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mercoledì 28 agosto 2019

LINO D'AMICO DA: "IL VIANDANTE DEI SOGNI", DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE


Lo spessore del nulla

Vanno i passi lungo il sentiero,
poi, improvviso refolo di brezza
 cancella ogni orma,
ricordo di giorni svaniti.

Voce non voce del tempo,
vuoto spessore del nulla,
pensieri tra torpori senza eco
lasciati da quel vuoto nei silenzi.

Briciole d’illusioni
e carezze di lacrime asciutte,
silenziose, dormono
nel giaciglio dell’inconscio.


Lino D’Amico

Nella vita
non contano i passi che fai,
né le scarpe che usi,
ma le impronte che lasci.
                                   Agostino Conte


Il rifugio del tempo
  
L’ incognito fluire dell’attesa,
declina la pantomima del nuovo giorno,
satura assonnate atmosfere
e frantuma attimi ormai appassiti.

Mi smarrisco nel tempo del mio crepuscolo,
ostaggio di illusori miraggi,
tra metafore di sogni, perle di pioggia
e sibili di vento che graffiano le pietre.

Reconditi mormorii del passato
presidiano, muti, l’alfabeto dei ricordi,
nell’onirica solitudine di penombre,
di una vacua ricerca di palpiti di certezze.

Lino D’Amico
                               
                               Il ricordo è l’unico paradiso
                 da cui non possiamo 
                 essere cacciati.
                                Jean Paul F. Richter


I solchi del tempo

Le rughe degli anni
rubano momenti magici,
percepiscono lo sconforto
di mai voluti addii,
sentono il fruscio
di foglie ingiallite
che cadono inerti,
mentre il cuore
si ammanta di solitudine.

                                    Ugo Zanasi

Solitudine,
un ponte mai raggiunto
da una strada,
un colore, da nessuna luce.
                                Fabrizio Caramagna










     





PREMIO MIMESIS RISULTATI E INVITO


Egregio Presidente Nazario Pardini, egregi giurati, giornalisti, poeti, cari amici ospiti e collaboratori, vi invio il programma previsto per la cerimonia premiativa del MIMESIS e per il giorno successivo. Il programma contiene gli orari della navetta messa a disposizione per il vostro trasferimento al castello. Sperando che il tutto sia di vostro gradimento, vi saluto cordialmente, nell'attesa di voi. Grazie mille di tutto.

Patrizia  Stefanelli
  
* in allegato anche la locandina del premio, la copertina dell'antologia, l'invito e il comunicato stampa.

