LA
POESIA NELLA SCUOLA
Ho avuto
la fortuna e il piacere di insegnare nelle scuole di ogni ordine e grado. E di
solito nei consigli o nei collegi si discuteva e si organizzavano i progetti di
programmazione annuale. Lavoro, che, se ben fatto e steso con passione e
competenza, dava dei frutti. Soprattutto perché alla fine dei trimestri si
verificavano gli obiettivi programmati. Di solito c’era sempre una fascia di
due o tre ragazzi che o per mancanza di interessi o per altro non ce la
facevano a seguire i programmi. Quindi ci si organizzava in maniera da
effettuare recuperi e potenziamento con la divisione della classe. Ma quello
che più contava della programmazione erano gli obiettivi da conseguire:
specifici e trasversali; vale a dire quelli che riguardavano la materia singola
e quelli che riguardavano trasversalmente tutte le discipline. Questo mio lungo
discorso per confermare la validità dell’utilizzo, con dovuta attenzione, della
poesia; Maria Luisa Daniele Toffanin n dettaglia il procedimento con ampia
precisazione, soffermandosi sui vantaggi che ne derivano per gli alunni e gli insegnanti. Tali
contenuti non riguardano solo una singola disciplina, ma sono finalizzati a
potenziare gli obiettivi generali dell’intera programmazione: comprensione del
testo, lessico, analisi, deduzione e intuizione, espressione, sintesi,
osservazione, descrizione, interessi... Per questa ragione auguro lunga vita a questa
intelligente operazione didattica, e spero che trovi terreno fertile nelle
scuole che vorranno aderire. Ma per ulteriori chiarimenti vi proponiamo o
schema suggeritomi dalla Toffanin:
Nazario Pardini
Caratteristiche essenziali: È un progetto vissuto con altre
insegnanti della scuola primaria per ridare linfa alla poesia partendo dal
racconto di una favola di cui è protagonista un albero parlante. L’albicocco
della nonna muove tutta la ricerca lessicale, apre il mondo della
natura e quello della fantasia dei ragazzi che, attraverso l’animazione e il
gioco, daranno vita agli haiku. Esperienza individuale e collettiva insieme. Pubblico a cui si rivolge: insegnanti di scuola primaria e secondaria
di primo grado. Per quali
ragioni dovrebbero acquistare l’opera? Alcuni insegnanti contattati lo acquisterebbero per avvicinare in modo
nuovo, attraverso il divertimento e la partecipazione animata, i bambini alla
poesia. Quali sono gli eventuali titoli che i
lettori potrebbero acquistare in alternativa? È un libro particolare e quindi non
esistono attualmente proposte simili. Per quali
ragioni dovrebbe essere preferito il volume proposto? Proprio perché in forma leggera e
attraverso l’esperienza poetica degli haiku l’alunno potrebbe avvicinarsi e
amare la poesia ma anche osservare più attentamente la natura, esprimersi in
maniera sintetica, acquistare un linguaggio appropriato attraverso anche un
divertimento corale. Un percorso individuale ma realizzato insieme. Dovrebbe
essere preferito perché si propone in veste piacevole ma anche didattica. In quali delle nostre collane
desidererebbe sia pubblicato il volume? Didattica.
ALTRE INFORMAZIONI UTILI PER VALUTARE IL VOLUME
È un progetto collaudato che offre un
percorso con possibilità di dilatarlo e adattarlo alla classe e alle capacità
inventive delle insegnanti. Inoltre
aggiungeremo al testo manoscritto che ti invio anche delle fotografie relative
all’albicocco in questione, alle classi, all’opera, alcune pagine di haiku
create dai bambini.
Maria Luisa
APPROCCIO ALLA POESIA PER LA SCUOLA
PRIMARIA E SECONDARIA DI PRIMO GRADO
dal progetto per classi prime e seconde “SCOPRIAMO
INSIEME LA POESIA BAMBINA”
di Maria Luisa Daniele Toffanin
Piace
introdurre il progetto con una nota personale: ho sempre amato la poesia forse
perché sono cresciuta in un habitat familiare e amicale dove si respirava rispetto,
anzi passione per questo genere di scrittura. Oltre le abituali recite sulla
sedia più alta, della poesia di Natale e di Pasqua, c’erano altre mille
occasioni magari per ripetere a memoria il testo assegnato dalla maestra di
allora che usava un sussidiario ricco di versi di contemporanei quali Diego
Valeri, Angelo Silvio Novaro, Marino Moretti, Giulio Alessi... Inoltre ha
inciso in me l’amicizia con Giannina Facco, grande scrittrice per ragazzi e
pure poetessa, e con la sorella Maria pittrice, presenze vive del nostro vissuto.
