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lunedì 6 gennaio 2020

M. GRAZIA FERRARIS LEGGE: "IL DONO DI ARIANNA" DI MARTA MORAZZONI

Maria Grazia Ferraris,
collaboratrice di Lèucade

"IL DONO DI ARIANNA", DI MARTA MORAZZONI


“ Di Elena non sapeva più niente, sentiva solo che  l’elogio al suo fascino non diminuiva col passare degli anni… La stupidità è una tale difesa contro gli attacchi della natura! Pensò Clitennestra, schermando gli occhi nell’affacciarsi alla spianata della reggia.” (IV di copertina).
Due donne, sorelle, la sposa di Agamennone e la sposa di Menelao, le regine di Micene e Sparta, due personalità e destini opposti, a loro modo ugualmente tragici.
 Il  notissimo tema mitologico: un ritorno sconvolgente, quello di Agamennone, una cena carica di sguardi da cui ha origine la scintilla che scatenerà le più grandi sciagure, un amore clandestino, un oltraggio tra popoli, quello di  Elena e Paride. Alessandro ed Elena si guardano e si desiderano, come due stupidi e vanesi giovinetti con la stessa leggerezza di “due fratelli per caso riuniti dopo una lunga separazione, con mille sciocchezze da dirsi”. Come è banale l’incontro fatale!
Clitennestra invece scoprirà tardivamente il veleno della gelosia e la violenza ossessiva della vendetta e la vittima, Cassandra, non avrà scampo.
Le due vicende parallele, causa ed effetto della guerra di Troia, costituiscono il cuore dei due racconti intorno ai quali si muovono integrando e completando le vicende evocate gli altri personaggi mitici. 
Doppia la storia di donne sorelle e dissimili: Elena, tutta  persa nel suo destino eterno di seduttrice,  che scappa nella notte, con i suoi gioielli stretti al petto, sballottata su un carro rubato a un contadino, incosciente e fiduciosa di quel bellissimo ospite che sa di avere dalla sua parte la promessa degli dei. Clitennestra, forte e matura, ma donna prima che regina, consapevole del tempo che passa, e della giovinezza che abbandona il suo corpo, che di fronte al giovane e bello  Egisto avverte la seduzione di un giovane come palliativo con cui fermare il tempo, prima del rientro del re, stanco e sospettoso, reso ancora più rozzo dalla guerra.
Due uomini, fratelli che tengono il potere regale, ciechi nelle loro rozze passioni guerresche e sessuali, l’altra faccia del potere maschile, che non conoscono il fascino ammaliatore del sottile erotismo e del dolce corteggiamento. Infelicità a confronto.
La narratrice complica le vicende, racconta e si allontana dalla tradizione…del resto queste eterne vicende hanno avuto infinite ripetizioni che si intrecciano e confondono tra loro e infinite interpretazioni.
Il mito greco: apparentemente storie lontane di eroi e di divinità, fantasie, favole, percorse in ogni direzione dalla letteratura, sembrano non avere più niente da dirci, puri racconti  di intrattenimento, ma bisogna  saper distinguere tra mito, mitologia e mitopoiesi.
Come scriveva lo storico e filosofo Sallustio:  “ Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre”, vivono nel loro riproporsi molte vite e molte morti. Racchiudono una sapienza antica, penetrano nelle profondità dell’animo e si esprimono sotto l’aspetto di favola/racconto, ma con attenzione e verità  ben radicata dentro di noi.
Sono una lunga catena di storie prima della storia e sono pronti a smuoverci nella nostra negligente neghittosità riaprendo i nostri occhi addormentati.” E dice autorevolmente R. Calasso (Le nozze di Cadmo e Armonia.): “Da secoli si parla dei miti greci come se fossero qualcosa da ritrovare, da risvegliare. In verità sono quelle favole che aspettano ancora di risvegliarci ed essere viste, come un albero davanti all’occhio che si riapre.”
Smentisce ogni  superficiale impressione o dubbio Marta Morazzoni con il suo ultimo libro: Il dono di Arianna, ed. Guanda, premio Chiara 2019, riportandoci nei luoghi dove il mito è nato: Creta, l’isola che è una culla e “nessun male può provenire da una culla”, Cnosso, Micene, in un paesaggio aspro e chiuso in un breve orizzonte, Iolco, protetta dal  Pelio, Daulio misterioso e fatale, Mykonos, bianca e ventosa,  Tebe dalle sette porte, il Taigeto,… luoghi tutti permeati di  mito, ancor oggi.
Si  sente il sole a picco sulla terra arsa, si vede la dolcezza di declivi cosparsi di ulivi e vigne , all’orizzonte  la riga azzurra del mare appena diversa da quella del cielo, il bianco delle case….Un paradiso che conosce l’inferno anche nei suoi aspetti più generosi (I Feaci ospitali e disposti all’amicizia che verranno puniti dal dio per l’aiuto concesso ad Ulisse, la mite ben governata Iolco che porta alle spalle una fondazione oscura, inquietante, quella del superbo e orgoglioso fondatore Pelia….)
