Maria Grazia Ferraris, collaboratrice di Lèucade |
"IL
DONO DI ARIANNA", DI MARTA MORAZZONI
“ Di
Elena non sapeva più niente, sentiva solo che
l’elogio al suo fascino non diminuiva col passare degli anni… La
stupidità è una tale difesa contro gli attacchi della natura! Pensò
Clitennestra, schermando gli occhi nell’affacciarsi alla spianata della
reggia.” (IV di copertina).
Due
donne, sorelle, la sposa di Agamennone e la sposa di Menelao, le regine di
Micene e Sparta, due personalità e destini opposti, a loro modo ugualmente
tragici.
Il
notissimo tema mitologico: un ritorno sconvolgente, quello di
Agamennone, una cena carica di sguardi da cui ha origine la scintilla che
scatenerà le più grandi sciagure, un amore clandestino, un oltraggio tra
popoli, quello di Elena e Paride.
Alessandro ed Elena si guardano e si desiderano, come due stupidi e vanesi
giovinetti con la stessa leggerezza di “due fratelli per caso riuniti dopo una
lunga separazione, con mille sciocchezze da dirsi”. Come è banale l’incontro
fatale!
Clitennestra
invece scoprirà tardivamente il veleno della gelosia e la violenza ossessiva
della vendetta e la vittima, Cassandra, non avrà scampo.
Le due
vicende parallele, causa ed effetto della guerra di Troia, costituiscono il
cuore dei due racconti intorno ai quali si muovono integrando e completando le
vicende evocate gli altri personaggi mitici.
Doppia
la storia di donne sorelle e dissimili: Elena, tutta persa nel suo destino eterno di
seduttrice, che scappa nella notte, con
i suoi gioielli stretti al petto, sballottata su un carro rubato a un
contadino, incosciente e fiduciosa di quel bellissimo ospite che sa di avere
dalla sua parte la promessa degli dei. Clitennestra, forte e matura, ma donna
prima che regina, consapevole del tempo che passa, e della giovinezza che
abbandona il suo corpo, che di fronte al giovane e bello Egisto avverte la seduzione di un giovane
come palliativo con cui fermare il tempo, prima del rientro del re, stanco e
sospettoso, reso ancora più rozzo dalla guerra.
Due
uomini, fratelli che tengono il potere regale, ciechi nelle loro rozze passioni
guerresche e sessuali, l’altra faccia del potere maschile, che non conoscono il
fascino ammaliatore del sottile erotismo e del dolce corteggiamento. Infelicità
a confronto.
La
narratrice complica le vicende, racconta e si allontana dalla tradizione…del
resto queste eterne vicende hanno avuto infinite ripetizioni che si intrecciano
e confondono tra loro e infinite interpretazioni.
Il
mito greco: apparentemente storie lontane di eroi e di divinità, fantasie,
favole, percorse in ogni direzione dalla letteratura, sembrano non avere più
niente da dirci, puri racconti di
intrattenimento, ma bisogna saper
distinguere tra mito, mitologia e mitopoiesi.
Come
scriveva lo storico e filosofo Sallustio:
“ Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre”, vivono nel loro
riproporsi molte vite e molte morti. Racchiudono una sapienza antica, penetrano
nelle profondità dell’animo e si esprimono sotto l’aspetto di favola/racconto,
ma con attenzione e verità ben radicata
dentro di noi.
Sono
una lunga catena di storie prima della storia e sono pronti a smuoverci nella
nostra negligente neghittosità riaprendo i nostri occhi addormentati.” E dice autorevolmente R. Calasso (Le nozze di
Cadmo e Armonia.): “Da secoli si parla dei miti greci come se fossero
qualcosa da ritrovare, da risvegliare. In verità sono quelle favole che
aspettano ancora di risvegliarci ed essere viste, come un albero davanti
all’occhio che si riapre.”
Smentisce
ogni superficiale impressione o dubbio
Marta Morazzoni con il suo ultimo libro: Il dono di Arianna, ed. Guanda,
premio Chiara 2019, riportandoci nei luoghi dove il mito è nato: Creta, l’isola
che è una culla e “nessun male può provenire da una culla”, Cnosso, Micene, in
un paesaggio aspro e chiuso in un breve orizzonte, Iolco, protetta dal Pelio, Daulio misterioso e fatale, Mykonos,
bianca e ventosa, Tebe dalle sette
porte, il Taigeto,… luoghi tutti permeati di
mito, ancor oggi.
Si sente il sole a picco sulla terra arsa, si
vede la dolcezza di declivi cosparsi di ulivi e vigne , all’orizzonte la riga azzurra del mare appena diversa da
quella del cielo, il bianco delle case….Un paradiso che conosce l’inferno anche
nei suoi aspetti più generosi (I Feaci ospitali e disposti all’amicizia che
verranno puniti dal dio per l’aiuto concesso ad Ulisse, la mite ben governata
Iolco che porta alle spalle una fondazione oscura, inquietante, quella del
superbo e orgoglioso fondatore Pelia….)
Permane
l’eco di ciò che lì si dice sia avvenuto, e proprio quell’alone di evocazione,
ripetizione, incertezza e mistero hanno mosso questa ricomposizione, o
interpretazione, modificando nel rileggere i miti le linee dei racconti e dei personaggi, con
il buon diritto dello scrittore, del narratore, evocando a tanta distanza
temporale suggestioni, voci, dialoghi che non invecchiano mai.
