UNA
SERATA DI NOSTALGIA E DI SPERANZA INTORNO
AL
LIBRO LA CASA IN MEZZO AL PRATO
DI
MARIA LUISA DANIELE TOFFANIN
Il 4
aprile 2019, in una serata di vento e pioggia, si è svolta a Ponte san Nicolò una particolare presentazione del libro La casa in mezzo al prato, particolare perché in realtà era una
conversazione informale tra il sindaco Enrico Rinuncini e Maria Luisa Daniele
Toffanin, autrice del libro. Un dialogo tessuto appunto di ricordi e di
nostalgia per luoghi vissuti da entrambi, in stagioni diverse ma con uguale
sentimento d’amore, ora lacerati dall’alluvione Vaia dello scorso ottobre. Rovesciando
l’ordine abituale, per prima l’autrice prende la parola presentando la
struttura della sua opera: insieme di appunti scritti nei suoi soggiorni
pasquali ed agostani per quasi 10 lustri (in particolare negli ultimi 23 anni)
relativi al paesaggio, al vissuto nel Pra’ del Toro, ove sorge la casa
rappresentata in copertina, relativi al contesto montano, alle tradizioni
ladine e ai ritorni sempre con entusiasmo per le passeggiate a Sottoguda e ai
Serrai. Tra questi appunti poetici evidenzia la processione del Venerdì Santo,
momento di grande spiritualità nell’immensità del Creato col vento nevoso che
usciva dalla gola dei Serrai. Rammenta poi che questa casa è stata edificata su
un terreno venduto dal Comune di Rocca Pietore ad un gruppo di amici sognatori
e così ricorda di aver attraversato, di sasso in sasso, il torrente Pettorina andando
a vedere il terreno loro offerto. E l’autrice rivela che non sapeva allora di
essere incinta. Quindi la storia di questa casa, un po’ raccontata qui tra le
pagine in prosa, è la storia della sua vita, della sua famiglia e in
particolare di suo figlio Marco. Ovviamente aprendo la porta ai ricordi uno
chiama l’altro, e quindi rivede Checco, il custode che aveva costruito la prima
passerella, la maestra Irma che leggeva i testi sacri e che la costringeva a
fare la parafrasi delle sue poesie per poterle pubblicare nel bollettino della
parrocchia. Rivede anche Nello, il migrante della Valle del Mis, che ritornato
al paese si costruisce l’Hotel Pineta con pasticceria, ora nelle mani del
figlio Pellegrino e di Amalia. Insomma ripercorre tanti sentieri, anche quello
insieme alle donne del Pra’ del Toro per recarsi a telefonare al bar dei Serrai:
favolosa quella cabina quasi preistorica! E passa la parola a Enrico Rinuncini che
avverte subito di non essere un esperto di poesia ma di aver ritrovato, leggendo
questo libro, tante pagine della sua vita e inoltre di aver apprezzato questa
forma di solidarietà culturale per i ragazzi di Rocca Pietore con l’istituzione
di borse di studio, grazie al ricavato della vendita della silloge. Sottolinea
che il suo Comune si era già allertato per la raccolta di fondi, una cospicua
somma di denaro da affidare al sindaco di Rocca Pietore tra pochi giorni. Si
abbandona quindi ai ricordi di anni trascorsi alla Villa Alpina con i compagni,
casa vacanze della parrocchia San Francesco di Padova, tra l’altro anche
insieme ai figli dei cugini dell’autrice presenti lì in sala. Quella casa
quindi, lo stesso Boscoverde rappresentava per lui l’attesa delle festività natalizie,
la gioia di ritrovare ogni anno il luogo amato insieme alle insegnanti suore
sciatrici, di riscoprire i silenzi nelle notti innevate e tante altre magie che
questo paese un po’ selvaggio, e non certamente all’inizio organizzato
turisticamente, offriva. E allora la Toffanin interviene ricordando i suoi
rapporti con la Villa Alpina: le messe vespertine celebrate da padre Leone nella
chiesetta interna con il soffitto bombato e la cugina Patrizia come chierichetta,
e anche le altre messe estive nel bel giardino con viva partecipazione di tutto
il condominio del Pra’ del Toro. Una vita pura, lontana da miserie umane,
purificata dalla natura, sostengono insieme i due interlocutori. E Rinuncini
ritorna al leggendario K2, la grande conquista di una roccia scalata da tutti i
ragazzi, anche dal figlio Marco. Qui i loro ricordi si susseguono lungo il
sentiero fino al condominio, alle prime esperienze sciistiche, allo skilift
allora funzionante, grande gioia per tutti i bambini della colonia e del
condominio, prima che una valanga lo eliminasse. L’autrice interrompe con la
nota triste che quell’indimenticabile sentiero è in parte stato smangiato dalle
acque del Pettorina e che, oltre, il Rio Miniera, una volta solo luogo di
raccolta di minerali, si era trasformato in una minacciosa massa d’acqua che
aveva raggiunto anche il Pra’ del Toro e stretto in una morsa la casa, insieme