Durante il cammino scolastico il tutto si è arricchito grazie all’incontro con
insegnanti veramente umanistici da ricordare onorandoli: Silvia Gamba, Vittorio
Zaccaria, Federico Viscidi e Cesira Gasparotto che ci hanno fatto godere della
bellezza dell’arte, della poesia come invenzione fantastica ma anche come opera
del pensiero umano espressa in un ritmo diverso dalla prosa. Mitica pure,
nell’ambito domestico, la figura dello zio Leone, illuminato professore di
italiano e latino nei licei cittadini. Proprio lui ha acceso ancora più questo
fuoco, con l’analisi di molti passi famosi del Manzoni, come gli endecasillabi
di “… Addio ai monti sorgenti…”, e di alcuni dialoghi dei Malavoglia. Essenziale
è stata la sua passione condivisa con me per tutta la poesia dell’Ottocento e
in particolare per i Sepolcri. Conseguente la scelta di Lettere Moderne all’università
di Padova e la tesi di laurea con l’emerito slavista Arturo Cronia sull’autore
ermetico serbo-croato Drago Ivanisevic, tradotto e commentato criticamente
appunto nelle pagine della tesi con congratulazioni finali della commissione e dello
stesso presidente Carlo Diano. Guidata da tale amore, ho operato nelle
successive esperienze scolastiche evidenziando agli alunni, in primis
dell’Istituto d’Arte, il bello in un’analisi estetica ed etica dei vari autori
soprattutto del Novecento ma anche precedenti, il bello poi che facilmente si
reperisce dall’esame di ogni espressione artistica dei vari momenti storici, e pure
del teatro, forma a mio sentire vicina alla poesia quale comunicazione diretta
con l’altro. Questo è avvenuto anche grazie al mio veloce inserimento nella
scuola superiore che mi ha permesso non solo l’approfondimento con gli studenti
degli aspetti letterari del Novecento, ma anche del loro approccio con il
teatro, con la partecipazione a spettacoli al teatro Verdi di Padova, precedentemente
rivisitati insieme. Importanti le ore extra moenia dedicate alla poesia del
Novecento con grande consenso degli studenti. Ma questo percorso nella bellezza
non si è esaurito con il pensionamento perché ho deciso di proseguirlo dando
vita ad Abano ad uno dei tanti Centri di Orientamento Levi-Montalcini, a quel
tempo molto frequentati, e poi aperto ad altre attività culturali promosse con
l’appoggio dell’assessore alla cultura di Abano, Eloisa Pennisi. Ricorrenti
erano gli incontri da noi organizzati per i ragazzi e gli insegnanti con critici,
scrittori e poeti quali Andrea Zanzotto, Ferdinando Camon, Silvio Ramat, Mario
Richter, Cesare Ruffato… Incontri molto intensi in questi primi 10 anni di vita
come è testimoniato nel libretto-ricordo dell’Associazione, da me sostenuti perché
partivo dal presupposto che un buon orientamento scolastico si potesse fare
solo avendo una ricchezza culturale a tutto tondo, quindi anche umanistica,
artistica, ecc., che permettesse di conoscersi meglio e di fare scelte più
convinte e qualificate. Quindi come coordinatrice culturale ho avuto diverse
occasioni di avvicinare le classi alla poesia con progetti realizzati insieme agli
insegnanti e di creare con gli alunni percorsi poetici attraverso i miei libri,
soprattutto Per colli e cieli insieme mia
euganea terra, con continui riferimenti ad altri poeti del Novecento. L’esperienza
si è allargata dalle scuole elementari alle medie, alle superiori, grazie all’incontro
con insegnanti sensibili e ragazzi disponibili alla poesia. Certamente
fondamentale è stata l’esperienza realizzata con Luca Brunoro nella scuola
media Malipiero patrocinata dalla biblioteca di Marcon: una combinazione di
musica e di mie poesie per condurre i ragazzi ad esprimere i loro sentimenti in
versi ritmati e con linguaggio poetico. Questo percorso è durato per lungo
tempo in varie classi della scuola secondaria con felici soluzioni. Altri,
svolti solo da me in scuole primarie, hanno avuto esito positivo con la
proposta degli haiku come mezzo per osservare la natura, sintetizzare le
proprie emozioni con un certo arricchimento lessicale. Tutto questo mi ha
stimolato a preparare il progetto da realizzare alla scuola primaria Don Bosco di
Torreglia, vista la sensibilità dell’assessore alla cultura Cristina Conardi e
della bibliotecaria Fiorella Lunardi, progetto che qui espongo con l’intenzione
di stimolare, come allora, i bambini ad esprimere tutto quel mondo di bellezza
di cui inconsapevolmente sono depositari, prestando una nuova attenzione alla
natura proprio come il viandante che annota quello che vede e lo rende
sinteticamente in tre versi con un linguaggio mirato.
