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venerdì 17 gennaio 2020

FRANCO CAMPEGIANI LEGGE: "ACROSTICAMENTE" DI SALVATORE RONDELLO


Presentato alla Fuis di Roma
"ACROSTICAMENTE" DI SALVATORE RONDELLO
(Zacinto Edizioni)

Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade 
Mentre rileggevo in questi giorni Acrosticamente, il testo poetico di Salvatore Rondello (Zacinto Edizioni) che avevo già letto per stendere la mia prefazione, ho voluto attentamente osservare l'immagine di copertina, che già mi aveva colpito e che ho trovato molto appropriata, forse mai come in questo caso appropriata. Cavaliere solitario è il titolo dell'opera, tratta da una tempera di Placido Scandurra, artista noto per una produzione originalissima di archetipi e di figure totemiche primordiali. Quello in cui ci imbattiamo è un ritratto surreale e satirico di hidalgo, imbalsamato in un involucro di elmi e corazze, di esagerati marchingegni meccanici: armamentario bellico teso da un lato a proteggere, ma dall'altro a comprimere, il libero volo dei sogni del cavaliere errante. E' il destino di ogni sogno, chiamato a prendere corpo stando attento a non farsi soggiogare dal mondo, ma senza neppure la presunzione di poterlo assoggettare, il mondo, come accade al povero Donchisciotte che finisce per lottare contro i mulini a vento.  
La poetica di Salvatore Rondello sta qui, in questo impatto, in questo incontro che è anche scontro, tra il libero volo della fantasia e la scrupolosa osservanza di regole già date. Un duello che si conclude alla pari: accettare il mondo per farsene accettare. Ed è la formula cui allude, più o meno esplicitamente, il titolo di un precedente lavoro di Salvatore, Vagazioni,  prefato da Cetta Petrollo che espressamente parla di incastro bidimensionale e di partita doppia, evidenziando la qualità di una scrittura che mette "l'una di fronte all'altra la statuaria struttura dell'acrostico con la volatile forma dell'haiku". Labilità e fissità, spinta centrifuga e forza  gravitazionale. Tutto questo per dire che obbligarsi ad una forma metrica, come appunto l'acrostico, occorre per sfuggire al facile arbitrio, alla gratuita emotività, al banale spontaneismo, conferendo spessore e concretezza agli astratti ideali. Purché, ovviamente, la veste non diventi una cappa soffocante, un'odiosa gabbia, una tomba per i voli del pensiero.
E ciò è valido non solo per l'acrostico, ma per qualunque forma stilistica, ivi compreso il verso libero, che non facilita affatto il compito del poeta, come potrebbe sembrare, anzi lo rende più difficoltoso, dato il rischio del pressapochismo che con esso si fa assai più concreto. Il lavoro sul linguaggio è fondamentale, purché non diventi tecnicismo esasperato, virtuosismo privo di spessori ideali. Una poesia, un'opera di qualunque genere, è sempre impasto di materia e spirito. Di ispirazione da un lato e di lavoro dall'altro, perché, se è vero che il primo verso è dato dagli dei, come dicevano gli antichi, poi però occorre tuffarsi nella materia e sporcarsi le mani. E' sciocco pensare che l'ispirazione possa giungere oziando beatamente tra i fiorellini di un prato e lo svolazzar degli augelli, lontano dagli affanni dei comuni mortali. Ai nullafacenti nulla regala la Musa. Il lavoro occorre a corteggiarla, ad invocarne l'aiuto, certi che in sua assenza sprofonderemmo nelle sabbie mobili del plagio collettivo.
Ben vengano le costrizioni stilistiche che stimolano e potenziano l'ingegno creativo, non quelle che tendono ad affossarlo. Libertà nei condizionamenti e non dai condizionamenti. Armonia dei contrari. Quando Bracque sosteneva di amare la regola che corregge l'emozione, intendeva anche dire che le regole vengono dopo e non prima delle emozioni, dei sogni, delle pulsioni ideali. Nella prefazione a Corpo bifronte, che è un'altra opera di Rondello, Simona Cigliana scrive infatti così: "L'impegno dell'acrostico e la sfida della brevità finiscono per sottolineare l'ambizione conoscitiva, morale e didattica di questo autore, la cui fonte di ispirazione primaria è la kalokagathia nella sua accezione migliore, etica e politico-sociale: l'aspirazione al bene, al bello, all'utile collettivo dettano a Salvatore Rondello idee generose, parole grandi ed eccelse, rispondenti ad una sentita vena morale". Si tratta di illuminazioni, di Vagazioni, volendo mutuare il neologismo usato da Salvatore per evocare l'anarchico vagabondare del pensiero, l'otium contemplativo irrinunciabile su cui occorre intervenire con un attento e rigoroso lavoro formale.