Comunicato stampa


 XXII PREMIO NAZIONALE MIMESIS DI POESIA


Venerdì 30 agosto 2019, alle ore 18:30, con la conferenza stampa dedicata ai poeti, alla giuria e agli artisti, comincerà, presso la cavea del CASTELLO MEDIEVALE di Itri la serata conclusiva della XXII edizione del Premio Nazionale Mimesis di poesia in collaborazione con il Comune di Itri. Dopo una piccola interruzione per un brindisi si proseguirà con la serata di premiazione alle ore 21:00. In caso di pioggia l’evento si terrà nelle sale del castello. Sarà presente Lazio TV.
Ospite musicale della serata il Maestro Marco Lo Russo concertista di fama internazionale, che ha reso la fisarmonica protagonista indiscussa della sua arte musicale sdoganandola dallo strumento popolare dell'immaginario collettivo; compositore, arrangiatore, direttore d'orchestra, produttore della Rouge Sound Production (label e studio di registrazione), musicologo nonché già docente in diversi Conservatori di musica italiani e stranieri, è considerato tra i musicisti italiani contemporanei più rappresentativi della nuova generazione. Insieme al Maestro Marco Lo Russo il soprano e pianista Min Ji Kang.
Le liriche saranno lette da Enzo Bacca, Nino Fausti, Nicola Maggiarra, Patrizia Stefanelli, nell’ambito di uno spettacolo in cui i poeti saranno presentati al pubblico.
Condurrà la serata la giornalista e scrittrice Antonia De Francesco.
Ad accogliere gli ospiti: Francesca Stefanelli, Gaia Zanfrisco, Giovanni Martone.
La scenografia è di Massimo Patroni Griffi.
Espone la pittrice Kateryna Tropnikova
 “Il Premio Mimesis si conferma tra i più importanti concorsi letterari in Italia - dice la Dott.ssa Patrizia Stefanelli, direttore artistico della manifestazione - hanno partecipato, rendendoci onore, quasi 400 tra le più belle penne italiane, per un totale di 982 poesie ammesse al concorso, lette e giudicate da una giuria in grado di comprendere e apprezzare i vari stili poetici e il loro valore letterario. La giuria del Mimesis, che cambia ogni anno (e questa è garanzia di democrazia e grande apertura), ha visto avvicendarsi alla presidenza Renato Filippelli, Valentino Zeichen e Davide Rondoni; oggi si affida alla preziosa collaborazione di Nazario Pardini, poeta, critico e saggista di chiara fama. Il Pardini, nato ad Arena Metato dove vive, trascorre  parte dell’anno in Versilia, a Torre del Lago Puccini, dove le suggestioni dei panorami che emozionarono il Maestro hanno avuto ed hanno un grande peso sulla sua copiosa produzione poetica. Laureato in Letterature Comparate alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Pisa e successivamente quella in Storia alla stessa Facoltà dello stesso Ateneo. E' ordinario di Lingua e Letteratura Italiana in pensione.   
Avremo il piacere e l’onore di consegnare, insieme al Sig. Sindaco del Comune di Itri Antonio Fargiorgio, il Premio Mimesis alla Carriera a Corrado Calabrò, insigne magistrato, saggista, narratore e poeta, vanto della nostra bella cultura italiana, anche all'estero. Molto apprezzato in Ucraina, dove le sue opere sono state tradotte e pubblicate e dove gli sono state conferite due lauree honoris causa, in particolare una nel 1997 all’Università Mechnikov di Odessa e nel 2015 a quella di Mariupol, oltre a quella all’università Vest Din di Timișoara in Romania nel 2000.  L'Accademia delle Scienze di Kiev lo ha voluto onorare con la richiesta all’Unione Astronomica Internazionale di dare il suo nome all'ultimo asteroide scoperto.
Il suo poema Roaming racconta di un asteroide che cade sulla Luna, facendo sussultare la Terra. Da ricordare anche che nel 1999 è stato tra i finalisti al Premio Strega.
Dice il presidente dell'associazione Mimesis Nicola Maggiarra: “Dopo il memorial al compianto artista itrano Vito La Rocca, quest'anno il Premio ricorda Albino Cece, giornalista e storico vissuto a Itri, persona di grande cultura e saggezza. Ad Albino Cece è intitolato il premio attribuito al poeta Carmelo Salvaggio, vincitore della provincia di Latina. Grazie alla collaborazione del Comune di Itri, degli sponsor e dei tanti amici giornalisti e degli operatori culturali, il Premio Mimesis cresce in Bellezza.” 
La giuria presieduta dal Prof. Nazario Pardini e composta da: Nicola Maggiarra, Aniello Apicella, Fabia Baldi, Loriana Capecchi, Franco Di Carlo, Grazia Dormiente, Annalisa Rodeghiero, ha completato l’esame delle poesie a concorso. Dopo attenta verifica della regolarità delle votazioni, il presidente di giuria, Prof. Nazario Pardini, ha approvato la seguente graduatoria pubblicata dal segretario Giovanni Martone:
POESIE VINCITRICI SEZIONE A (poesia inedita)
Poesia prima classificata Prodigio di seme di Franco Fiorini (FR)
Poesia seconda classificata Le caramelle di Shamira di Rodolfo Vettorello (MI)
Poesia terza classificata Canzone per voce sola di Valerio di Paolo (RM)
Poesia quarta classificata Come foglie d’autunno noi di Mina Antonelli (BA)
Poesia quinta classificata Nulla invoco più di Emanuela Dalla Libera (LI)
Poesia sesta classificata Nell’eco dei giorni di Antonio Damiano (LT)
Poesia settima classificata Tempio dell’amore di Rosanna Di Iorio (CH)
Poesia ottava classificata Il tuo esultare ancora, oltre la neve di Alfredo Rienzi
(TO)
Poesia nona classificata Dentro il respiro di Stefano Peressini (NA)
Poesia decima classificata Pietre del sud di Umberto Druschovic (AO)
Poesia undicesima classificata Il clamore di Nunzio Buono (PV)
Poesia dodicesima classificata Senza Tempo di Marisa Cossu (TA)