Da
questa esperienza e da altre precedenti ho maturato nel tempo un percorso successivo
rivolto agli alunni di ogni tipologia scolastica e ai loro insegnanti con il
titolo “Nati per la bellezza”, realizzato in collaborazione con Katia Scabello,
esperta di letteratura per l’infanzia, e Cinzia Favaro, psicoterapeuta e
mediatrice familiare: una ricerca e scoperta della poesia-bellezza che abita in
ognuno di noi.
PRESENTAZIONE
DEL PROGETTO “SCOPRIAMO INSIEME LA POESIA BAMBINA” INVIATO AL COMUNE DI
TORREGLIA E RELAZIONE SUGLI ESITI DEL SUO SVOLGIMENTO
DESTINATARI
Il
progetto “Scopriamo insieme la poesia bambina” è rivolto ai bambini ancora
inesperti di poesia per avvicinarli alla magia della Parola capace di esprimere
colori, suoni, emozioni come un disegno o una musica.
Vuole
dimostrare loro che la poesia è un’esperienza semplice e accessibile a tutti:
nasce dall’osservazione, dall’ascolto della natura – momento di intensa
emozione personale traducibile in haiku cioè brevi pensieri – versi costruiti
insieme come un gioco.
È solo
l’inizio di un discorso che può gradualmente sensibilizzare l’anima alla
bellezza della poesia e allargarsi nel tempo alla composizione, ma anche alla
piacevole lettura dei versi dei poeti di ogni tempo.
TEMA
La
natura visitata dai bambini con soste in particolare tra gli alberi, osservati
nelle varie parti, alla scoperta della loro vitalità, generosità, mutazioni e
colori. E questo dall’osservatorio classe-casa che guarda sul giardino, sui
colli vicini, con pause sui sentimenti provati.
MODALITÀ DI ATTUAZIONE
Il progetto
consta di due incontri della durata di ore 1.30 ciascuno realizzati
singolarmente nelle classi prime e seconde della scuola primaria e comprende
una serie di mini laboratori ognuno dei quali si apre con una favola di cui è
protagonista l’albero umanizzato: questo permette al bambino di entrare
psicologicamente nel mondo vegetale e lo sollecita a scoprirne la vita,
suscitando in lui delle emozioni.
Si
procede poi alla raccolta in un recinto del lessico utile per le composizioni
(già concordato con le insegnanti) attraverso un gioco che coinvolge tutta la
classe, “Un bastimento carico di…” ripetuto ad ogni incontro, gioco che
ovviamente anima la classe, li coinvolge e li rende attivi ricollegandosi
sempre con la favola. Gioco annunciato già precedentemente. Si propone quindi
un primo haiku come modello da seguire e si invitano i bambini ad esprimere le
loro impressioni sul tema guidandoli nella composizione di brevi versi e poi di
un disegno.
A casa
potranno osservare gli alberi del loro giardino o dei colli ascoltandone le
voci e preparando anche oralmente dei pensieri, supportati sempre dai docenti.
Il
secondo incontro sarà impegnato nella costruzione insieme di altri semplici
haiku contando soprattutto sulla spontaneità e lo stupore elementi propulsori
della parola bambina.
Filastrocche,
nenie, cantilene tratte dalla memoria veneta potranno essere inserite come
conclusione del lavoro o in altra fase.
Il
progetto può essere realizzato solo con la stretta collaborazione delle
insegnanti per la conoscenza dell’argomento, la ricerca del linguaggio ed altri
particolari da definire insieme.
FINALITÀ:
-creare
nei bambini l’amore per la natura vissuto come un colloquio con la realtà che
li circonda, premessa al rispetto per l’ambiente;
-cogliere
la poesia che è in loro espressa in innocenza, stupore e spontaneità,
sviluppando anche la capacità fantastica e affinando la sensibilità;
-arricchire
il lessico;
-esercitarli
all’analisi e alla sintesi secondo le premesse poste;
-sollecitare
l’attenzione verso il suono e il ritmo: l tutto in modo naturale senza
forzature.
Auspicabile
alla fine una piccola raccolta degli haiku e dei disegni realizzati come
testimonianza dell’esperienza vissuta.
Come
già accennato precedentemente, l’uso dell’antico verso giapponese, poesia del
viandante, offre l’occasione di ascoltare nel cammino quotidiano la voce della
natura nelle sue mutazioni stagionali e di sentire le proprie emozioni.