al torrente Pettorina: la gente del luogo ancora dice che quella casa è stata
miracolata. I due interlocutori cercano però, in questa paurosa visione
d’acqua, di ritrovare altri ricordi felici e insieme nominano la famiglia De
Grandi a cui tutti accorrevano per noleggiare gli sci. E l’autrice aggiunge che
Alessandro, il giovane De Grandi, l’angelo azzurro del fondo, era il loro
maestro. Qui il pensiero va alla figura di De Dorigo che su quel percorso aveva
creato una scuola di fondo e che sempre la incitava: « – Signora di grazia, sia
libero il tragitto / la pista per De Dorigo –. / Noi devoti al campione, a
colmare / di neve i vuoti, a livellare il manto / ignari allora della quota di
vita / da lui risalita a fatica …». E da questa esperienza dolorosa, è tutto un
succedersi tra la Toffanin e il sindaco, un incrociarsi di ricordi felici ma
anche di tristezze legate agli ultimi eventi. Dalla pasticceria più gettonata, il
pensiero corre a Pellegrino che nel momento terribile dell’alluvione si alzava
all’alba per preparare il pranzo ai 300 soccorritori e anche la Villa Alpina
era un punto di conforto. Quindi dalla nostalgia del passato, che è anche
nostalgia di un tempo perduto, per Rinuncini 34 anni trascorsi lì di vacanze
natalizie, per i Toffanin più di 40 anni vissuti nel Pra’ del Toro, insistente è
il ritorno doloroso alla disastrosa situazione attuale e alla speranza di poter
al più presto ricostruire questa terra dall’affascinante storia. L’autrice
ricorda infatti che le sue vicende storiche affondano in un lontano passato
(l’uomo di Mondeval è di 7 mila anni fa) e tanti popoli l’hanno attraversata
lasciando ognuno le proprie testimonianze e in particolare preziosi sono stati
i rapporti con Bressanone per le miniere del Fursil e con Venezia. E questo la
conduce ad esaltare la creatività del paese legata all’arte del ferro battuto e
alla lavorazione artistica del legno di Mario Baldissera. Diventa quindi quasi
conforto rileggere per Rinuncini le poesie dedicate ai Serrai, con la loro
funzione turistica sia estiva come passeggiata sia invernale come palestra di
arrampicata su ghiaccio o via innevata per discesa sciistica. L’autrice invece nomina
il museo di Selva di Cadore abitato ora dall’uomo di Mondeval, la staccionata
e tante altre liriche che mettono in
evidenza anche la vita nel Pra’ del Toro, nel susseguirsi delle generazioni
così simile a quella degli operatori turistici di Rocca Pietore, di Sottoguda e
Boscoverde che hanno passato il testimone da padre in figlio secondo un
naturale procedere. Ripensa con amarezza che, nell’agosto del 2018, due negozi a Rocca Pietore erano stati chiusi:
luoghi di acquisto e di incontro umano. Ma come motivo di speranza riferisce le
parole di Pellegrino a lei dette durante una telefonata: “Ma sai che venendo su
da Caprile ho visto nella valle una luce nuova mai vista prima?” E lei a
rispondergli: “Bravo Pellegrino, questa è la luce della speranza”. “Si – ha
aggiunto lui – di rifare tutto e in modo migliore”. Varie letture si alternano
fra l’autrice, il sindaco e Daniela Babolin, cara amica sempre presente.
Ovviamente un tipo di colloquio di questo genere così appassionato, vero,
autentico, pieno di affetti e di persone, di luoghi e di dolore spinge anche i
presenti ad intervenire. Marco parla dei luoghi recentemente da lui visitati
con amara meraviglia per la potenza distruttiva della natura. Invece l’editore-giornalista
Stefano Valentini afferma che in questo libro si avvertono le minute storie di
noi umani come schegge dell’infinito inserite in un grande spazio senza tempo
in cui si respira un senso di eterno. Aggiunge che lui è onorato di aver editato
il libro a cui è profondamente legato. Poi ovviamente ci si sofferma a parlare
delle borse di studio realizzate con la vendita di questa silloge i cui bandi
sono già stati inviati ai giovani residenti nel comune di Rocca Pietore. Rinuncini
racconta anche del suo progetto di
portare la figlia a rivedere quei luoghi così importanti della sua vita anche
se il ritorno sarà amaro. Poi alla fine di tutto il sindaco invita i cugini
Schiavon all’inaugurazione di Villa Crescente ora convertita in biblioteca, dato
che sono stati gli ultimi abitanti della casetta di fianco. Prende la parola alla
fine anche un alpino che ricorda la presenza dei loro volontari nei soccorsi. Si
conclude questo momento di vita insieme con ringraziamenti reciproci e
affettuosi nella gioia della condivisione.
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