POESIE VINCITRICI SEZIONE B (poesia edita)
Poesia prima classificata E tu seguissi di Antonio Colandrea (MT)
Poesia seconda classificata Immota ruggine di Angela Ambrosini (PG)
Poesia terza classificata Porto franco di Dante Pastorelli (FI)
Poesia quarta classificata Jora di Maricla Di Dio (EN)
Poesia quinta classificata Sillaba di eterno di Dario Marelli (MB)
 Poesia sesta classificata A mia madre di Valerio Di Paolo (RM)
Poesia settima classificata Le figlie di Ilio di Antonio Damiano (LT)
Poesia ottava classificata Canto al viandante di Tullio Mariani (PI)
Poesia nona classificata Tra queste quattro nuvole di Franca Donà (VC)
 Poesia decima classificata A Gaia, nipote appena nata di Angela Caccia (KR)
Poesia undicesima classificata Assenza di Michele Ginevra (CL)
Poesia dodicesima classificata Er primo mare di Marcello Remia (RM)
Tutte le opere vincitrici, senza oneri per i poeti, saranno raccolte nell’antologia dal titolo Dell’umana insufficienza, ispirato dalla prefazione di Nazario Pardini, sponsorizzata da G&A porte. L’antologia è stata pubblicata da Armando Caramanica Editore nella collana “Mimesis” diretta da Patrizia Stefanelli. La copertina ospita il dipinto “Il Ponte” di Cesare Canuti, in omaggio all’artista emiliano da poco scomparso e in memoria delle vittime del ponte Morandi di Genova.
Sarà assegnato durante la serata il PREMIO SPECIALE STAMPATARGA IPLAC alla poesia (una tra le 24 vincitrici) di maggiore impatto comunicativo. La giuria: Presidente - Orazio La Rocca (Gruppo L’Espresso), Orazio Ruggieri, Francesco Cairo, Armando Caramanica.
Sarà presente il vice presidente IPLAC Dott.ssa Laila Scorcelletti.

Per il pubblico è disponibile un servizio navetta gratuito andata e ritorno, con partenza da piazzale Padre Pio fin dalle ore 19:30 Il servizio è messo a disposizione dall’amministrazione comunale.

Il direttore artistico
Patrizia Stefanelli







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martedì 27 agosto 2019

GUIDO MIANO EDITORE: "METAMORFOSI E SUBLIMAZIONI" DI R. FULVIA FAZIO


NOVITA’ EDITORIALE: GUIDO MIANO EDITORE – MILANO COMUNICATO STAMPA



Esordio letterario della poetessa RITA FULVIA FAZIO con il volume Metamorfosi e sublimazioni, con prefazione di ENZO CONCARDI edito GUIDO MIANO EDITORE, nella Collana Poesia Elegiaca dei Maestri Italiani dal ‘900 ad oggi.

E’ uscito in questi giorni Metamorfosi e sublimazioni, opera prima di Rita Fulvia Fazio, una scelta dei suoi testi poetici più significativi. Il volume porta la prefazione del noto critico e poeta Enzo Concardi e un giudizio critico di Nazario Pardini.
Alla sua prima prova editoriale, la poetessa Rita Fulvia Fazio si presenta già con significative ‘credenziali’ critiche che ne avvalorano lo spessore poetico, sottolineando la profondità, la complessità e gli specchi d’anima della sua sensibilità lirica: “...Tanta spiritualità in questa silloge, tanta polisemica attrazione, tanta pluralità di voci che chiama alla meditazione sull’essere e l’esistere, tempo, memoria, saudade, nostos, vita. … Tanti interrogativi che l’uomo si pone sulla sua condizione di anima vagante; tanti perché irrisolti e irrisolvibili per noi legati alla terra con lo sguardo rivolto al cielo...” (Nazario Pardini). 
Scrive Enzo Concardi nella prefazione: “è indubbio che la poetica della nostra autrice è impostata spesso sulla dinamica significato-significante, ovvero espressioni che rimandano a contenuti da dipanare attraverso l’ermeneutica; su ambivalenze che la rendono, in senso lato, ermetica e criptica, caratteristica che però conferisce fascino ad un verseggiare sovente altalenante tra il piano della realtà e quello onirico; su giochi di parole, rime e ritmi inseriti appositamente per vivacizzare “l’andante con moto” delle scansioni, che è il movimento da lei preferito; ed ancora su un linguaggio che non disdegna d’essere anche esoterico, cifra che induce il lettore ad inseguirla nella cerchia degli iniziati o ad accettare di restare nel mistero.
Nella dichiarazione d’amore alla natura è invece diretta e sorprende questo stacco netto comunicativo del suo sentire interiore: “La natura è / spettacolare ed è / nutrimento alle / nostre emozioni / e l’immaginazione / ci restituisce / il ritmo / per viverle. / Per me è / poesia / e lì c’è tutta la mia vita / e mi commuove pensarlo. / E piango / di gioia e di bellezza / nell’espressione del dolore / che è vita e plauso.”. (Ritmo tra sogno e realtà).
Esordio letterario, dunque, di notevole impegno con una poesia ispirata a diversi motivi tra loro intrecciati: da quelli della condizione umana a quelli degli amorosi sensi, fino allo scavo nell’io alla ricerca del senso del tempo.

