Franco Vetrano Sognatore Volante Dibuono edizioni, 2019.
Nota di lettura di Annalisa Rodeghiero
Annalisa Rodeghiero, collaboratrice di Lèucade |
Sognatore
volante, questo il titolo,
forse volutamente ridondante che Franco Vetrano ha scelto per la sua nuova
silloge. Il volo è inteso come sogno di una dimensione altra e il sogno come
volo verso orizzonti e armonie possibili, alla ricerca di ciò che siamo
realmente, alla ricerca della nostra interiorità profonda: sentieri senza meta/ e fiumi da guadare/ correndo per cercare/ con il
cuore impazzito/ orizzonti mai visti.
Sogno e volo nascono allora dalla
necessità di andare al di là delle umane vicissitudini ma si nutrono di terrenità,
quotidianità e affetti: Voglio spiccare
il volo/ con le ali d’acciaio,/ vestirmi d’infinito/ perché devo cercarti(…).
Tendere al sogno per essere realmente noi stessi, oltre gli ostacoli che forse,
da soli creiamo, quasi non ci fosse dato di spiccare il volo perché
condizionati dai tanti ingranaggi delle convenzioni sociali ma ancora di più
dall’intervento della ragione. L’uomo non può non ragionare ma deve riuscire a
trovare un equilibrio tra razionalità e istintività. Solo allora riuscirà a volare
come gli uccelli al cielo e ancora di più, avendo il dono di vivere davvero il
mistero - nella piena consapevolezza- che solo l’uomo tra i viventi, possiede: Cerco invece di parlare/ (…)/ del mistero
dell’immenso/ e trovare per magia/ dentro un verso, l’universo.
Compagna di volo è la solitudine: tanta vita ho vissuto/ e non l’ho vissuta
con te, un’incolmabile solitudine che è mancanza di persone amate e perse
troppo presto, presenze irrinunciabili; una su tutte la madre a cui si rivolge
chiamandola teneramente “Mamma” e non madre, essenziale sfumatura a rimarcare
l’affetto bambino rimasto intatto.
Mamma (Pag.44)
Spicchio
di luna, il sorriso
che
al risveglio mi accoglieva
e
oggi ancora mi accompagna.
Dentro
gli occhi ho la tua luce,
è
nell’aria il tuo profumo,
nel
silenzio la tua voce.
Nella splendida chiusa ossimorica,
tutta la valenza del legame primo, che nel ricordo profuma come rosa di maggio e che sarà compagno dell’intero volo: Nel silenzio scorrono/ pagine del passato/
da sfogliare la sera/ come un libro mai letto.
Un senso di saudade percorre la
raccolta e si accentua nei rimandi alla sua terra amata, all’infanzia e alla
giovinezza:
Ricca
nella tua povertà/ madre terra di Lucania/ che con poco sopravvivi/ come un
cardo nel deserto (…) (pag. 43)
Sto
cercando il mio mondo/ nei luoghi dell’infanzia, / nello sguardo del vecchio/
che non mi riconosce. / (…) / Non ritrovo quel mondo, / il mio semplice mondo
(…) (pag. 66)
Cantavamo
la rabbia/ il dolore e l’amore/ vestiti di scintille/ nelle piazze di un tempo
(…) (pag. 39)
Nel tragitto non mancano assonanti
tuffi crepuscolari d’anima nei suoni e silenzi della natura - Come foglie d’acqua/ dal cielo si stacca/
la pioggia che cade/ e la notte graffia - madre generosa che arricchisce
l’anima delle sue luci e ombre, delle sue cromìe, di aromi che dalla terra salgono:
Mi accorgo della vita/ (…)/ guardando
l’orizzonte/ tagliare le montagne, / dal truccarsi del mondo/ con la luce
dell’alba/ dal volo di farfalla.
È dunque un volo, quello di Vetrano,
alla scoperta del senso della vita e del suo mistero con la consapevolezza che
il tempo non passa inutilmente se si rincorrono con tenacia, i sogni - Allo specchio mi accorgo/ degli anni ormai
trascorsi/[…]/ Quanti giorni passati/ con le braccia levate - mantenendo però
lo sguardo saldo a terra, alle creature tutte nella sofferenza: Tornerò domani, vita// Tornerò per
chiederti/ di volgere lo sguardo/ a chi senza speranza/ mangiato dalla fame/ ti
perde poco a poco (…).
Questa nuova silloge di Franco Vetrano
prosegue il sentiero tracciato dalla poetica autentica delle raccolte
precedenti, con il pregio indiscutibile di semplicità e chiarezza espositiva,
nella perfetta intelligibilità del testo come dono al lettore che potrà
rigenerare in sé la bellezza delineata nei versi, così che il passaggio dal
vissuto personale del poeta, alla sua universalizzazione, si possa realizzare.
Semplicità e chiarezza volute, sono
specchio del suo sentire puro, del suo essere in armonia con l’universo e le
sue creature. Ne risulta una poesia in cui la ricerca della bellezza non è solo
contemplazione ma coincide con la ricerca della verità, in un dire semplice,
fluido e sincero, elegante nelle assonanze, nella brevità delle composizioni e
del metro.
Ogni poesia di questa silloge è dunque una
piccola verità, una scoperta che si realizza quando qualcosa che al poeta
appartiene profondamente -nella gioia o nel tormento, nella solitudine o nel
ricordo - riesce a manifestarsi visibilmente per essere poi tradotta e il sogno
sa essere fedele traduttore del nostro sentire profondo:
Sono
nato una notte di febbraio, / la voglia di volare dentro il sangue/ il sogno di
Icaro in fondo al mio cuore.
Annalisa
Rodeghiero
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