una sensazione filmica ai versi:
“Campi
campi
Senza fiori senza fiori
Ciminiere
Betulle betulle”
Ceccarossi
trasmette immediata l’idea dell’assenza di umanità. Di ogni forma di umanità. Volano
lontano gli stormi di uccelli, non crescono fiori, non esistono uomini, né donne,
né bambini. E’ una vertigine. Si entra nella spirale dell’odio, che come olio
s’addensa e sfrigola.
Senza
nome quello sfrigolìo. Anche gli elementi della natura sembrano andare in
esilio:
“Si
attarda la luna
Fugge
Si nasconde
Non ci sono stelle
Non fioriscono stagioni”
Si
vive soltanto lo strazio dei drammi, delle separazioni, delle morti. Cattedrale
tonante il lirismo quasi tipografico del nostro Autore. L’eco violenta
stordisce.
Si
vede la fila, la selezione; si sente il tanfo del gas e si avverte il rumore
assordante dei silenzi. Terrificanti scorrono le parole. Immaginifiche,
nonostante la brevità di ogni verso. Le lega un filo nero, le rende romanzo in
versi.
Si è
dentro il lager, il terrore accappona la pelle. Brividi brividi… per dirla con
Ceccarossi.
Tutto
si proietta dentro di noi. La puzza del gas, gli spari, le botte. Il silenzio.
Respiriamo l’orrore:
“Randelli
Randelli
Capestro
Urla
Angoscia
Terrore
Morte
Uno
sparo”
Il
racconto si snoda come le isole dell’inferno, si coagula il dolore, diviene un
grumo di panico incistato nell’anima. E la rabbia sembra estinguersi. Non sa
più esistere. Non può capire. Non esistono ragioni.
“Mai
più” il verso che chiude la penultima lirica è un grido che non sale dalla
voce, ma dalle viscere.
Primo
Levi sembra affiancare il Poeta. E il Poeta sembra sopravvissuto al lager. Non
scrive di un luogo. Lo abita.
Ci
invia versi di sangue da Birkenau.
Maria Rizzi
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