sabato 4 maggio 2019

M. L. DANIELE TOFFANIN: "LA CASA IN MEZZO AL PRATO"


UNA SERATA DI NOSTALGIA E DI SPERANZA INTORNO
AL LIBRO LA CASA IN MEZZO AL PRATO
DI MARIA LUISA DANIELE TOFFANIN

Il 4 aprile 2019, in una serata di vento e pioggia, si è svolta a Ponte san Nicolò una particolare presentazione del libro La casa in mezzo al prato, particolare perché in realtà era una conversazione informale tra il sindaco Enrico Rinuncini e Maria Luisa Daniele Toffanin, autrice del libro. Un dialogo tessuto appunto di ricordi e di nostalgia per luoghi vissuti da entrambi, in stagioni diverse ma con uguale sentimento d’amore, ora lacerati dall’alluvione Vaia dello scorso ottobre. Rovesciando l’ordine abituale, per prima l’autrice prende la parola presentando la struttura della sua opera: insieme di appunti scritti nei suoi soggiorni pasquali ed agostani per quasi 10 lustri (in particolare negli ultimi 23 anni) relativi al paesaggio, al vissuto nel Pra’ del Toro, ove sorge la casa rappresentata in copertina, relativi al contesto montano, alle tradizioni ladine e ai ritorni sempre con entusiasmo per le passeggiate a Sottoguda e ai Serrai. Tra questi appunti poetici evidenzia la processione del Venerdì Santo, momento di grande spiritualità nell’immensità del Creato col vento nevoso che usciva dalla gola dei Serrai. Rammenta poi che questa casa è stata edificata su un terreno venduto dal Comune di Rocca Pietore ad un gruppo di amici sognatori e così ricorda di aver attraversato, di sasso in sasso, il torrente Pettorina andando a vedere il terreno loro offerto. E l’autrice rivela che non sapeva allora di essere incinta. Quindi la storia di questa casa, un po’ raccontata qui tra le pagine in prosa, è la storia della sua vita, della sua famiglia e in particolare di suo figlio Marco. Ovviamente aprendo la porta ai ricordi uno chiama l’altro, e quindi rivede Checco, il custode che aveva costruito la prima passerella, la maestra Irma che leggeva i testi sacri e che la costringeva a fare la parafrasi delle sue poesie per poterle pubblicare nel bollettino della parrocchia. Rivede anche Nello, il migrante della Valle del Mis, che ritornato al paese si costruisce l’Hotel Pineta con pasticceria, ora nelle mani del figlio Pellegrino e di Amalia. Insomma ripercorre tanti sentieri, anche quello insieme alle donne del Pra’ del Toro per recarsi a telefonare al bar dei Serrai: favolosa quella cabina quasi preistorica! E passa la parola a Enrico Rinuncini che avverte subito di non essere un esperto di poesia ma di aver ritrovato, leggendo questo libro, tante pagine della sua vita e inoltre di aver apprezzato questa forma di solidarietà culturale per i ragazzi di Rocca Pietore con l’istituzione di borse di studio, grazie al ricavato della vendita della silloge. Sottolinea che il suo Comune si era già allertato per la raccolta di fondi, una cospicua somma di denaro da affidare al sindaco di Rocca Pietore tra pochi giorni. Si abbandona quindi ai ricordi di anni trascorsi alla Villa Alpina con i compagni, casa vacanze della parrocchia San Francesco di Padova, tra l’altro anche insieme ai figli dei cugini dell’autrice presenti lì in sala. Quella casa quindi, lo stesso Boscoverde rappresentava per lui l’attesa delle festività natalizie, la gioia di ritrovare ogni anno il luogo amato insieme alle insegnanti suore sciatrici, di riscoprire i silenzi nelle notti innevate e tante altre magie che questo paese un po’ selvaggio, e non certamente all’inizio organizzato turisticamente, offriva. E allora la Toffanin interviene ricordando i suoi rapporti con la Villa Alpina: le messe vespertine celebrate da padre Leone nella chiesetta interna con il soffitto bombato e la cugina Patrizia come chierichetta, e anche le altre messe estive nel bel giardino con viva partecipazione di tutto il condominio del Pra’ del Toro. Una vita pura, lontana da miserie umane, purificata dalla natura, sostengono insieme i due interlocutori. E Rinuncini ritorna al leggendario K2, la grande conquista di una roccia scalata da tutti i ragazzi, anche dal figlio Marco. Qui i loro ricordi si susseguono lungo il sentiero fino al condominio, alle prime esperienze sciistiche, allo skilift allora funzionante, grande gioia per tutti i bambini della colonia e del condominio, prima che una valanga lo eliminasse. L’autrice interrompe con la nota triste che quell’indimenticabile sentiero è in parte stato smangiato dalle acque del Pettorina e che, oltre, il Rio Miniera, una volta solo luogo di raccolta di minerali, si era trasformato in una minacciosa massa d’acqua che aveva