GLI ALTRI SIAMO NOI STESSI
Strani giorni di marzo
Tra nuvole protese al cielo
vuoto
E gl’ inquieti timori che
attraversano
Le vie semideserte.
Alberi stanchi sospesi
Sui neri rifugi dei tetti
Nell’irreale attesa di un’apocalisse
annunciata -
Incommensurabili pause
Tra un silenzio e un motore
Gelo nei piedi e sonno
E tanta voglia di rimanere
avvolti
Inutilmente nelle coperte fredde
Vago il ricordo di una notte
insonne
Di amore e non amore
(Eppure bello non essere più soli)
Chiuse le porte dei musei
Non dei supermercati
E sembra assurdo solamente a
pochi
Ironia della sorte ogni
prevenzione
Se non il bunker antiatomico -
Tanto la peste avanza
indisturbata
Ed altro non sappiamo come
sempre
Se non quel che raccontano
Cassandre improvvisate sugli
schermi
Di tante cose dette o non
dette.
Vera però la consapevolezza:
Ciò che era così lontano – nel
tempo o nello spazio –
Ora si fa irrimediabilmente vicino.
Forse non è la morte
Se non quella del pensiero
E la certezza
Che gli altri siamo noi
stessi?
Giusy mia, nella chiusa di questa meravigliosa lirica si concentra tutto il dolore per la storia che stiamo vivendo e che alimenta le distanze. "La peste", come la chiami tu, è arrivata al momento giusto. La xenofobia cresce di giorno in giorno; non dovremmo toccarci, in molti paesi vanno avanti chiusi nelle case o negli ospedali e si evitano gli incontri in luoghi affollati.
RispondiEliminaLe "Cassandre sugli schermi" gettano alcool sulla psicosi e, di fatto, la paura regna sovrana. Ha il suo castello, sembra "La morte Rossa" di Edgar Allan Poe, che attende inesorabile e non fa sconti. Sarà davvero un incubo questo male che non si conosce bene, ma sembra molto simile alle gravi epidemie influenzali? Ah, Amica mia, con i tuoi versi affranti sei l'eco di tutte le domande, sei la consapevolezza e la triste presa di coscienza che, comunque, la vicenda va avanti così...; sei l'amore che bussa alle nostre anime e rivendica i suoi diritti:
"Forse non è la morte
Ma quale vita resta – se mai vita era questa"
"Se mai vita era questa": di quanta luce, calore, dolcezza, armonia sei affamata? Tu che simbolizzi la poesia e sei fiore nel deserto?
Mi hai trascinata altrove, amica mia... Con una lirica che scava nel qui e ora. Solo tu puoi riuscirci. Ti stringo forte!
Maria Rizzi
Ora che "la peste avanza indisturbata", le ragioni del vivere insieme naufragano miseramente. In realtà erano già naufragate, da tempi immemorabili, visto che noi vivevamo insieme mossi soltanto dalla voglia di molestarci reciprocamente. E ciò perché eravamo sostanzialmente in rotta di collisione con noi stessi. Scrive Giusy magistralmente: "Ma quale vita resta - se mai vita era questa - Se non quella del pensiero / E la certezza / che gli altri siamo noi stessi?". La prima comunità dell'uomo, la sua prima famiglia, è se stesso.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Grazie Maria e Franco, angeli custodi,con Nazario,della nostra ricerca in versi, su quest'isola dell'anima dove si rifugiano solo pensieri incontaminati.Spero che un giorno potremo riabbracciarci anche sulla terraferma.Giusy
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