Benedetto
Maggio. Relicta. Macabor Editore.
2019
Una
silloge complessa e articolata che con versi reificanti passioni, amore,
memoriale, rimpianti, nostalgie affronta il quanto mai difficile e tormentato
dilemma dell’esistere. E lo fa con una scansione di armonica andatura dove
l’endecasillabo utilizza vari accessori metrici, brevi o più ampi, per mettere
in luce impennate liriche di ontologica valenza; o lo fa con una successione di
endecasillabi e settenari che tanto richiamano lo stile leopardiano: “... E
la lama che incide ancora il giorno/
baciandomi la fronte/ sia più tagliente, sempre più affilata/ fino al nuovo
solstizio...”. L’armonia contorna con la
sua portata sinfonica il procedere del “poema”. Tutto è vòlto a concretizzare
le emozioni; a dare un senso al fatto di esistere.
Dal
Gioco delle voci:
Il
gioco delle voci
si
è già spento
e
un ritornello d’ombre segna il tempo
giù nel cortile
sempre
più vasto, sempre più profondo
dirama
dagli asfalti sopra i muri
invade
i prati, spegne i fili d’erba e...
Al
Quel flusso di fotoni
:
Un’elica
di riccio delicata
t’allunga
le sue spire
fino
al labbro...
Dal
Nei miei occhi
E
se un fischio erompeva o una risata
crepitava
lontano,
era
il frangersi fresco di quell’onda
sull’umana
battigia.
A
Com’è fresco ancora
Il
mio nome
sulle
tue labbra
nel
filo del tuo inchiostro...
Un
diagramma musicale fatto di crescite e decrescite, di alternanze metriche per
seguire le emozioni impellenti del dettato lirico. Ma dice, anche, della
brevità della vita, della sua fugacità, del suo incessante procedere: verso
dove? Da qui i dilemmi del vivere e morire, di tutte le questioni che rendono
problematica la nostra vicenda. Sì, c’è
l’amore, quei delicati tratti erotici, che invitano a vivere e a carpire
l’attimo fuggente. Un realismo lirico di grande intrusione epigrammatica; il
poeta vive una storia, tante storie e le accatasta nell’animo; poi, dopo una
lunga macerazione, ridà loro vita intingendole di saudade, di abbrivi attivi e
partecipativi. E’ così che nasce la poesia: è presenza non assenza; essa chiede
animo, passione, brandelli di vita, ricordi, inquietudini, per farsi
esteticamente pura, onesta, emotivamente viva e vivace. Non è certamente la
poesia fatta di assenze, impersonale, di positura prosastica, di
spersonalizzazione quella di Maggio. Egli riempie di suoni, emozioni,
stratagemmi stilistici il suo percorso poematico a ché si identifichi e
corrisponda ecfrasticamente ai suoi slanci emotivi. Come non è cosa rara
incontrare nei suoi versi sinestetici allunghi o giochi di visiva metaforicità. Tutto per dare
qualcosa di più, per allungare il tiro verso il vero, per estendere la valenza
del verbo sino all’inverosimile, dato che lo stesso verso non si accontenta della
canonica voce grammaticale; richiede un’architettura di esperita valenza e di
una brama espressiva che il poeta sente urgente dentro sé. Dato che la vita è
tutta nel protendersi verso l’irraggiungibile, verso un’isola che nemmeno si
vede all’orizzonte, ma che ci chiama, ci attira, per scoprire le nostre
debolezze umane:
“Istanti/eventi
che ci destano/la coscienza di esistere./E mentendo aneliamo/ a mondi senza
croci/ o sofferenza.”, e navigare, andare, viaggiare è il succo del canto; non
di certo fermarsi ad attendere di raggiungerla l’ispirazione, dato che è essa
che ci avvolge nella sua rete, quando vuole: “Non cercare mai la poesia/ perché
Lei non lo vuole./Non ama i cercatori, non ama i seduttori/ fugge da spasimanti
egoisti che l’incalzano...”. Insomma una plaquette che dalla metapoesia passa agilmente a tutte quelle che sono le
questioni dell’uomo vivente; di colui che gioisce o soffre del fatto di
esistere e prova per dirla con Hugo “la gioia di essere triste”. Anche se: “Un
comune irripetibile vestito/ di distratta mutevole bellezza/ci fu dato
dall’anima;/sopra la pelle nuda l’indossiamo/e solo stanchi lo dismettiamo/a
sera. Poi ci copre un pigiama felpato/trapunto di stelle”.
Ringrazio il Prof. Nazario per la sua bellissima presentazione, che coglie mirabilmente come al rallentatore aspetti anche istantanei o annidati, talvolta inconsapevoli; interpreta dilata estende e amplifica il senso e il suono dei miei versi. Sparsi in citazione nella sua trama espositiva, mi sembrano molto più belli, significativi e pregnanti di quanto io stesso non li riconoscessi nel testo originario. Grazie ancora. Benedetto
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