Giusy Frisina, collaboratrice di Lèucade |
RECENSIONE ALL’OPERA DELL’ 82°FESTIVAL DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO: LE LEGGI FONDAMENTALI DELLA STUPIDITA’ UMANA - TEATRO GOLDONI DI FIRENZE
Qual
è il compito di un’opera d’arte se non mostrare chi siamo in uno specchio
deformante ma non troppo? Quel tanto di deformante che permette di vederci
davvero sia nell’apparenza che nell’interiorità, come due facce della stessa
medaglia? Chi è lo stupido se non l’intelligente che ha dimenticato di poter
essere stupido perduto o salvato dallo sprovveduto,
o che dovendo scegliere ha preferito la stupidità facendosi
talvolta bandito
per mancanza di nuove idee? In fondo siamo tutti intelligenti e siamo
tutti potenziali stupidi, tutti inconsapevoli e annegati nell’ignoranza di noi
stessi che ci perde nella folla dell’inconsistente e del danno ineluttabile?
Il
regista Gian Carlo Cauteruccio ha saputo
rendere perfettamente l’atmosfera straniante delle parole frammentate e poetiche di Giuliano Compagno, magicamente incastonate
nell’opera lirica di Vittorio Montalti, che intreccia suono e voci in un
crescendo di moti contraddittori dove ogni personaggio è a rischio di perdita della propria identità a meno di non
farsi cieco o bandito, in un crescendo di stupida assuefazione a un sistema
perverso in cui si trova immerso fino al
collo, in una vita infernale che ha
perso il suo senso e dove solo la morte può essere l’unico sollievo, in un pessimismo
cosmico che sembra condannare al non
senso di becckettiana memoria tutta la povera disperata umanità che ruota inutilmente su se stessa e
danza la danza ossessiva del vuoto in un
pieno di macchine e scheletri di città disumanizzate? Nel cuore di una struttura
che intrappola i corpi si consuma così il dramma grottesco di una giostra di misfatti e violenza dove ciascuno
è un non- personaggio che rinuncia alla
propria ricerca di verità per obbedire
ciecamente alle leggi fondamentali della
stupidità umana (liberamente ispirate al noto testo di Carlo M. Cipolla) finendo con
l’annullarsi del tutto nella folla che insegue solo la propria insensatezza.
Unico
barlume di speranza il colore della poesia che appare sul finale, per lo
sprovveduto che ricopre una stupidità finalmente stupita pronta ad abbracciare l’amore o
semplicemente a sognarlo nel non- luogo fremente e purificante dell’ utopia che
ci abita da sempre, solo che troviamo il coraggio di recuperarlo.
Giusy Frisina
Sempre molto interessanti gli interventi di Giusy; interessanti ed autentici: "Chi è lo stupido se non l’intelligente che ha dimenticato di poter essere stupido perduto o salvato dallo sprovveduto, o che dovendo scegliere ha preferito la stupidità facendosi talvolta bandito per mancanza di nuove idee? In fondo siamo tutti intelligenti e siamo tutti potenziali stupidi, tutti inconsapevoli e annegati nell’ignoranza di noi stessi che ci perde nella folla dell’inconsistente e del danno ineluttabile?".
RispondiEliminaSi, ci vuole coraggio, ma è questo che ci chiede la poesia. Ci chiede di purificarci alla fonte dello stupore "che ci abita da sempre".
Sandro Angelucci
Grazie Sandro..coraggio si di andare anche controcorrente.
EliminaSoprattutto controcorrente, Giusy
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