RITA FULVIA FAZIO, METAMORFOSI E SUBLIMAZIONI, prefazione di ENZO CONCARDI nella collana Poesia elegiaca dei Maestri italiani dal ‘900 ad oggi, Guido Miano Editore – Milano, pag 80, Euro 18,00.

GUIDO MIANO EDITORE - VIA EMANUELE FILIBERTO 12 - 20149 MILANO
UFFICIO STAMPA 023451804 - 023451806 - mianoposta@gmail.com

lunedì 26 agosto 2019

RITA FULVIA FAZIO: "ARTE DIFFUSA"


Arte diffusa

Rita Fulvia Fazio,
collaboratrice di Lèucade

Incantata osservo /
gli splendidi dipinti /
dal tocco rapido e sofferto /
della sensazione /
che l'artista /
rinnova e decanta /
al mondo di ieri /
e trasla /
da quadro a quadro /
al mio sguardo /
che via via scivola, /
si perde, si bea, /
trascende le tele /
e scava nel profondo, / 
declina la sua volontà /
che pulsa nell'atmosfera / 
rappresentativa e metafisica / 
e la imprime nello spirito /
di oggi, vivendo. /
Io e lui, /
sì che meraviglio e stupisco /
la quotidiana realtà./
Dalle impressioni colte /
traggo spazio e libertà. /
E catturo l'interazione /
tra luce, colore e Amore, /
l'effetto vero e reale /
prima che svanisca. /
Assecondo la mia /
inclinazione poetica /
per donare a voi, /
raggiante, /
l'arcobaleno delle emozioni, /
balsamo unico di verità. /
Del mio desiderio, /
nel passaggio che nutre /
vista e affetto, /
se ad alcuno /
la giovialità /
non è ammaliante, /
discosti interesse / 
e magia evocativa,/ 
non sposi /
questa mia rilassante /
e intrigante visione, /
se tra luce e ombra /
la trasparenza / 
risulta agghiacciante, /
se non s'eleva /
dalla condizione /
misteriosa e sottile /
dell'impressionismo. /
Sicché, la /
via della vitalità /
luccicante al cuore, /
giovi /
all'isolato mio espressionismo, /
che a me resta 
e dona, /
nello spirito d'intenti, /
dolce e suadente.

 Rita Fulvia Fazio

MARCO DEI FERRARI: "L'ONTOLOGIA POETICA DI ROSSELLA CERNIGLIA"


