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giovedì 1 novembre 2018

NAZARIO: "OLTRE QUEL MURO", PER I NOSTRI ESTINTI


Oltre quel muro

La notte
ai flebili lumi
e fra le stelle
belle le mie anime
sul prato al cimitero;
all’ora tarda,
quando i viventi
sono nei giacigli,
s’incontrano tra i tigli
ed i cipressi.


Escono dai marmi freddi
sulla loro terra
e tra l’odore di cera
e il fumo della notte,
tra l’esalare di rose,
di gigli ed orchidee,
parlano di affetti e di ricordi
ai bordi dei sepolcri;
le puoi vedere:
ecco mio padre con mia madre
ed ecco mio fratello
che sorridente
per l’agognato arrivo
vola di gioia.

Restano le anime
fino a notte fonda,
non odi parole di spiriti,
ma vedi l’aria che vibra,
l’aria che tocca le fronde,
le lievi foglie
alle soglie dei sepolcri.
La vita, la morte,
le corte strade,
le rade immagini dei viventi,
gli spenti visi del passato:
tutto è beato ora.

Il regno dei morti
vive di nuovo,
sorge alla penombra
e si anima nel tardi;
se  guardi sotto l’ombre
dei cipressi,
i tramonti attendono l’oscuro,
il puro regno
oltre quel muro
dei nostri cimiteri.

 Nazario

9 commenti:

  1. Che bella!!! Nazario, con questo esemplare, toccante componimento poetico, Lei ha restituito vitalità ai morti, al loro puro regno. E con lo stesso vibrante, commovente, condiviso abbraccio oltre quel muro, Le dono un sereno saluto. Grata,
    Rita Fulvia Fazio

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  2. Chiedo scusa... completo il commento precedente con la parola dignità: dignità al loro puro regno. Grazie Rita Fulvia Fazio

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  3. Che bella!!! Nazario, con questo esemplare, toccante componimento poetico, Lei ha restituito vitalità ai morti, dignità al loro puro regno. E con lo stesso vibrante sentimento e commovente, condiviso abbraccio oltre quel muro, Le dono un sereno saluto. Grata,
    Rita Fulvia Fazio

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  4. Stupendo l'intreccio tra la vita e la morte. Se è vero che ciò che vive muore, è altresì vero che ciò che muore vive. E' una saggezza atavica quella che in questi versi semplici e profondi, con musicalità struggente e limpida, Nazario Pardini comunica ai lettori. L'invisibile resta invisibile, ma fa tutt'uno con il visibile, comunicando per vie esclusivamente interiori. Mistero e realtà sono inseparabili in questa "poesia di conoscenza", come mi sembra di poter definire l'ars poetica di Pardini in generale. La tipologia di "memoria" che in questa, come in tante altre composizioni del Nostro appare, è vitalistica, nel senso che è humus vitale, e non antiquaria o mortuaria. Distinzione sottile, forse, ma davvero rivoluzionaria.
    Franco Campegiani

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  5. Stupendo l'intreccio tra la vita e la morte... Se è vero che ciò che vive muore, è altresì vero che ciò che muore vive. E' una saggezza atavica quella che in questi versi semplici e profondi, con musicalità struggente e limpida, Nazario Pardini comunica ai lettori. L'invisibile resta invisibile, ma fa tutt'uno con il visibile, comunicando per vie esclusivamente interiori. Mistero e realtà sono inseparabili in questa "poesia di conoscenza", come mi sembra di poter definire l'ars poetica di Pardini in generale. La tipologia di "memoria" che qui, come in tante altre composizioni del Nostro, appare, è vitalistica e non antiquaria o mortuaria. Spinge cioè a vivere, a portare quelle memorie nel vivere quotidiano, e non a chiudersi in un illusorio limbo mentale. Distinzione sottile, probabilmente, ma a mio parere rivoluzionaria.
    Franco Campegiani

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  6. il muro, come la siepe, e quell'invito a guardare 'oltre'...finanche oltre il muro dei cimiteri che stiamo diventando con il dimenticarci d'essere esseri umani...invita alla riflessione la tua poesia, carissimo Nazario, e per questo ti ringrazio.
    Angela Greco AnGre

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  7. Commovente questa testimonianza. Nn so perchè 'l'intreccio tra la vita e la morte'al quale allude con la consueta competenza Franco, mi ha fatto tornare in mente la lirica di Totò "'A livella". Gli argomenti sono
    diversissimi, ma esiste questo continuum tra l'esistenza e l'oltre. E le immagini sono di espressività folgorante.
    "Il regno dei morti
    vive di nuovo",
    o forse vive per sempre, non solo tra i cipressi e nel cimitero. Nazario mio, tu dipingi il quadro degli Amori che si palesano e, come sempre, le tue parole sono una romanza. Si ode il loro fruscio, si vedono i loro sorrisi,e si assiste al loro volo... Tutto rinasce e la lirica lascia intendere, o forse è mia volontà interpretarla così, che nulla muore davvero. Gli Amori ci lasciano fisicamente, ma ci restano per sempre vicini in un'altra dimensione spazio - temporale. Non sappiamo come sia l'al di là, e non abbiamo , quindi cognizione, di dove abitino, ma siamo certi di dove restino: accanto a noi. Fino alla fine del tempo. Nei tuoi versi di raso si rendono visibili il 2 novembre e sorridono, 'parlano di affetti e di ricordi', palpitano e sognano con noi. Che capolavoro, Amico mio! Sei l'essenza della Poesia e dell'Umanità!
    Maria Rizzi

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  8. Una composizione, questa, che al di là di quell’accenno ai “marmi freddi”, non reca traccia di sofferenza o di pessimistica negatività, pur sottendendo una lieve, forse lievissima, nota di malinconia. Così l’affetto del poeta e la sua fervida capacità evocativa, nel riconvocare alla vita (atto in cui si rivela il "quid divinum" della poesia) coloro che da un pezzo l’hanno abbandonata, infonde nella scena rappresentata ed anche nei personaggi (“ed ecco mio fratello /che sorridente /per l’agognato arrivo /vola di gioia.”) una calda vivezza, connotandola di una cordiale, partecipata e franca “corrispondenza d’amorosi sensi”, per dirla con Foscolo. Un’emozione creativa proprio ben trasfusa in versi, se qui il cimitero perde ogni carattere triste o doloroso per configurarsi come luogo di colloqui e di sentimenti affettuosi.
    Pasquale Balestriere

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  9. Questa dolcissima rievocazione dei propri cari è quasi un incontro di anime ai Campi Elisi di classica memoria. Nazario è cantore della bellezza e dell'amore tout-court, non si smentisce neppure in questa atmosfera quasi cimiteriale., dove il lirismo dei versi spontaneamente si sposa alla malinconia del rimpianto.
    La cultura riporta sì all'idea della morte nei Beati Elisi, ma qui è presente anche il romantico culto dei Sepolcri, per ricordo ed esempio di vita nel tempo. Tuttavia ciò che distingue dal mito il pensiero tutto pardiniano è contenuto nei versi finali, che sanno ancora e sempre di vita, di vita che non finisce, ma "vive di nuovo", seppure nel "regno dei morti", laddove i viventi possono incontrarsi con i reciproci affetti.
    Tutta la composizione respira lirismo puro, anche se il dettato poetico offre più di un motivo alla riflessione.
    Edda Conte.

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