Sollecita a rendere il tutto in tre brevi versi con linguaggio quindi
appropriato e mirato in un gioco anche costruito insieme ma che rispetta le
diverse individualità. Così la vita sopravvive soltanto facendosi opera d'arte
di se stessa e questo è il pregio proprio dell’haiku che rappresenta un po’ una
rivoluzione che va oltre le vecchie forme, i vecchi schemi.
La
proposta sarà adattata in maniera comprensibile agli alunni delle classi prima
e seconda e svolta in stretta collaborazione con i docenti come integrazione
del programma curriculare sia di lingua italiana che di altre discipline in due
incontri di ore 1.30 ciascuno. E tutto questo secondo i principi dello statuto
dell’Associazione Levi-Montalcini.
Si
chiede per il laboratorio un contributo da concordare e versare sul conto
corrente dell’Associazione.
L’ALIBICOCCO DELLA NONNA
Favola di Maria Luisa Daniele Toffanin
C’era una volta in un grande orto un
albero di albicocco ancora giovane che tremava, con i suoi rami nudi di foglie,
al vento freddo di novembre.
“Perché tremi così come se fossi triste?”
gli chiese un passero saltellante sull’erba. “È vero, sono triste – rispose
l’albicocco con voce di pianto – sono triste perché quest’orto è ormai
abbandonato, la casa è chiusa, la mia padrona, nonna di tanti nipoti, è volata
in cielo. E io non voglio rimanere nella malinconia di questo autunno qui solo
a piangere.”
E il passero affettuoso lo consolò:
“Non pensarci amico: la vita è così per gli uomini, gli alberi e per noi
uccelli. Dormi ora perché l’inverno è vicino, sogna le tue albicocche vellutate
e dolci che quest’estate ho mangiato anch’io. Dormi tranquillo che la fata
primavera ritornerà e con i suoi colori dipingerà la natura e tu sarai
bellissimo coperto di fiori e poi di foglie”.
“Ma tu caro passero – rispose
l’albicocco – fai presto a parlare perché voli da una parte all’altra in cerca di luoghi più felici. Ma a me mancano la carezza
della nonna e l’abbraccio dei nipoti al mio tronco.” E pensoso con le lacrime
agli occhi lentamente si addormentò.
Una mattina d’inverno Marco arrivò
nell’orto e, anche se era tanto freddo, scavò una buca intorno all’albero e lo
portò via addormentato avvolgendo bene le sue radici con un una vecchia tela.
Lo piantò nel suo giardino come ricordo della nonna. E ogni giorno andava a
parlargli e accarezzarlo perché temeva che con il freddo potesse morire.
L’albero invece continuava a dormire sognando farfalle sui rami, cieli azzurri
pieni di sole e succose albicocche gialle.
Ai primi tepori di febbraio illuminato
da qualche raggio di sole l’albicocco cominciò a liberarsi dal freddo battendo
i piedi nascosti dalla terra, muovendo le sue braccia ramose senza mani di
foglie non ancora spuntate. E lentamente aprì anche gli occhi guardandosi
intorno: “Dove sono? – si chiese – Questo non è il grande orto dove abitavo
prima con l’amico passero. È un giardino più piccolo e, mi sembra, allegro. Anch’io
mi sento diverso, come più vivo: la mia linfa scorre calda per il mio corpo!
Chissà che sia arrivata la primavera.”
Un pettirosso lì vicino lo sentì
parlare ad alta voce e subito gli disse: “Ciao amico, ben svegliato. Tu forse
non ti sei accorto, ma sei già pieno di piccolissime gemme che diventeranno
lentamente più grandi e si apriranno poi in tante corolle dai petali delicati.
Evviva la vita! Tutti ne saranno felici qui nella casa.”
L’albicocco non capiva più niente: era
contento e insieme sorpreso, ma voleva sapere dove si trovasse.
L’amico pettirosso che aveva compreso
tutto quello che gli passava per la mente, gli spiegò: “Sei nella casa di
Marco, il nipote di quella nonna che ti voleva bene. Ti ha piantato qui come un
ricordo della vecchia casa, e ti ha curato sempre con amore perché voleva che
tu vivessi.” L’albero sorrise con le sue gemme a quelle belle parole e ormai
completamente sveglio attese ogni giorno il nuovo sole per fiorire, muovendo
piano le braccia ramose come per salutarlo. Marco vedendolo colmo di gemme
rosate che presto sarebbero diventati fiori, poi piccoli frutti verdi maturati
dal sole estivo fra tante mani piccine di foglia, lo abbracciò commosso per il
miracolo avvenuto. E l’albero felice sentì la sua linfa muoversi dalle radici
al tronco ai rami. Lasciò che il giovane tagliasse quelli troppo alti e li
portasse in casa perché si aprissero subito al calore e dessero gioia alla
famiglia. A metà marzo era tutto una nuvola di petali delicati come la pelle di
un bambino, leggeri come il volo di una farfalla nel vento.