L'ONTOLOGIA POETICA DI ROSSELLA CERNIGLIA


Marco dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade

Un' acuta profonda analitica riassume il contesto riflessivo di Rossella Corniglia sulla poesia e la sua genesi interpretativa.
L'Essere è l'assioma predominante che incorpora ogni aspetto contenutistico di significati e interdipendenze collaterali sottolineati dall'Autrice.
L'Autrice poi amplifica le sue considerazioni coinvolgendo la soggettività assoluta (haecceitas) dell'interpretare, nella trascendenza, la ineludibile finalità creativa dell'essere umano, sigillandone gli effetti con un richiamo persistente all'essenza dell'Essere (tentativo estremo di collegare micro e macro organismi poetici nell'unità esistenziale).
L'unità esistenziale si auto-costituisce quindi "colonna" portante di sacralità volontà e amore in tutto il ricco pensiero dell'Autrice.
Il punto da sottolineare è che l'interpretazione della "poesia" non può relegarsi come semplice interferenza e ostacolo al tentativo cosmico di riunificare l'essenza dell'Essere con il sé creativo dell'essere umano (il poeta).
Ogni esercizio di commento che sia, infatti costituisce un ampliarsi della stessa creatività artistica nel superare ogni limite di ricerca e meditazione soggettivo-oggettiva.
Limite che non è soggettivamente traguardabile se non ricreandosi continuamente con la dialettica della assenso/dissenso e con la criticità oppositivo-dialogante di approccio analitico alla "realtà" delle sfere poetiche.
Peraltro la conoscenza della "realtà" è oggettivamente impossibile è la "poesia" quale articolazione di intuizioni-sensazioni interiorizzate, cavalcando l'asetticità scientifica, può in effetti costituire il nuovo "osservatorio" del progetto realistico di un approfondimento più mirato e serio al "mistero" universale che circonda l'esistenza-apparenza dell'umanità.
L'esistenza "virtuale" è dunque la nuova vitalità artistica che si crea continuamente e si confronta senza però oggettivarsi nel "sentimento teocratico" di cui teorizza Rossella Cerniglia.
La sacralità soggettiva pertiene infatti altre dimensionalità interiori che la "fede" sostiene ed alimenta nelle varie fasi della storia umana.
Analoga considerazione da farsi ha valenza per la "volontà" che può intendersi come superamento tentato del "limite" (di cui già si è detto) per collocarsi in una "realtà" diversa e virtuale senza mai rinunciare a rappresentarsi come categoria della regione dialettica di ontologica creatività alternativa.
Identico approfondimento si può riscontrare nell'esame dell'amore (via liberatoria dell'esistenza per l'Autrice) che può intendersi come superamento del desiderio di appartenenza alla supremazia dell'Essere (amore assoluto) per limitarsi in una ricerca di un sé minore (l'abbandono) ma non per questo meno antagonista della "valenza" esistenziale di gioie, dolori, passioni, tormenti, crolli verità e menzogne che costellano anche storicamente il panorama poetico nelle più varie espressioni artistiche.
La Poesia quindi, indirizzo maestro che condurre alla verità della realtà (secondo l'Autrice), segue le orme indicative degli altri capisaldi teorico-pratici per caratterizzarsi "fuga" dalla realtà stessa già sperimentata e fallimentare senza significati liberatori e  profondi ma prigioniera del contesto dogmatico tecnologico più repressivo.
Il rilancio poetico di espressività multi-variali non può dunque prescindere dalla "realtà nuova" (come già detto) che si affaccia originalmente senza ripetersi in una ricerca infruttuosa e pedissequa.
Gli attuali tempi a proiezione Tecno globale del resto invitano alla massima prudenza, perché lo strapotere consolidato e dilagante delle tecno-strutture impone continuamente e propone revisioni di modelli creativi ed interpretativi al di là di canoni e "gabbie" accademiche o movimentalismi tradizionali figli del proprio tempo.
La stessa "natura" umana si trova sottoposta a confronti stressanti e perdenti: tali modificazioni globali co-investono inevitabilmente quella dimensione interiore più elaborativa di cui la Poesia è guida primaria ed insostituibile, ma dove l'Essere ne costituisce indubbio richiamo per altra dimensionalità a noi sfuggente e ignota.
Pertanto: amore, volontà, sacralità, abbandono, concetti a dimensionalità variabile, acutamente esaminati dall'Autrice e ricondotti alla suprema totalità dell'Essere, possono trovare una collocazione più ridimensionata dall'esplosiva immaginazione totalizzante della poeticità connaturata e radicata nell'essere umano succube di una "realtà" inconoscibile e sempre più virtualizzata dal potere tecno.