Permane l’eco di ciò che lì si dice sia avvenuto, e proprio quell’alone di evocazione, ripetizione, incertezza e mistero hanno mosso questa ricomposizione, o interpretazione, modificando nel rileggere i miti  le linee dei racconti e dei personaggi, con il buon diritto dello scrittore, del narratore, evocando a tanta distanza temporale suggestioni, voci, dialoghi che non invecchiano mai.
Situazioni e luoghi ben diversi da quelli che si studiano a scuola,  che nascondono qualcosa che sfugge a una lettura elementare, strade da riscoprire che si dipanano in mille rigagnoli.
“I miti non hanno un luogo, abitano la nostra testa e la fantasia”. Così anche i foschi personaggi  che non hanno più niente di quelli scolasticamente conosciuti e didascalicamente ricordati.
Ricompaiono Clitemnestra e Agamennone, Teseo, la bella Elena con la sua corte di sciagure, Alcinoo e Nausicaa, innamorata senza speranza, o un giovane molto simile a Edipo sulla strada di Daulio…. Ricompare vecchio saggio Nestore re di Pilo, uomo di grande esperienza, parla con Agamennone, che alla fine della guerra, nella piana assolata e imbevuta di sangue di Ilio sta per chiedere scusa della sua prepotenza al capriccioso ostile Achille,figlio di dea,… Nestore  ascolta la “storia di donne” che ha creato il dissidio del re con Achille, malinconicamente  rivela la sua debolezza: la nostalgia per le comodità della sua casa, il riposo, il tempo ritrovato, e quello è il suo sogno di pace. Un  uomo ormai vecchio, che ha perso ogni velleità, che ha vissuto e non ha esitazioni  nell’ammettere: “anima e corpo sono davvero molto simili. Hanno le stesse debolezze”.
I miti ci offrono le riflessioni sulle dimensioni archetipiche del mondo umano (vita, morte, amore) e sugli elementi fondativi della vita nell’universo e dunque anche della cultura sociale.
Il racconto che offre il titolo al volume -Il dono di Arianna- ripercorre in modo del tutto nuovo la vicenda di Teseo e il Minotauro e dell’amore di Arianna.
L’attenzione è puntata su Teseo che ha vinto il Minotauro, il bestiale Asterione, liberando il suo popolo dall’obbligo del sacrificio di mandare a Creta sette fanciulli e sette fanciulle ogni dieci anni per saziarlo. Ma la civilissima elegante Creta presenta  il suo labirinto misterioso.
Uno scontro di civiltà: “ sono ricchi, vestono con uno sfarzo che ti metterebbero a disagio. Le loro donne hanno posto allo stadio e seguono i giochi a fianco degli uomini. Giocano gli stessi giochi degli uomini. Noi siamo dei contadini a fronte della loro raffinatezza. Ma dietro a tutto questo c’è una mostruosità cui noi non possiamo nemmeno pensare…”
Ma l’eroe che esce vittorioso dal labirinto è un uomo senza memoria. Non sa raccontare quello che è davvero successo. Nondimeno  per i cretesi è colpevole di un delitto contro la loro terra e la loro regalità. Sarà a sua volta rinchiuso del labirinto. Dovrà pagare.
“Era proprio di un popolo così raffinato, pensò, immaginare questa idea di carcere perpetuo.”
Il soccorso venne da fuori: tre lunghe fettucce di lino che intrecciate diventavano una corda robusta, una scala. Poteva tentarne la scalata. Poteva uscire. Forse il labirinto era solo un’allucinazione della sua mente stravolta. Arianna lo aiuterà a raggiungere il mare e a sparire. Chi gli restituirà la memoria?
I racconti sono condotti, pur nelle loro licenze guidate dalla fantasia, con grande consequenzialità, quasi come appunti di viaggio- reale e culturale- con uno stile elegante, raffinato, uno stile che insegue il ritmo piano del fluire delle impressioni e dei sentimenti e accompagna le psicologie e le complicazioni dei vari destini cui l’autrice si accosta con attenzione e curiosità partecipe, dubbi e perplessità, rigore, scavando dentro i meandri del mito, delle nostre credenze o valori, della nostra personalità e delle nostre letture.

M. Grazia Ferraris, gennaio 2020

L’AUTRICE- Marta Morazzoni-  Nata a Milano, ha insegnato lettere in una scuola superiore del Varesotto. Laureata in filosofia con Remo Cantoni alla Statale di Milano, ha tenuto rubriche di critica teatrale su riviste specializzate. Il suo primo libro, i racconti de La ragazza col turbante (1986), ha ottenuto uno straordinario successo critico sia in Italia sia all’estero, dove è stato tradotto in nove lingue. Analogo consenso hanno ricevuto anche i tre volumi successivi: L’invenzione della verità (1988, premio Campiello), Casa materna (1992, premio selezione Campiello) e L’estuario (1996). Ha pubblicato poi Il caso Courrier, Una lezione di stile e Un incontro inatteso per il consigliere Goethe, Trentasette libri e un cane, Lezioni svizzere.
 Nel 2014 per Guanda esce il libro-inchiesta Il fuoco di Jeanne, sulla storia di Giovanna d’Arco. Nel 2018 è stata premiata con il Premio Fondazione Campiello alla carriera, nel 1919 col premio Chiara.
Maria Grazia Ferraris 



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