Nota a margine su La regola dell'orizzonte (puntoacapo 2019) di Alessandra Paganardi
Una parola
poetica autentica e in continuo movimento quella di Alessandra Paganardi, che
si pone come riferimento per sempre nuove interpretazioni, a ricordarci con
Alessio Tanfoglio (in "Epistéme e utopia" ,Youcanprint 2017) che la
realtà non è un a - priori ma un fluire continuo e che il poeta e il filosofo
sono spesso figure coincidenti che la descrivono nel mentre del farsi,
attraverso la riflessione tradotta in linguaggio.
Movimenti - onde di cui ci parla Marco Ercolani nella suasiva nota di lettura curata al volume, tematica già peraltro annunciata dalla citazione di Celan posta ad epigrafe, i cui termini fonte, reti, mare appartengono tutti al medesimo campo semantico. Un inevitabile flutto in alcuni versi di Alessandra (il flutto inevitabile/ lascia sempre lo scoglio diverso), voce ben riconoscibile nel panorama letterario coevo, per la quale l’aggettivo “femminile” è del tutto scevro di connotazioni limitative; si tratta, infatti di una poesia innervata della speculazione critica e filosofica di stampo femminile ma non solo, più fertile e innovativa, che ho apprezzato per la forte musicalità dal ricco apparato fonoprosodico di assonanze,consonanze e rime interne fin dall'edizione 2008 del Premio Astrolabio, vinta dall'autrice con la silloge "Frontiere apparenti". Più volte ospite, con le sue pubblicazioni, degli incontri e dibattiti al Caffè storico letterario dell'Ussero di Pisa. Forse la regola che ci addita Alessandra in questo suo recente lavoro è quella di accettare il limite, senza essere interessati ad un decisivo di alcun tipo, consci del fluire del tempo, della verità e dell'uomo, l'anello finale, il più debole della catena. Una Paganardi che come Antonia Pozzi ci addita di voler "vivere della poesia come le vene vivono del sangue" (Lettere - A Tullio Gadenz, Milano, 29 gennaio 1933), le stesse vene che da bambino ci guardavamo dopo il frastuono di una sana risata ( A.Paganardi, op.cit.) perché "la gioia è una ferita", la ferita del vivere che solo la forza salvifica della poesia può alleviare.È qui che la cosiddetta "regola dell'orizzonte", una delle risorse più utilizzate per la composizione fotografica, per mano della penna della Paganardi, come già di Virginia Woolf, scende in campo letterario per colpire il lettore/spettatore, facendosi titolo di un'intera micro-silloge. Per concludere non posso che ribadire quanto già scritto nella postfazione a "Frontiere apparenti": che il poieo di Alessandra Paganardi ha la capacità di muoversi sul filo che collega il concreto al sublime, il quotidiano a ciò che travalica le epoche, tramite uno sguardo sincero e attento ed un linguaggio nitido, calibrato nella ricerca di un’essenzialità ricca e viva, anche in virtù di uno stupore genuino, non costruito, cercato con tenacia e levità all’interno dei territori della realtà resa parola e della parola investita del potere di farsi territorio da percorrere, la frontiera, in questo caso l'orizzonte ed il suo superamento.
Movimenti - onde di cui ci parla Marco Ercolani nella suasiva nota di lettura curata al volume, tematica già peraltro annunciata dalla citazione di Celan posta ad epigrafe, i cui termini fonte, reti, mare appartengono tutti al medesimo campo semantico. Un inevitabile flutto in alcuni versi di Alessandra (il flutto inevitabile/ lascia sempre lo scoglio diverso), voce ben riconoscibile nel panorama letterario coevo, per la quale l’aggettivo “femminile” è del tutto scevro di connotazioni limitative; si tratta, infatti di una poesia innervata della speculazione critica e filosofica di stampo femminile ma non solo, più fertile e innovativa, che ho apprezzato per la forte musicalità dal ricco apparato fonoprosodico di assonanze,consonanze e rime interne fin dall'edizione 2008 del Premio Astrolabio, vinta dall'autrice con la silloge "Frontiere apparenti". Più volte ospite, con le sue pubblicazioni, degli incontri e dibattiti al Caffè storico letterario dell'Ussero di Pisa. Forse la regola che ci addita Alessandra in questo suo recente lavoro è quella di accettare il limite, senza essere interessati ad un decisivo di alcun tipo, consci del fluire del tempo, della verità e dell'uomo, l'anello finale, il più debole della catena. Una Paganardi che come Antonia Pozzi ci addita di voler "vivere della poesia come le vene vivono del sangue" (Lettere - A Tullio Gadenz, Milano, 29 gennaio 1933), le stesse vene che da bambino ci guardavamo dopo il frastuono di una sana risata ( A.Paganardi, op.cit.) perché "la gioia è una ferita", la ferita del vivere che solo la forza salvifica della poesia può alleviare.È qui che la cosiddetta "regola dell'orizzonte", una delle risorse più utilizzate per la composizione fotografica, per mano della penna della Paganardi, come già di Virginia Woolf, scende in campo letterario per colpire il lettore/spettatore, facendosi titolo di un'intera micro-silloge. Per concludere non posso che ribadire quanto già scritto nella postfazione a "Frontiere apparenti": che il poieo di Alessandra Paganardi ha la capacità di muoversi sul filo che collega il concreto al sublime, il quotidiano a ciò che travalica le epoche, tramite uno sguardo sincero e attento ed un linguaggio nitido, calibrato nella ricerca di un’essenzialità ricca e viva, anche in virtù di uno stupore genuino, non costruito, cercato con tenacia e levità all’interno dei territori della realtà resa parola e della parola investita del potere di farsi territorio da percorrere, la frontiera, in questo caso l'orizzonte ed il suo superamento.
Valeria
Serofilli
Grazie infinite per questa lettura illuminante del mio lavoro da parte di uno sguardo critico sensibilissimo, che da poeta sa , come pochi, leggere i versi "dall'interno".
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