ho letto
questa tua poesia LA SORPRESA DI NATALE sentendo nel cuore che si stringeva
tutta la tua distanza dalle sillogi prime in cui cantavi con forza, entusiasmo
la poesia, le ninfe, l’amore, la Lèucade sognata…
Poi l’ho
riletta… ed ho pianto. Su me stessa. Racconti anche la mia storia: le stanze
fredde, la scaletta mezzo diroccata, la povertà nascosta, la madre sfinita.. e
anch’io nuda e solitaria. E non ho provato neppure consolazione: mio padre,
anche lui sfinito, non m’aspettava.. a gustare un panino come fosse la sorpresa
di Natale. Ed io non riuscivo nella mia adolescenza povera di prospettive a
vedere il doppio confortevole della stanza fredda in cui si specchiava il cielo
sereno né la finestra che si apriva ad orizzonti larghi e vasti di speranze.
Anch’io
posso dire “Che cosa ho fatto mai della mia giovinezza? Quale certezza ho mai
conquistato? Quale realizzazione?”
Piango
nello scrivere con abbandono e confidenza, e vorrei chiedere scusa alla vita
per tutto quello che non ho saputo vedere, capire, amare.
Grazie anche per queste lacrime.
Maria Grazia
Maria Grazia
Quale sfogo sincero e appassionato, Maria Grazia mia! Il territorio della memoria ci rende tutti vulnerabili ed esposti alla commozione. Tu, stando al passo dei versi della lirica del nostro Nazario, racconti la tua infanzia, la tua adolescenza, le storie negate, il timore di non avere prospettive. E ti lasci andare con una tenerezza che tocca le corde del cuore. Siamo tutti figli dei ricordi, il futuro è speculazione, ma ciò che è stato resta, anche se non ha colori di festa. Il tuo 'panino' Maria Grazia, l'hai mangiato tante e tante volte, la vita lo sa, ti ha vista crescere e diventare la meravigliosa donna che sei. Io ti tengo stretta.
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