Sul mare di settembre
L’estate
è ormai finita con il carico di sole:
già
memorie.
Sulla
spiaggia:
un
logoro pattino;
un
signore a giocare con il cane;
ed il
singhiozzo di un settembre stanco
affidato
ai lamenti dei gabbiani.
Una fanciulla
con lo sguardo al mare
simula
nuove estati.
Tradisce
le tristezze di un amore
al
sole grosso che si squaglia in scaglie
e
gonfia la sua mole,
cercando
d’incendiare
le
vele di una barca solitaria.
L’aria
è stuccata di malinconia
sul
mare di settembre. Aliti freschi
carezzano
le rene e tamerici
spruzzano
amaro attorno. Quanto è eguale
alla
vita settembre. Se ritorno
al
suono della bàttima, una volta
confuso
fra le voci, ci ritrovo
uno
spartito lento e melanconico
che
accompagna una fine. Anche se
il
salmastro è più pieno,
e
l’intrico di salsedine e ragia
riporta
giovinezza, è il tuo singhiozzo
di
stagione morente,
è il
prezioso abbandono in foglie d’oro
a
suscitare in me, caro settembre,
un
senso di distacco dalla vita.
Settembre come novembre. Forse perchè la nostra estate si è prolungata, sia in senso letterale che metaforico. Nazario Pardini riparte comunque da settembre, il mese del ripensamento, come dice nella "Canzone dei dodici mesi"un altro poeta, Francesco Guccini.M Pardini guarda al mare, metafora di tutte le metafore e vi legge la vita e la sua stanchezza, la non arresa speranza di una ragazza che "simula nuove estati"tradisce l'infelicità di un amore, perchè ogni suono e ogni immagine parlano di nostalgici ricordi e di una ineluttabile attesa della fine. Eppure la poesia non evoca tristezza, perchè prevale comunque la bellezza, ovvero la magica alchimia della parola poetica, che è la più grande libertà concessa dal destino all'uomo. Grazie, Nazario, dei tuoi sempre tanto evocativi, bellissimi versi.
RispondiEliminaGiusy
Carissimo Nazario, sensibile, accorata, bella pagina scritta col cuore e con lo sguardo disincantato sul valore della vita condotta in solitaria, alla luce e al sole ... che tenta di incendiarne il veleggiare. Vividi quadri, compiute immagini riflettono e ritmano giovinezza ma il dono d'umano equilibrio del sentire e ragionare del Poeta, non vince quel singhiozzante percepito senso di distacco dalla vita che suscita settembre in un compendio di bellezza dorata e di melinconia stringente. Grata e commossa dalla lettura di questa sua poesia, lascio un caro saluto a lei, Nazario, ricordando il suo "E ti rivissi, vita, ..." e pensando a quale quale dono superbo sia la vita. Rita Fulvia Fazio
RispondiEliminaUna lirica profondamente pardiniana, fondata su gli elementi paesaggistici che gli sono consueti: la spiaggia, i gabbiani, il sole ridotto a scaglie, la barca all’orizzonte, profumi amari di salmastro.Un paesaggio familiare, noto, che nondimeno non dà consolazione, solo memorie a contrasto: l’estate settembrina è già ricordo dei fulgori passati, il pattino è logoro, i gabbiani si lamentano. Un ultimo scorcio d’estate stanca che pare singhiozzare. Inutili le illusioni: anche la fanciulla che guarda lontano simula certezze di amori passati, la malinconia si muove da padrona. La riflessione sfuma la poesia dell’immagine per diventare allegoria: quanto è uguale alla vita settembre.I suoni lenti, malinconici, la vitalità randagia del salmastro è solo singhiozzo disperato di stagione morente, l’illusione dell’oro prezioso delle ultime foglie è solo l’anticipo della stagione definitiva che verrà.Eppure anche questa è vita, è bellezza, anche questa è fascinosa ricerca ed illusione, anche questi suoni sono canto ed il distacco non è meno dolce e illusorio dell’appropriazione piena di speranze della primavera.Colpisce in questa lirica il tono misurato, lento, rassegnato dei ritmi che nondimeno si presentano franti, spezzati, quasi fosse venuta meno la forza vitale. Si susseguono parole inusitate, aggettivi di per sé portatori di stanchezza, fatica e disagio: carico- di sole; logoro-pattino; stuccata malinconia; singhiozzo di stagione morente, fino a distacco dalla vita: è un climax che traduce i sentimenti più intimi, quelli che si fatica ad esprimere ma che hanno il loro correlativo oggettivo nel paesaggio.
RispondiEliminaCredo che i mesi di Aprile e Settembre siano i più fecondi per i poetie e perciò i più decantati perchè inducono,nei loro giorni,ad una riflessione esistenziale più incisiva nell'animo dell'uomo poeta. Aprile per il risveglio della natura, della luce, dei colori e del rinascere il tutto, e a pari tempo del poeta; e Settembre come inizio del declino stagionale che con se trascina, risucchia appunto anche l'animo possibilmente dello stesso poeta.Perciò ritengo che " Sul mare di Settembre" sia avvenuta quella simbiosi scontata tra uomo e natura: " Quanto è uguale alla vita Settembre" e/o ancora: "L'aria è stuccata di maliconia". Questi, a mio avviso, i due bellissimi versi che fanno da cardine a tutta la poesia permeata di quella melanconia che fa pure "dolce Settembre", quindi una malinconia che pure appaga perchè nella luce si è vissuto appieno, si è goduto appieno, si è sazi dei bagliori e allora basta e si ci "distacca dalla vita". Poesia chiara, immediata, elegante nel suo stile inconfondibilmente Pardiniano che s'incunea nel profondo dell'animo del lettore. Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaNazario mio, non scrivi versi arpeggi sullo spartito della vita e crei capolavori che stordiscono. Le sequenze di immagini del mare di settembre sono impronte sulle battigie dei cuori di tutti... Noi siamo "singhiozzi di un settembre stanco
RispondiEliminaaffidato ai lamenti dei gabbiani". E siamo malinconici nell''aria stuccata di malinconia' di un mese che dà l'arrivederci al canto alto del sole, ai giochi estivi, alle risa... Il parallelismo tra le esistenze e questo mese stretto tra i cieli tersi e l'arrivo delle piogge, dei nembi plumbei, crea nell'anima la stessa agitazione delle foglie sui rami. Si sente il passaggio, la soglia, un momento teso all'oltre. E con un pessimismo, sempre magico, come il tuo essere, quel 'singhiozzo di stagione morente'- metafore che strappano i sensi e li ricuciono in una sorta di sinapsi -, lo avvicini alla vita che si consuma. Settembre diviene allegoria del percorso terreno, perde i connotati di un semplice mese di transito e diviene simbolo dell'inizio del morire... Ma non moriamo , in fondo, ogni giorno, Amico mio di seta? Dal momento della nascita, dal primo vagito? Il pendolo, che segna lo scorrere degli anni è 'settembre': la poesia è venuta a rapirti ancora e ti ha concesso di trasmetterci questo sospiro lungo di verità.
Ti abbraccio grata per tanta ricchezza.
Maria Rizzi
Ringrazio col cuore aperto,
RispondiEliminagli amici/che Giusy, Rita, Maria Grazia, Pasqualino, e Maria che coi loro interventi carichi di sostanza esegetica e di entusiasmo emotivo hanno valorizzato i miei versi...
Con affetto
nazario