raggiunto anche il Pra’ del Toro e stretto in una morsa la casa, insieme al torrente Pettorina: la gente del luogo ancora dice che quella casa è stata miracolata. I due interlocutori cercano però, in questa paurosa visione d’acqua, di ritrovare altri ricordi felici e insieme nominano la famiglia De Grandi a cui tutti accorrevano per noleggiare gli sci. E l’autrice aggiunge che Alessandro, il giovane De Grandi, l’angelo azzurro del fondo, era il loro maestro. Qui il pensiero va alla figura di De Dorigo che su quel percorso aveva creato una scuola di fondo e che sempre la incitava: « – Signora di grazia, sia libero il tragitto / la pista per De Dorigo –. / Noi devoti al campione, a colmare / di neve i vuoti, a livellare il manto / ignari allora della quota di vita / da lui risalita a fatica …». E da questa esperienza dolorosa, è tutto un succedersi tra la Toffanin e il sindaco, un incrociarsi di ricordi felici ma anche di tristezze legate agli ultimi eventi. Dalla pasticceria più gettonata, il pensiero corre a Pellegrino che nel momento terribile dell’alluvione si alzava all’alba per preparare il pranzo ai 300 soccorritori e anche la Villa Alpina era un punto di conforto. Quindi dalla nostalgia del passato, che è anche nostalgia di un tempo perduto, per Rinuncini 34 anni trascorsi lì di vacanze natalizie, per i Toffanin più di 40 anni vissuti nel Pra’ del Toro, insistente è il ritorno doloroso alla disastrosa situazione attuale e alla speranza di poter al più presto ricostruire questa terra dall’affascinante storia. L’autrice ricorda infatti che le sue vicende storiche affondano in un lontano passato (l’uomo di Mondeval è di 7 mila anni fa) e tanti popoli l’hanno attraversata lasciando ognuno le proprie testimonianze e in particolare preziosi sono stati i rapporti con Bressanone per le miniere del Fursil e con Venezia. E questo la conduce ad esaltare la creatività del paese legata all’arte del ferro battuto e alla lavorazione artistica del legno di Mario Baldissera. Diventa quindi quasi conforto rileggere per Rinuncini le poesie dedicate ai Serrai, con la loro funzione turistica sia estiva come passeggiata sia invernale come palestra di arrampicata su ghiaccio o via innevata per discesa sciistica. L’autrice invece nomina il museo di Selva di Cadore abitato ora dall’uomo di Mondeval, la staccionata e  tante altre liriche che mettono in evidenza anche la vita nel Pra’ del Toro, nel susseguirsi delle generazioni così simile a quella degli operatori turistici di Rocca Pietore, di Sottoguda e Boscoverde che hanno passato il testimone da padre in figlio secondo un naturale procedere. Ripensa con amarezza che, nell’agosto del 2018,  due negozi a Rocca Pietore erano stati chiusi: luoghi di acquisto e di incontro umano. Ma come motivo di speranza riferisce le parole di Pellegrino a lei dette durante una telefonata: “Ma sai che venendo su da Caprile ho visto nella valle una luce nuova mai vista prima?” E lei a rispondergli: “Bravo Pellegrino, questa è la luce della speranza”. “Si – ha aggiunto lui – di rifare tutto e in modo migliore”. Varie letture si alternano fra l’autrice, il sindaco e Daniela Babolin, cara amica sempre presente. Ovviamente un tipo di colloquio di questo genere così appassionato, vero, autentico, pieno di affetti e di persone, di luoghi e di dolore spinge anche i presenti ad intervenire. Marco parla dei luoghi recentemente da lui visitati con amara meraviglia per la potenza distruttiva della natura. Invece l’editore-giornalista Stefano Valentini afferma che in questo libro si avvertono le minute storie di noi umani come schegge dell’infinito inserite in un grande spazio senza tempo in cui si respira un senso di eterno. Aggiunge che lui è onorato di aver editato il libro a cui è profondamente legato. Poi ovviamente ci si sofferma a parlare delle borse di studio realizzate con la vendita di questa silloge i cui bandi sono già stati inviati ai giovani residenti nel comune di Rocca Pietore. Rinuncini  racconta anche del suo progetto di portare la figlia a rivedere quei luoghi così importanti della sua vita anche se il ritorno sarà amaro. Poi alla fine di tutto il sindaco invita i cugini Schiavon all’inaugurazione di Villa Crescente ora convertita in biblioteca, dato che sono stati gli ultimi abitanti della casetta di fianco. Prende la parola alla fine anche un alpino che ricorda la presenza dei loro volontari nei soccorsi. Si conclude questo momento di vita insieme con ringraziamenti reciproci e affettuosi nella gioia della condivisione.

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