 Marco dei Ferrari

domenica 25 agosto 2019

P. OVIDIO NASONE: DA "LE METAMORFOSI"


Publio Ovidio Nasone

(...)
E allora Mercurio: «Sui monti gelidi dell'Arcadia,» risponde,
«tra le amadriadi di Nonacre, c'era famosissima
una Naiade, che le compagne chiamavano Siringa.
Non una volta sola aveva eluso le insidie dei Satiri
e di tutti gli altri dei che vivono nell'ombra dei boschi
o nel rigoglio dei campi: venerava la dea di Ortigia
votandosi alla castità. E appunto come Diana si vestiva,
tanto da trarre in inganno e scambiarla per la figlia di Latona,
se questa non avesse avuto un arco d'oro e lei di corno.
Malgrado ciò traeva in inganno. Pan che, mentre tornava
dal colle Liceo, la vide, col capo cinto d'aculei di pino,
le disse queste parole...». E non restava che riferirle:
come la ninfa, sorda alle preghiere, fuggisse per luoghi impervi,
finché non giunse alle correnti tranquille del sabbioso Ladone;
come qui, impedendole il fiume di correre oltre,
invocasse le sorelle dell'acqua di mutarle forma;
come Pan, quando credeva d'aver ghermito ormai Siringa,
stringesse, in luogo del suo corpo, un ciuffo di canne palustri
e si sciogliesse in sospiri: allora il vento, vibrando nelle canne,
produsse un suono delicato, simile a un lamento
e il dio incantato dalla dolcezza tutta nuova di quella musica:
«Così, così continuerò a parlarti», disse
e, saldate fra loro con la cera alcune canne diseguali,
mantenne allo strumento il nome della sua fanciulla.
Questo stava dicendo il dio di Cillene, quando s'accorse
che tutti gli occhi, lo sguardo velato di sonno, s'erano chiusi.
Subito tronca il racconto e, accarezzando con la sua verga magica
le palpebre illanguidite, ne assicura il sopore;
poi di furia, mentre vacilla, lo colpisce con la spada a falce
dove il capo s'unisce al collo e in un lago di sangue,
che imbratta i dirupi del monte, lo sbalza giù dal macigno.
O Argo, tu giaci: quella luce che possedevi in tante pupille,
è spenta; una tenebra sola grava sui tuoi cento occhi.
Li raccoglie la dea Saturnia e li fissa alle penne dell'uccello
che le è sacro, costellandogli la coda di gemme.
Poi, prendendo fuoco, scatena la sua ira
facendo apparire allo sguardo e alla mente della rivale argolica
l'orribile Erinni, ficcandole in petto un pungolo occulto
e facendola fuggire per tutta la terra in preda al terrore.
E non restavi che tu, Nilo, a quella corsa senza fine:
non appena vi giunse, protendendo indietro il collo,
si buttò in ginocchio sul margine di quella riva
e levando, come solo poteva, lo sguardo alle stelle,
con gemiti, lacrime e muggiti angosciosi
parve dolersi con Giove e supplicare la fine dei suoi mali.
Giove allora getta le braccia al collo della moglie
e la prega di por termine al castigo. «In futuro,
non temere,» le dice, «mai più ti darà motivo di dolore»
e chiama a testimone la palude dello Stige.
Come la dea si placa, Io riprende l'aspetto di un tempo
e torna com'era prima: spariscono le setole dal corpo,
rientrano le corna, si restringono le orbite degli occhi,
s'accorcia il muso, riappaiono braccia e mani,
e nel disfarsi lo zoccolo si apre in cinque dita.
Nulla sopravvive in lei della giovenca, tranne il candore;
felice d'usarne due soli, la ninfa si leva in piedi
ed esita a parlare per timore di muggire
come prima e con cautela ritenta l'idioma perduto.
Ora è una dea famosa, venerata da folle avvolte di lino.
Da lei si crede che, fecondata dal grande Giove,
sia nato Èpafo, che in diverse città ha santuari
insieme alla madre. Pari a lui per fierezza ed anni era Fetonte,
il figlio del Sole; e un giorno che questi, orgoglioso d'avere Febo
come padre, si vantava d'essergli superiore,
il nipote d'Inaco non lo tollerò: «Sciocco,» gli disse, «in tutto
tu credi a tua madre e vai superbo di un padre immaginario».
Avvampò Fetonte, e pieno di vergogna represse l'ira,
riferendo alla madre, Clìmene, quella calunnia; disse:
«E a tuo maggior dolore, madre mia, io che sono così impulsivo,
così fiero, m'imposi di tacere: non sopporto che qualcuno
abbia potuto insultarmi così, senza che potessi ribattere!
Ma tu, se è vero che discendo da stirpe celeste,
dammi prova di questi natali illustri e rivendicami al cielo».
Disse e intorno al collo della madre cinse le braccia,
scongiurandola, per il suo e il capo di Mèrope, per le nozze
delle sorelle, di dargli testimonianza del suo vero padre.
Non si sa se spinta dalle preghiere di Fetonte o più dall'ira
per l'accusa rivoltale, Clìmene levò al cielo
entrambe le braccia e fissando la luce del Sole:
«Per questo fulgore splendido di raggi abbaglianti,» disse,
«che ci vede e ci ascolta, io ti giuro, figliolo,
che tu sei nato da questo Sole che contempli e che regola
la vita in terra. Se ciò che dico è menzogna, mai più mi consenta
di guardarlo e sia questa luce l'ultima per i miei occhi!
Del resto non ti sarà fatica trovare la casa paterna:
la terra in cui risiede confina con la nostra, là dove sorge.
Se questo hai in animo, va' e chiedi a lui stesso».
Balza lieto Fetonte alle parole della madre
e, tutto preso dall'idea del cielo, lascia
la terra dei suoi Etiopi, attraversa l'India che si stende
sotto la vampa del sole, e di slancio arriva dove sorge il padre.