L'acrostico, appunto, una vetusta forma letteraria di cui si trovano esempi in ogni tradizione, finanche in composizioni sacre come la Bibbia. L'idea che vi soggiace è quella di un tesoro nascosto, custodito nello scrigno del componimento, la cui chiave segreta sta nelle iniziali di ogni verso. In origine tale pratica aveva funzioni probabilmente magiche, ma pian piano finì per assumere connotazioni ludiche. L'uso che ne fa Rondello è di tipo mnemonico, quasi a voler fissare un monito in sigle facilmente memorizzabili. Si tratta perlopiù di manifesti e di appelli che invitano ad una visione etica e sana della vita, con occhi puntati all'humanitas che ci vive dentro, ma che tendiamo purtroppo, da sempre, a far cadere in oblio. L'orizzonte è quello di una rinnovata fiducia nella vita, di una religio umanistica che spinge a credere che la vita non può tradire i viventi, sempreché i viventi non tradiscano la vita. L'uomo ha in se stesso, nella propria coscienza, le risorse per poter vivere una vita degna di questo nome, onorando le bellezze che gli sono state date in dono (si leggano: Acqua, Alba, Bellezza, Campana).
Purtroppo egli non vive all'altezza della sua struttura morale e si scava la fossa con le proprie mani, sperperando l'esistenza in ingratitudini e offendendo spocchiosamente il creato (Albero, Cielo). C'è molta riflessione, nel testo  sull'egoismo avido della nobile stirpe di Adamo in contrasto con la generosità della natura che all'occorrenza si riprende il proprio equilibrio ed i propri spazi vitali (si legga Avarizia). Gli smaliziati, i sofisti, sostengono che la verità non esiste, ma di fronte a un mondo che stiamo mandando in rovina, è ancora lecito pensare che i principi elementari sono una chimera? L'uomo tradisce se stesso e il paradiso che ha intorno: è questo il punto. Il poeta, allora, indica umilmente una strada e in due componimenti distinti, posti uno di seguito all'altro, contrappone l'Eco all'Ego: il primo, sinonimo di spiritualità, spazia liberamente nei cieli per tornare a ingentilire il fisico, sua dimora materiale, mentre il secondo, sinonimo di materialismo bruto, è "generato per dominare, / opprimendo gli altri". Ideali filantropici, solidarietà tra gli uomini, devozione per il mondo naturale: una filosofia del rispetto.
E tuttavia occorre distinguere le idealità dalle ideologie, perché le prime pretendono coerenza da chi le professa, mentre le altre non sono che astratti proclami dietro cui si nascondono le più eterogenee aspettative. A cosa servono le bandiere se l'uomo che le sventola è un mariuolo? La democrazia non è che un nome se coloro che sono eletti hanno fini e doppi fini di potere e strapotere personale. E le libere elezioni - per le quali, dice Rondello, "esultano gli animi onesti" - finiscono per rivelarsi una trappola, perché la democrazia, egli dice, si trasforma in "zarzuela accattivante" che "osanna le quisquilie / nascondendo verità". Per cui alla fine ad essere "elette furono le illusioni". Ma non per questo si deve rinunciare ai sogni che fioriscono "irrorati dai desideri / odorosi di bontà". "Ideali meravigliosi / travagliano la mente / immersa nei buoni propositi", e con ciò è sancita la superiorità della ricerca morale su ogni altra tipologia di ricerca. Occorre imparare ad essere uomini prima di essere politici, scienziati, religiosi, militari, filosofi, artisti, operai, capitani d'industria e qualsiasi altra cosa. Insegnamenti etici degni di grande attenzione, offerti in pagine di semplice e scarna comunicazione poetica, attraversata da un fiume di nobili passioni e struggenti idealità.

Franco Campegiani


2 commenti:

  1. Una bella e profonda riflessione sulla lingua e sulla versificazione che passa attraverso il tema dell’acrostico, non puro espediente espressivo letterario, né sola ricerca di sperimentazione letteraria-poetica, ma incrocio felice e surreale della fantasia con la sua grammatica, ricerca di libertà e disciplina, aspirazione intellettuale e morale, illuminata dall’analisi della copertina –il cavaliere solitario-, uno a significativa ironica interpretazione del testo, un don Chisciotte utopico e tecnologico, che assume alla luce dell’argomentazione un significato nuovo

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    1. Grazie per questa puntuale ed attenta lettura della mia nota critica. Ad un'acuta osservatrice come te non poteva sfuggire la valenza riflessiva sul linguaggio, inteso come "libertà e disciplina", che ho inteso portare avanti dietro lo stimolo poetico di Salvatore Rondello.
      Franco Campegiani

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