E con i pistilli bianchi sottili come
fili di seta sussurrò a Marco. “Grazie amico, ti donerò albicocche dolci e
morbide quest’estate e tanta ombra verde per riposarti dal sole.” Il giovane
abbracciò con affetto l’amico albero, sentendo di stringere al cuore anche la
sua nonna.
E così i due amici aspettarono insieme
l’estate con il dono dei bei frutti splendenti tra le foglie.
Aspettarono tante altre stagioni con il
pettirosso che partiva e ritornava e il passero invece che restava sempre lì
con loro. L’albero e il giovane divennero grandi insieme e vissero felici e
contenti anche perché nella casa, nel giardino si muoveva ora una bambina molto
piccola con le guance morbide come due albicocche.
ESECUZIONE DEL PROGETTO – CLASSE SECONDA
Approvato
dalla commissione il progetto sopra esposto, procedo per organizzare un incontro
con le insegnanti la cui collaborazione è essenziale per un buon esito del
lavoro. Ci conosciamo proprio nel giardino della scuola e ci accordiamo sulla
lettura della favola, a loro nota: protagonista ne è l’albero. Quindi propongo di
dare un grande spazio nei loro contatti con i bambini, a tutto il lessico ad
esso relativo: nomi, aggettivi, verbi aderenti alla vita dell’albero. Inoltre
le invito ad attirare la loro attenzione sul mondo vegetale da me umanizzato
nella favola, con l’intervento anche di animali parlanti. Questo per suscitare
sorpresa, stupore e accendere le emozioni dei piccoli che onestamente in
famiglia non sono sempre stimolati a tutto questo a causa di un insieme di
motivazioni facilmente reperibili nel ritmo d’oggi. Poste queste basi con le
insegnanti, mi sento rassicurata perché avremmo in questa maniera lavorato
all’unisono, come si è realizzato poi. Nei giorni fissati giungo in classe con
dei rami di albicocco, il famoso protagonista della favola, con i boccioli
ancora chiusi, e li pongo in un vaso per poter assistere in quei giorni al loro
aprirsi. Certamente questa attesa conquista l’attenzione dei bambini già
allertati dalle insegnanti. E ci prepariamo all’aprirsi della corolla,
immaginando i suoi colori, le forme dei petali, i pistilli, riflettiamo sui
loro sentimenti di fronte a questo miracolo, sentimenti che possono diventare
poesia che è emozione, stupore, nata da un bocciolo. Così in modo spontaneo si
scopre che cos’è una poesia: osservazione della natura, espressione dei propri
sentimenti che diventa parola quasi in un gioco divertente. Sottolineo quindi
l’importanza dell’attenzione al ramo, al bocciolo, all’ascolto di quello che
vuole dirci che diviene nostra emozione per questo dono della natura a
primavera.
L’occasione
ci è offerta proprio dal nostro ramo sulla cattedra ma anche dalla pianta che è
fuori nell’aiuola del giardino della scuola o di casa o dei colli. Essenziale
però è percepire i sentimenti suscitati da questo albero che può sognare come
noi, soffrire, sorridere. Ed ecco, per rendere più vere queste affermazioni,
leggo lentamente la favola che mi permette di parlare di me, di farmi conoscere
e di creare una certa confidenza con gli allievi. La lettura desta un vivo
ascolto nella classe e induce a dar vita al gioco per comporre poi gli haiku.
Un bambino più curioso degli altri esclama: «Che parola strana haiku».
Ed io
brevemente spiego che noi siamo sempre in viaggio e con gli occhi fotografiamo
tutte le cose che ci rimangono dentro. Così gli haiku sono mini liriche, cioè
piccole poesie, scritte in Giappone, nate dall’osservazione della natura,
composte da tre versi e che ora ricostruiremo come in un gioco.