Situazioni
e luoghi ben diversi da quelli che si studiano a scuola, che nascondono qualcosa che sfugge a una
lettura elementare, strade da riscoprire che si dipanano in mille rigagnoli.
“I
miti non hanno un luogo, abitano la nostra testa e la fantasia”. Così anche i
foschi personaggi che non hanno più
niente di quelli scolasticamente conosciuti e didascalicamente ricordati.
Ricompaiono
Clitemnestra e Agamennone, Teseo, la bella Elena con la sua corte di sciagure,
Alcinoo e Nausicaa, innamorata senza speranza, o un giovane molto simile a
Edipo sulla strada di Daulio…. Ricompare vecchio saggio Nestore re di Pilo,
uomo di grande esperienza, parla con Agamennone, che alla fine della guerra,
nella piana assolata e imbevuta di sangue di Ilio sta per chiedere scusa della
sua prepotenza al capriccioso ostile Achille,figlio di dea,… Nestore ascolta la “storia di donne” che ha creato il
dissidio del re con Achille, malinconicamente
rivela la sua debolezza: la nostalgia per le comodità della sua casa, il
riposo, il tempo ritrovato, e quello è il suo sogno di pace. Un uomo ormai vecchio, che ha perso ogni
velleità, che ha vissuto e non ha esitazioni
nell’ammettere: “anima e corpo sono davvero molto simili. Hanno le
stesse debolezze”.
I miti
ci offrono le riflessioni sulle dimensioni archetipiche del mondo umano (vita,
morte, amore) e sugli elementi fondativi della vita nell’universo e dunque
anche della cultura sociale.
Il
racconto che offre il titolo al volume -Il dono di Arianna- ripercorre
in modo del tutto nuovo la vicenda di Teseo e il Minotauro e dell’amore di
Arianna.
L’attenzione
è puntata su Teseo che ha vinto il Minotauro, il bestiale Asterione, liberando
il suo popolo dall’obbligo del sacrificio di mandare a Creta sette fanciulli e
sette fanciulle ogni dieci anni per saziarlo. Ma la civilissima elegante Creta
presenta il suo labirinto misterioso.
Uno
scontro di civiltà: “ sono ricchi, vestono con uno sfarzo che ti metterebbero a
disagio. Le loro donne hanno posto allo stadio e seguono i giochi a fianco
degli uomini. Giocano gli stessi giochi degli uomini. Noi siamo dei contadini a
fronte della loro raffinatezza. Ma dietro a tutto questo c’è una mostruosità
cui noi non possiamo nemmeno pensare…”
Ma
l’eroe che esce vittorioso dal labirinto è un uomo senza memoria. Non sa
raccontare quello che è davvero successo. Nondimeno per i cretesi è colpevole di un delitto
contro la loro terra e la loro regalità. Sarà a sua volta rinchiuso del
labirinto. Dovrà pagare.
“Era
proprio di un popolo così raffinato, pensò, immaginare questa idea di carcere
perpetuo.”
Il
soccorso venne da fuori: tre lunghe fettucce di lino che intrecciate
diventavano una corda robusta, una scala. Poteva tentarne la scalata. Poteva
uscire. Forse il labirinto era solo un’allucinazione della sua mente stravolta.
Arianna lo aiuterà a raggiungere il mare e a sparire. Chi gli restituirà la
memoria?
I
racconti sono condotti, pur nelle loro licenze guidate dalla fantasia, con
grande consequenzialità, quasi come appunti di viaggio- reale e culturale- con
uno stile elegante, raffinato, uno stile che insegue il ritmo piano del fluire
delle impressioni e dei sentimenti e accompagna le psicologie e le
complicazioni dei vari destini cui l’autrice si accosta con attenzione e
curiosità partecipe, dubbi e perplessità, rigore, scavando dentro i meandri del
mito, delle nostre credenze o valori, della nostra personalità e delle nostre
letture.
M.
Grazia Ferraris, gennaio 2020
L’AUTRICE-
Marta Morazzoni- Nata a Milano, ha insegnato
lettere in una scuola superiore del Varesotto. Laureata in filosofia con Remo
Cantoni alla Statale di Milano, ha tenuto rubriche di critica teatrale su
riviste specializzate. Il suo primo libro, i racconti de La ragazza col
turbante (1986), ha ottenuto uno straordinario successo critico sia in
Italia sia all’estero, dove è stato tradotto in nove lingue. Analogo consenso
hanno ricevuto anche i tre volumi successivi: L’invenzione della verità
(1988, premio Campiello), Casa materna (1992, premio selezione
Campiello) e L’estuario (1996). Ha pubblicato poi Il caso Courrier,
Una lezione di stile e Un incontro inatteso per il consigliere Goethe, Trentasette
libri e un cane, Lezioni svizzere.
Nel 2014 per Guanda esce il libro-inchiesta Il
fuoco di Jeanne, sulla storia di Giovanna d’Arco. Nel 2018 è stata premiata
con il Premio Fondazione Campiello alla carriera, nel 1919 col premio Chiara.
Nessun commento:
Posta un commento