Carla Baroni, collaboratrice di Lèucade |
La
pianta di zucchine
Sapessi
tu che cosa mi dà gioia,
non i
premi, le lodi, i manoscritti
terminati
a fatica con sudore
in
questa estate torrida, il respiro
spesso
mi manca e credo di morire.
È una
zucchina nata clandestina
nel
vaso dei radicchi (ho sul balcone
un
orto casalingo con le erbe
che al
mercato nei banchi a stento trovo).
Si
aggrappa al filo che le ho teso, sale
dirigendo
i viticci verso dove
trova
un appiglio. Ha un'intelligenza
quasi
umana, sembra il capo mi guardi
un
occhio solo volto a me che l'osservo.
Io le
parlo, la coccolo, la spio
in
quelle sue estrose evoluzioni
e con
ansia attendo il suo fiorire.
Peccato
solo che è una pianta annuale
e a
novembre di certo sarà morta.
Ma è
ricordo gentile di un'estate
trascorsa
qui tra negri che si ammazzano
e
nigeriane oscene che si vendono
per
pochi euro ai vecchi ed agli infermi.
Una
cosa pulita, un altro mondo
che
pare ignori questi nostri mali.
Caro Nazario, grazie di avere accolto su Leucade il "grido di dolore" di una povera crista immersa in una Babele di gente di colore (ho fatto anche la rima) che si "accapiglia" col machete per il controllo della droga. Spauriti soldatini giocano alla guerra con il mitra in mano ma ci vorrebbe ben altro per questa Ferrara che è diventata la via della droga alla qual cosa sembra non si possa porre rimedio. La zucchina mi cresceva l'anno scorso a darmi qualche soddisfazione ma quest'anno non ho neanche quella. Speriamo in tempi migliori. Intanto a te e a tutti quelli che mi leggono Buon Ferragosto.
RispondiEliminaBuon Ferragosto anche a te, carissima amica, e che la gioia ti sia perenne compagna di vita.
EliminaNazario
Mi vien da ridere se penso che i poeti del passato, nella stragrande maggioranza, avrebbero rigorosamente tenuto lontano le loro penne dall'anonima vicenda d'una zucchina, di una semplice, impoetica piantina. Carla, la demitizzatrice, no; perché per lei la zucchina è metafora della vita in generale, della voglia di vivere in particolare: una vita pulita, vera, genuina nella sua essenzialità.
RispondiEliminaComplimenti a Carla e buon ferragosto a tutti
Pasquale Balestriere
Caro Pasquale, grazie per il tuo commento sempre puntuale e preciso che mi rispecchia in pieno. Infatti, anche se da sempre affermo che il poeta non è altro che uno scrittore e spesso inventa, tuttavia sono una che il suo pensiero lo esprime quasi sempre a chiare lettere senza le edulcorate immagini di una vita che non mi appartiene. Ho fatto recentemente la giurata ad un premio di poesia importante e i concetti, gli argomenti, gli stilemi parevano riprodotti con lo stampino del batiK.
RispondiEliminaMa quello che mi fa sempre immensamente piacere è quando il trio CANAPA si ricompone perché in esso credo molto a dispetto di tutti coloro che mi credono una presuntuosa. Ciao amici di cordata: che siano ancora molti i ferragosti trascorsi insieme.
Carla Baroni
Beh,Neruda ha composto bellissima odi quasi a tutti a tutta la frutta e molte piante commestibili. Basta leggere la sublime Ode al carciofo.
RispondiEliminaComplimenti comunque a questa autrice che non ha dimenticato di nobilitare la zucchina al rango dell' ispirazione poetica.
Patrizio Spinelli
Beh, allora perché non aggiungere - giusto per rimanere ai prodotti della terra meno "nobili" – l’ugualmente bella "Ode alla cipolla" dello stesso Neruda e le poesie dedicate allo medesimo ortaggio dalla Szymborska, dalla Jong e dal Pascoli che lo mette in coppia con l’aglio, ed anche il Virgilio “umile” delle Bucoliche e delle Georgiche, per non dire d'altri? Io però mi ero limitato ad affermare che “i poeti del passato, nella stragrande maggioranza, avrebbero rigorosamente tenuto lontano le loro penne dall'anonima vicenda d'una zucchina...”
EliminaPasquale Balestriere
Una piantina di zucchine a rappresentare ciò che conta per davvero: la semplicità di un’esistenza che vive, apparentemente sopravvive su un balcone, lì dove presta gli occhi, un termine di paragone, per guardare qualcos’altro, qualcosa di meno semplice, meno naturale, ma inevitabilmente esistente. Se non esistesse, non ci sarebbe la consolazione, il desiderio di aggrapparsi a un filo teso, volgendo i viticci dove trova appiglio. Straordinaria metafora, arricchita dalla profondità di un linguaggio semplice, eppure elaborato e ricercato nella forma degli endecasillabi e dei ripetuti enjambement.
RispondiEliminaNon certo uno stampino alla batik. Non posso esimermi, da umile e onesto lettore, dal riconoscere e apprezzare il delicato connubio tra forma e contenuto. La poesia credo serva a questo: a spingere a una riflessione, e senza i moralismi della retorica, la convinzione di possedere verità assolute, se non la consapevolezza, lo sguardo alla bellezza delle cose semplici, un sentimento vissuto o condiviso,non immaginato, una piantina semplice che nasce clandestina su un balcone, su un prato tra le ortiche, un fiore tra le pietre, un seme tra i roveti. Un po’ come la stessa poesia: messaggera di bellezza, di petali e misteri, nata dal grembo dell’esperienza, dalla placenta della terra.
Mi scuso per il limitato giudizio, o l’interpretazione impropria, abituato a valutare un testo, indipendentemente dall’autore. È una questione di coerente educazione nei confronti della poesia. Complimenti Carla. Emanuele Aloisi
Cari amici, grazie dei vostri commenti oltremodo graditi ma non è necessario scomodare scrittori illustri perché la mia poesia non ha assolutamente intendimenti letterari ma è solo un atto di denuncia. Volevo esprimere il contrasto tra un mondo pulito che malgrado tutto si rigenera spontaneamente e un mondo disastrato pieno di vizi e corruzione. Come ho già detto abito nel piazzale di una stazione - chiusa di notte al pubblico perché vi avveniva di tutto - presidiato dall'esercito per tutto l'arco delle ventiquattro ore, percorso in lungo e in largo dalle forze dell'ordine compresi i reparti speciali che si mimetizzano. Chi mi conosce sa che dico spesso quello che penso anche se sono un tantino controcorrente. La pianta di zucchine è stata un pretesto sebbene l'abbia amata molto, come amo molto tutte le piante che mi nascono spontanee sul balcone: non ne “uccido” nessuna. Ho coltivato pure, per anni, un'ortica che, ingrata, non mi ha mai degnato di un suo fiore come ebbi a esprimere in un mio sonetto. Ma questa flora selvatica che il vento mi porta rappresenta la “speranza” come ha detto sostanzialmente Pasquale nel suo commento. Grazie ancora a tutti.
RispondiEliminaCarla Baroni