Raccolgo
le parole, come annunciato nel progetto, lanciando un fazzoletto ad un bambino
e dicendo “È arrivato un bastimento carico di… R”, al che la risposta è ovvia: rami,
radici, raggi…; “carico di… S” (sentimenti) e la risposta è: sogno, sole,
sospiro… E così per tutte le lettere dell’alfabeto. Li sollecito intanto a
vedere il giardino della nonna d’autunno con gli occhi della fantasia e a
percepire la voce dell’albero umanizzato. Questo per suscitare in altro modo quella
poesia che è celata nella loro spontaneità, nella purezza dei loro cuori, in
modo da creare tra loro e la natura un contatto, per smuovere così le loro
emozioni e tradurle in versi proprio con quelle espressioni già raccolte,
assimilate dalla favola. E così guidandoli all’uso di parole brevi per
realizzare spontaneamente il classico haiku (due quinari e un settenario)
propongo: sospira l’albero / con le sue foglie al vento / triste l’autunno. E
qui i bambini stessi, come spinti da un nuovo entusiasmo, si aprono a gara a
verbi, aggettivi che indicano la vita, la gioia, la sofferenza vegetale. Sull’esempio
proposto nascono i loro primi versi collettivi:
Sorride
l’albero / con le guance rosate / è felicità.
L’albero
trema / con le radici e il tronco / la linfa è fredda.
L’albero
sogna / verdi tenere foglie / dono di vita.
La
classe partecipa tutta: si crea insieme. Ognuno potrà poi rendere in forma di
disegno l’emozione avvertita. Non mi soffermo sulla metrica, come già detto,
perché i bambini hanno dentro un loro canto, una musicalità ravvivata anche
dalle filastrocche a loro già note e che io riprendo. Non voglio inoltre
appesantire il divertimento, togliere il piacere ma rendere tutto naturale,
senza forzature. E così sarà una gara alla ricerca di parole e di nuove
scoperte.
A casa
li sollecito all’esplorazione del giardino, degli alberi della strada, di
Torreglia e dei Colli, fermandosi, ascoltando la loro voce e scrivendo dei
pensierini brevi sotto la guida dell’insegnante sempre presente al nostro
colloquio. Il progetto di tre ore in tutto con lo stesso metodo è sviluppato
nell’incontro successivo. Il lessico però è ora molto più ricco di colori, di
verbi, di immagini anche perché a casa qualche bambino ha osservato oltre: le
rondini sotto il portico, i pulcini, immagini legate alla primavera, ma anche
alla Pasqua vicina. Ed ecco che nell’incontro conclusivo è ormai una gara nel
creare recinti di parole nuove sempre più ampi, a proporre haiku articolati in
una ricchezza inaspettata di figure, colori e soprattutto con entusiasmo
reciproco di esprimere insieme le loro emozioni. Il recinto di parole si allarga
sempre più anche al tema pasquale vicino intrecciato con l’albicocco, gli ulivi.
Pasqua
festosa / vestita di rosa / Cristo è risorto.
Petali
lievi / parole in noi sincere / pace e perdono.
Il
momento si trasforma in una cascata di sempre nuove visioni e sentimenti creati
con quella libertà, conseguenza dell’impostazione del primo incontro, della
collaborazione delle insegnanti catturate dalle nuove esperienze, come ben afferma
Francesca Colombis:
“Noi
adulti dobbiamo avere” la curiosità per il conoscere e un’umiltà verso l’altro,
che può sempre, “darci qualcosa”, per poter passare il “testimone” ai
piccoli.
Ogni
tipo di esperienza, a qualsiasi genere essa appartenga, è CONOSCENZA. La
CONOSCENZA è un bagaglio culturale che ognuno di noi può avere, poi questo
BAGAGLIO potrà nel corso della vita essere aperto e da una di quelle “valigie”,
che ti porti dietro o dentro, si potrà tirare fuori quello che servirà nel
viaggio di vita; ma anche no, se si decide di non usarlo, però si sa che c’è.
Quindi
proporre ai bambini il tuo tipo di esperienza e conoscenza non può che essere
stato positivo, sarà LUI \LEI, bambino, ragazzo, adulto che, nel tempo, penserà
come usarlo.
Io ho
visto che quello che tu avevi presentato ai nostri piccoli, anche come gioco,
ha permesso loro, in quel caso, di stimolare la fantasia, con il racconto che
tu hai letto, giocare con le parole, conoscere un lessico che non viene usato
giornalmente e non sempre in modo corretto e consapevole ed inoltre portarli a
ricercare e tirare fuori una loro creatività.
Ultima
cosa: ogni esperienza, pur negativa, può essere bagaglio personale di
conoscenza, nel momento in cui la fai. Ma questo non è stato il nostro caso
(negatività), perché ci siamo anche divertiti e anche questo è importante.”
Basta
poco con i bambini in cui originariamente abitano stupore ed emozioni: basta
tirarle fuori perché diano voce al loro mondo immacolato.
