Presentato alla Fuis di Roma
"ACROSTICAMENTE" DI SALVATORE RONDELLO
(Zacinto Edizioni)
Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade |
Mentre rileggevo in
questi giorni Acrosticamente, il
testo poetico di Salvatore Rondello (Zacinto Edizioni) che avevo già letto per
stendere la mia prefazione, ho voluto attentamente osservare l'immagine di
copertina, che già mi aveva colpito e che ho trovato molto appropriata, forse mai
come in questo caso appropriata. Cavaliere
solitario è il titolo dell'opera, tratta da una tempera di Placido
Scandurra, artista noto per una produzione originalissima di archetipi e di
figure totemiche primordiali. Quello in cui ci imbattiamo è un ritratto surreale
e satirico di hidalgo, imbalsamato in
un involucro di elmi e corazze, di esagerati marchingegni meccanici: armamentario
bellico teso da un lato a proteggere, ma dall'altro a comprimere, il libero
volo dei sogni del cavaliere errante. E' il destino di ogni sogno, chiamato a
prendere corpo stando attento a non farsi soggiogare dal mondo, ma senza
neppure la presunzione di poterlo assoggettare, il mondo, come accade al povero
Donchisciotte che finisce per lottare contro i mulini a vento.
La poetica di
Salvatore Rondello sta qui, in questo impatto, in questo incontro che è anche
scontro, tra il libero volo della fantasia e la scrupolosa osservanza di regole
già date. Un duello che si conclude alla pari: accettare il mondo per farsene
accettare. Ed è la formula cui allude, più o meno esplicitamente, il titolo di
un precedente lavoro di Salvatore, Vagazioni,
prefato da Cetta Petrollo che espressamente
parla di incastro bidimensionale e di
partita doppia, evidenziando la
qualità di una scrittura che mette "l'una di fronte all'altra la statuaria
struttura dell'acrostico con la volatile forma dell'haiku". Labilità e fissità, spinta centrifuga e forza gravitazionale. Tutto questo per dire che obbligarsi
ad una forma metrica, come appunto l'acrostico, occorre per sfuggire al facile arbitrio,
alla gratuita emotività, al banale spontaneismo, conferendo spessore e
concretezza agli astratti ideali. Purché, ovviamente, la veste non diventi una
cappa soffocante, un'odiosa gabbia, una tomba per i voli del pensiero.
E ciò è valido non
solo per l'acrostico, ma per qualunque forma stilistica, ivi compreso il verso
libero, che non facilita affatto il compito del poeta, come potrebbe sembrare, anzi
lo rende più difficoltoso, dato il rischio del pressapochismo che con esso si
fa assai più concreto. Il lavoro sul linguaggio è fondamentale, purché non
diventi tecnicismo esasperato, virtuosismo privo di spessori ideali. Una
poesia, un'opera di qualunque genere, è sempre impasto di materia e spirito. Di
ispirazione da un lato e di lavoro dall'altro, perché, se è vero che il primo verso è dato dagli dei, come dicevano gli antichi, poi però occorre
tuffarsi nella materia e sporcarsi le mani. E' sciocco pensare che l'ispirazione
possa giungere oziando beatamente tra i fiorellini di un prato e lo svolazzar degli augelli, lontano dagli
affanni dei comuni mortali. Ai nullafacenti nulla regala la Musa. Il lavoro occorre
a corteggiarla, ad invocarne l'aiuto, certi che in sua assenza sprofonderemmo nelle
sabbie mobili del plagio collettivo.
Ben vengano le
costrizioni stilistiche che stimolano e potenziano l'ingegno creativo, non
quelle che tendono ad affossarlo. Libertà nei
condizionamenti e non dai condizionamenti.
Armonia dei contrari. Quando Bracque sosteneva di amare la regola che corregge
l'emozione, intendeva anche dire che le regole vengono dopo e non prima delle emozioni,
dei sogni, delle pulsioni ideali. Nella prefazione a Corpo bifronte, che è un'altra opera di Rondello, Simona Cigliana scrive infatti così: "L'impegno
dell'acrostico e la sfida della brevità finiscono per sottolineare l'ambizione
conoscitiva, morale e didattica di questo autore, la cui fonte di ispirazione
primaria è la kalokagathia nella sua
accezione migliore, etica e politico-sociale: l'aspirazione al bene, al bello,
all'utile collettivo dettano a Salvatore Rondello idee generose, parole grandi
ed eccelse, rispondenti ad una sentita vena morale". Si tratta di
illuminazioni, di Vagazioni, volendo
mutuare il neologismo usato da Salvatore per evocare l'anarchico vagabondare
del pensiero, l'otium contemplativo
irrinunciabile su cui occorre intervenire con un attento e rigoroso lavoro formale.
