Edda Conte, La risacca e i giorni della negazione
La
poesia di Edda Conte attinge sempre al vissuto, al dato empirico, all’occasione
di canto immediata e intensa che, soprattutto nella terza parte della silloge
intitolata “I giorni delle negazioni”, si colora di acuta sofferenza, di acerbe
constatazioni, di sconsolata meditazione, di pessimistiche notazioni, ancor più
quando la memoria ribelle ad ogni freno riporta, come vivi e quasi impellenti,
brani del passato che appaiono incredibilmente felici ma purtroppo assolutamente irripetibili. Da questa
ossimorica situazione discende una sofferta accettazione della vita e la
consapevolezza del suo scorrere inesorabile, dell’ineluttabile svanire di ogni
incarnazione vitale, di ogni presenza fisica. Una delle più evidenti “negazioni”
è l’assenza, termine e concetto
di polivalente carica semantica, che può ammiccare a una forma di non vita,
come a me pare che qui avvenga, prima
ancora dell’arrivo della morte vera. Però c’è un luogo in cui la tempesta
sentimentale (che questo poi, in fondo, è l’impulso poetico) trova sfogo e
attenuazione, e questo luogo è la natura nel suo variegato prodursi, nel suo
fervido offrirsi a ristoro dei mali: sicché l’animo si cala in questa realtà di
bellezza, di pace, di rassicurante equilibrio, magari per un tempo breve ma
gratificante. L’intimo contatto tra il
cuore della poetessa e la situazione o la persona o il fatto che genera
l’impulso poetico richiede una resa verbale senza mediazioni, un linguaggio
senza orpelli e svolazzi, proprio come avviene in questa silloge dove la parola
si fa, in modo sobrio ed efficace,
oggetto e pensiero: e proprio per questo aderisce solidamente alla vita.
Pasquale Balestriere
Pasquale Balestriere
Un pensiero di sincera gratitudine a Pasquale Balestriere per questo suo commento alla mia Silloge; un grazie sempre al carissimo amico Nazario per la generosa e pronta accoglienza.
RispondiEliminaA entrambi il mio rinnovato augurio di un anno sereno.
Edda Conte