REALIZZAZIONE DEL PROGETTO – CLASSE PRIMA
L’esperienza
in classe prima si rivela particolare come era già intuibile: i bambini, da
poco inseriti nel nuovo mondo scolastico, sono alla ricerca di una loro
dimensione, inoltre non sono autonomi ancora nella scrittura (siamo solo nel
mese di marzo) e sono quindi supportati dall’insegnante che scrive per loro alla
lavagna. È positiva però la freschezza del loro entusiasmo alla lettura della
favola a cui partecipano con tutto se stessi, tanto che racconto, anche per
coinvolgerli maggiormente, l’ambientazione spazio-temporale della favola. Così
vedono con gli occhi della loro fantasia proprio il luogo in cui è avvenuto
l’evento: l’orto della nonna, che era poi la mia mamma, d’autunno, d’inverno,
con il vento che muove le ultime foglie che cadono a terra per sempre, mentre
nascono nell’albicocco sogni di gemme. Evidenzio poi una fase successiva: il
giardino di Marco, mio figlio, d’inverno con il timore che l’albero lì
trasportato possa morire, poi con il primo sole di primavera, e le immagini
delle gemme che tentano di uscire dalla scorza come i bambini possono realmente
osservare dai rami da me portati in classe. Questo perché possano seguire
l’evoluzione della gemma che poi si apre, diventa corolla. Così i piccoli si
avvicinano di più a me, al mio vissuto, capiscono che la favola nasce da una
realtà. Vedendo poi il lento aprirsi delle gemme esprimono su mia
sollecitazione il loro pensiero, le loro impressioni, usando espressioni tratte
dalla stessa favola: le corolle sono delicate come la pelle di un bambino,
petali leggeri simili a farfalle che danzano al vento, annuncio
di possibili similitudini da usare poi. Ma quello che, come detto, colpisce è
questa loro capacità di assorbire gli eventi con entusiasmo generale sentendomi
anche più empatica con loro e di rivivere con i loro mimi l’albero nella sua
umanizzazione, nelle sue parole, nei suoi movimenti, perfino di rendere il
linguaggio degli uccelli da loro incamerato e ora tradotto in gesti quindi anche
in brevi osservazioni. Io accompagno intanto la loro animazione con la lettura
di vecchie filastrocche per creare un ritmo musicale che hanno già dentro ma
che così viene rievocato. L’haiku nascerà poi come esperienza conclusiva, per
il primo giorno, determinata da tutte le loro brevi osservazioni, dal gioco “È arrivato
un bastimento carico di…” che ci permette la raccolta in un recinto ancora
minimo di parole per rendere situazioni
già mimate. Questo per procedere secondo le tempistiche dei bambini perché
tutto venga assimilato e reso in modo spontaneo. Riportiamo alcuni esempi di
questi primi haiku:
Tremava
l’albero / con i rami spogli / è inverno.
Si
spoglia l’albero / sogna un’altra primavera / ricca di gioia.
Sogna
l’albero / con tutti i suoi rami / è primavera.
È già
molto e l’esame dell’albero verrà ampliato, approfondito grazie alla
collaborazione dell’insegnante che li preparerà all’incontro conclusivo con
l’osservazione di altri alberi di casa, dei colli, della natura stessa, con
riflessioni sui loro sentimenti di fronte al mondo vegetale. Così fa il
viandante giapponese che viaggiando – la vita è un viaggio continuo – osserva,
guarda, fotografa, esprime sintetizzando in tre brevi versi il tutto come in un
flash lirico, poetico. L’incontro successivo, grazie al lavoro sopracitato
delle insegnanti, si allarga a un recinto di parole più completo che comprende
anche altri verbi, aggettivi, sostantivi che esprimono le loro emozioni (gioia,
felicità, sorpresa, tristezza, …) come risulta da altri esempi riportati che
evidenziano il processo evolutivo nell’analisi dell’albero ma anche nell’esame delle
proprie emozioni. Il lessico è quindi più ricco come qui risulta:
Sognava
l’albero / petali di fiori rosa / aspetta il sole.
Si
sveglia l’albero / felici sono le sue gemme / dona gioia.
Sorridono
i bimbi / appoggiati al tronco / è primavera.
Parla
l’albero / ai bambini seduti / sulle sue radici.
Dimostrazione
di una viva partecipazione dei bambini alla favola, di una loro sollecitazione
emotiva espressa talvolta anche con i disegni, che evidenzia negli haiku la
libertà espressiva motivo fondante di questa esperienza. Li si è lasciati
liberi, pur guidati, nella conquista di questi componimenti che poi sono
diventati una gara nella ricerca di immagini, parole, emozioni…
Tutto
questo in ogni caso è stato positivo perché ha sviluppato la loro attenzione
alle cose, l’osservazione del mondo della natura, lo sviluppo della fantasia.