L'acrostico,
appunto, una vetusta forma letteraria di cui si trovano esempi in ogni tradizione,
finanche in composizioni sacre come la Bibbia. L'idea che vi soggiace è quella
di un tesoro nascosto, custodito nello scrigno del componimento, la cui chiave
segreta sta nelle iniziali di ogni verso. In origine tale pratica aveva
funzioni probabilmente magiche, ma pian piano finì per assumere connotazioni
ludiche. L'uso che ne fa Rondello è di tipo mnemonico, quasi a voler fissare un
monito in sigle facilmente memorizzabili. Si tratta perlopiù di manifesti e di
appelli che invitano ad una visione etica e sana della vita, con occhi puntati
all'humanitas che ci vive dentro, ma
che tendiamo purtroppo, da sempre, a far cadere in oblio. L'orizzonte è quello
di una rinnovata fiducia nella vita, di una religio
umanistica che spinge a credere che la vita non può tradire i viventi,
sempreché i viventi non tradiscano la vita. L'uomo ha in se stesso, nella
propria coscienza, le risorse per poter vivere una vita degna di questo nome,
onorando le bellezze che gli sono state date in dono (si leggano: Acqua, Alba, Bellezza, Campana).
Purtroppo egli non
vive all'altezza della sua struttura morale e si scava la fossa con le proprie
mani, sperperando l'esistenza in ingratitudini e offendendo spocchiosamente il
creato (Albero, Cielo). C'è molta
riflessione, nel testo sull'egoismo
avido della nobile stirpe di Adamo in contrasto con la generosità della natura
che all'occorrenza si riprende il proprio equilibrio ed i propri spazi vitali (si
legga Avarizia). Gli smaliziati, i
sofisti, sostengono che la verità non esiste, ma di fronte a un mondo che
stiamo mandando in rovina, è ancora lecito pensare che i principi elementari
sono una chimera? L'uomo tradisce se stesso e il paradiso che ha intorno: è
questo il punto. Il poeta, allora, indica umilmente una strada e in due
componimenti distinti, posti uno di seguito all'altro, contrappone l'Eco all'Ego: il primo, sinonimo di spiritualità, spazia liberamente nei
cieli per tornare a ingentilire il fisico, sua dimora materiale, mentre il
secondo, sinonimo di materialismo bruto, è "generato per dominare, /
opprimendo gli altri". Ideali filantropici, solidarietà tra gli uomini, devozione
per il mondo naturale: una filosofia del rispetto.
E tuttavia occorre
distinguere le idealità dalle ideologie, perché le prime pretendono coerenza da
chi le professa, mentre le altre non sono che astratti proclami dietro cui si
nascondono le più eterogenee aspettative. A cosa servono le bandiere se l'uomo
che le sventola è un mariuolo? La democrazia non è che un nome se coloro che
sono eletti hanno fini e doppi fini di potere e strapotere personale. E le
libere elezioni - per le quali, dice Rondello, "esultano gli animi
onesti" - finiscono per rivelarsi una trappola, perché la democrazia, egli
dice, si trasforma in "zarzuela accattivante" che "osanna le
quisquilie / nascondendo verità". Per cui alla fine ad essere "elette
furono le illusioni". Ma non per questo si deve rinunciare ai sogni che
fioriscono "irrorati dai desideri / odorosi di bontà". "Ideali
meravigliosi / travagliano la mente / immersa nei buoni propositi", e con
ciò è sancita la superiorità della ricerca morale su ogni altra tipologia di
ricerca. Occorre imparare ad essere uomini prima di essere politici, scienziati,
religiosi, militari, filosofi, artisti, operai, capitani d'industria e
qualsiasi altra cosa. Insegnamenti etici degni di grande attenzione, offerti in
pagine di semplice e scarna comunicazione poetica, attraversata da un fiume di
nobili passioni e struggenti idealità.
Franco Campegiani
Una bella e profonda riflessione sulla lingua e sulla versificazione che passa attraverso il tema dell’acrostico, non puro espediente espressivo letterario, né sola ricerca di sperimentazione letteraria-poetica, ma incrocio felice e surreale della fantasia con la sua grammatica, ricerca di libertà e disciplina, aspirazione intellettuale e morale, illuminata dall’analisi della copertina –il cavaliere solitario-, uno a significativa ironica interpretazione del testo, un don Chisciotte utopico e tecnologico, che assume alla luce dell’argomentazione un significato nuovo
RispondiEliminaGrazie per questa puntuale ed attenta lettura della mia nota critica. Ad un'acuta osservatrice come te non poteva sfuggire la valenza riflessiva sul linguaggio, inteso come "libertà e disciplina", che ho inteso portare avanti dietro lo stimolo poetico di Salvatore Rondello.
EliminaFranco Campegiani