Inoltre li ha guidati alla ricerca di parole appropriate assimilate durante la
lettura della favola che, al dire delle insegnanti, ha continuato a vivere in
classe anche durante l’anno scolastico. Testimonianze di questo breve percorso
rimangono i libretti “Scopriamo insieme la poesia bambina”, editi dalla
biblioteca, con le immagini delle corolle aperte sui cui petali sono scritti
gli haiku, parte dell’albero cartaceo appeso in classe, creazione di Francesca Colombis
e le sue colleghe, con i rami nudi su cui spuntano, appunto, tali corolle. Per
dire anche l’entusiastica sinergia creatasi tra noi.
Gioisce
l’albero / dona i suoi fiori a tutti / è primavera.
Petali
leggeri rosa / fiori nuvoletta delicata / sole giallo.
Sorride
il vento / leggero trasporta i petali / in una dolce danza.
Esperienza
quindi decisamente positiva anche secondo le insegnanti Ornella Dainese e
Nicoletta Fracasso che così ricordano:
“Ricordiamo
con molto piacere l'esperienza vissuta qualche anno fa, nel corso della quale
la prof.ssa Toffanin, con delicatezza e sensibilità, ha proposto agli alunni
delle nostre classi (primo ciclo) un'attività che mirava a sviluppare nei
bambini confidenza con il linguaggio poetico degli Haiku.
La
professoressa è stata veramente coinvolgente e capace di suscitare nei bambini
un ascolto profondo della loro sensibilità non ancora mascherata da corazze
culturali.
È
stata bravissima nell'accompagnare a tradurre in parole e poesie i loro
pensieri.”
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La
realizzazione del progetto ha suscitato l’entusiasmo anche dell’assessore alla cultura
Cristina Conardi del Comune di Torreglia, della dirigente della biblioteca
Fiorella Lunardi che si sono impegnate a documentare tutto il lavoro costruito
insieme con due libretti ricordo, distinti per la classe prima e la classe
seconda, contenenti la favola, gli haiku dei bambini, i loro disegni. Primeggia
nella copertina l’immagine dell’albicocco della nonna in fiore, all’interno
delle corolle apertesi in classe e dei fiori cartacei, di quel famoso tronco,
con i petali aperti come pagine per gli haiku scritti di propria mano dai
bambini di prima. Gli album, belli anche come oggetti, sono stati consegnati con
mia grande soddisfazione a tutti gli alunni delle classi coinvolte durante la
festa della biblioteca organizzata dal Comune a cui erano presenti le
insegnanti, la promotrice del progetto, tutti i genitori, l’assessore e la
dirigente della biblioteca. Il pomeriggio è stato animato in vari modi da una
Cooperativa ludica. Le due referenti, l’assessore e la bibliotecaria, hanno
preso la parola dichiarandosi orgogliose di aver voluto e sostenuto il
progetto, esprimendo apprezzamenti al lavoro che aveva evidenziato la ricchezza
creativa celata nei bambini e l’ottima sinergia costruttiva fra le varie
protagoniste. A mia volta ho sottolineato ai genitori e ai bambini anche il
valore della poesia come educazione al bello. Ora questo momento conclusivo con
il dono perfino degli album ricordo spiega la prefazione iniziale un po’
personale e ampia: in realtà vuole dimostrare che la passione per la poesia
nutrita in vari modi e tempi, può catturare l’attenzione sia degli adulti sia
dei bambini creando magie: atmosfere di condivisione, coinvolgimenti, empatia
in cui si impara a riascoltare la natura, i propri sentimenti rendendoli in
modo nuovo, tre brevi versi, divertendosi tutti insieme come ha ben
sottolineato Francesca Colombis. Ecco che può essere interessante raccontare
questa felice esperienza scolastica anche ad altri insegnanti: ognuno potrà
adattarla alle proprie esigenze per approcciare i più piccoli alla poesia.
Non
c’è una scheda-guida da seguire: il progetto è già un modello costruito dal
pensiero con un suo percorso, che però è stato plasmato in modo diverso dagli
scolari stessi di prima e di seconda con le loro diverse reazioni e conseguenti
atmosfere createsi. Quindi si è reso nel suo cammino duttile e malleabile ben
adeguandosi alle due realtà scolastiche anche perché la mia anima conduttrice
lo ha allargato, ristretto, modellato sulla sensibilità dei bambini che, nella
libertà del gioco guidato, hanno saputo esprimere tutto se stessi. Bella
esperienza da ripetere grazie alla disponibile intelligenza e cuore dei
docenti.
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